Vincevamo negli sport di combattimento, nel ciclismo, nei tiri, discipline che si spartivano tradizionalmente sempre gli stessi (pochi) paesi. Oggi nella boxe e nel judo soffriamo: la concorrenza si è allargata. Andiamo a raccogliere medaglie pesanti in sport come nuoto e atletica, e nel tennis globale siamo una potenza. Dove eravamo re siamo rimasti indietro, dove non eravamo nessuno, siamo cresciuti
Smettiamo per un momento di lamentarci e proviamo a chiederci quali sono le qualità che - grosso modo - ci riconosciamo in quanto italiani. Su qualcosa potremmo metterci d’accordo (ecco, la capacità di metterci d’accordo non è propriamente una nostra specialità): estro, fantasia, un certo genio creativo, capacità di improvvisazione. Qualità importanti, utili, ma che per lo più riceviamo in dote.
Qualità che non richiedono necessariamente studio, approfondimento, disciplina, sacrificio. Siamo sinceri, è così che ci pensiamo: simpatici cialtroni che in qualche modo se la cavano sempre, soprattutto quando si mette male, e che spesso riescono anche a rubare l’applauso. Siamo quelli dell’ultimo tiro, della capriola che rovescia la storia, quelli che mentre stanno affondando toccano terra, e sbarcano su un’isola piena di meraviglie.
Come si cambia
Poi arrivano i Giochi Olimpici e improvvisamente scopriamo di essere diversi da così: l’Italia migliore è giovane, coraggiosa, testarda, resistente. Sopporta il dolore, convive con la fatica, esce presto di casa, baratta la libertà dell’adolescenza con la prigionia di uno sport ad altissimo livello, investe nello studio e non ha paura di rischiare.
Nel mondo del lavoro non esistono Olimpiadi né medaglie: infatti tra il 2011 e il 2021 sono stati quasi 1,3 milioni gli italiani tra i 20 e i 34 anni che sono emigrati in altri paesi europei. In Italia al contrario gli stranieri non vengono: colpa dell’atteggiamento che ha questo paese verso i giovani e verso il lavoro. All’estero ai giovani si permette di essere presto autonomi sul piano decisionale, e se meritano ottengono soldi e promozioni, a prescindere dall’età e dal titolo di studio. In Italia i giovani vengono sfruttati, quelli premiati sono sempre i vecchi. Come possiamo pretendere di attrarre qualcuno?
Rimane soltanto lo sport, l’unico recinto in cui possiamo sfoggiare la giovane età e i nostri talenti mettendoli in mostra sotto una maglietta azzurra (o un costume, o un body, o una tuta). E nello sport i giovani italiani sono coraggiosi e resistenti come nella vita: vanno a cercare le possibilità dove esistono, e impiegano tutto il loro tempo e i loro sogni in quest’impresa. Per quelli che sono venuti su praticando lo sport di famiglia (come Filippo Macchi, figlio e nipote di schermidori, o Andrea Panizza, che viene da una famiglia di canottieri come lui), ce ne sono mille altri che hanno osato il nuovo (Filippo Ganna è figlio di un canoista che ha partecipato ai Giochi di Los Angeles) e che non hanno avuto paura di uscire dalle discipline della tradizione.
La metamorfosi
Vincevamo negli sport di combattimento, nel ciclismo, nei tiri, discipline che si spartivano tradizionalmente sempre gli stessi (pochi) paesi. Oggi nella boxe, nel judo, nella scherma e nel ciclismo soffriamo: la concorrenza si è allargata. Delle 44 medaglie che Sports Illustrated ci aveva pronosticato, 12 sono già saltate, e 5 erano d’oro: Irma Testa nella boxe, Davide Di Veroli nella spada individuale, Tommaso Marini e Alice Volpi nel fioretto individuale, Danilo Sollazzo nella carabina da 10 metri. Svaniti anche l’argento di Aziz Abbes Mouhiidine e il bronzo di Giordana Sorrentino nella boxe, l’argento di Alberta Santuccio nella spada e quello di Arianna Errigo nel fioretto, l’argento di Jannik Sinner nel tennis, il bronzo di Manuel Lombardo e l’argento di Assunta Scutto nel judo, il bronzo di Jasmine Paolini nel tennis.
Soltanto l’argento di Filippo Ganna a cronometro e il bronzo della staffetta 4x100 stile nel nuoto hanno rispettato le previsioni della rivista americana, mentre sono andati addirittura meglio le ragazze della spada e Thomas Ceccon nei 100 dorso: erano due argenti, sono diventati due ori.
Le medaglie che pesano
Andiamo a raccogliere medaglie pesanti in sport come nuoto e atletica, e nel tennis globale siamo una potenza. Dove eravamo re siamo rimasti indietro, a guardarci in uno specchio che si stava appannando, mentre altri continenti (l’Asia soprattutto) si facevano avanti. Dove non eravamo nessuno, invece, siamo venuti fuori a dispetto di un’impiantistica elementare e di una scuola che nella gran parte dei casi penalizza chi fa sport ad alto livello: abbiamo rincorso, studiato, e ora siamo capaci di battere i modelli. Nel 2023, a Maribor, l’Italia ha stravinto il medagliere degli EYOF, i Giochi olimpici giovanili europei: 16 ori, 18 argenti e 12 bronzi. Soprattutto grazie a nuoto, atletica, ginnastica. Medaglie che pesano più di altre, anche se non è elegante dirlo.
Quanto a quelle che sono la spia di un movimento, quelle negli sport di squadra, nell’Olimpiade record di Tokyo (40 medaglie), nessuna squadra azzurra arrivò in semifinale: mai così male dal 1932. Per rimediare potremmo stupire (non a Parigi, ma in futuro) con gli sport in cui non abbiamo mai vinto: triathlon, bmx, break dance, pallamano, trampolino elastico, rugby a 7, hockey su prato, badminton, skateboard. Il mondo è grande, basta andarselo a prendere.
© Riproduzione riservata