Il numero due della spa Paolino Iorio ha ammesso di aver intascato circa 100 mila in nero dall’imprenditore Massimo Rossi. Entrambi sono ai domiciliari, indagati per corruzione e arrestati in flagranza
È già a un punto di svolta l’indagine della procura di Roma sul un articolato sistema corruttivo scoperto negli appalti del ministero dell’Interno, della Difesa e della Sogei, società interamente posseduta dal ministero dell’Economia. Il numero due della spa, Paolino Iorio, ha risposto alle domande dei pubblici ministeri ammettendo di aver intascato circa 100 mila in nero dall’imprenditore Massimo Rossi. Entrambi sono ai domiciliari indagati per un presunto scambio corruttivo, sono stati arrestati in flagranza di reato dagli uomini della guardia di Finanza che hanno trovato Iorio con 15 mila euro all’uscita dell’abitazione di Rossi, titolare dell’azienda Italware.
Il manager prendeva i soldi in cambio di contratti stipulati con Sogei attraverso i quali la spa pubblica si impegnava ad acquistare prodotti e servizi del valore di cento milioni di euro dall’impresa dell’imprenditore. Gli incontri avvenivano due volte al mese «principalmente presso l’abitazione di Rossi, laddove Iorio sembrava ritirare delle somme di denaro nell’ordine di decine di migliaia di euro, come risulterebbe anche da alcuni soliloqui effettuati da lorio all’interno della propria vettura e monitorati in sede di intercettazione ambientale».
Le cessioni di denaro sarebbero iniziate nel febbraio 2023. Contestazioni quelle della procura che hanno trovato una prima ammissione nel racconto dell’indagato mentre l’imprenditore ha preferito fare scena muta. I pm hanno chiesto al giudice per le indagini preliminari l’emissione di una misura cautelare e l’udienza dovrebbe svolgersi giovedì 17.
La collaborazione di Iorio potrebbe alleggerire la sua posizione in vista della decisione del giudice al contrario di quella di Rossi che ha preferito non rispondere alla pubblica accusa. Per comunicare il direttore generale di Sogei utilizzava un cellulare ad hoc che Rossi gli aveva fornito.
Cr7
Non è un dettaglio trascurabile, ma racconta di un vero e proprio sistema. Come accade anche in altri traffici i cellulari utilizzati dagli indagati non erano intestati agli utilizzatori e i soggetti coinvolti venivano identificati con nomignoli. È un dato che si può ipotizzare partendo dalla lettura del decreto di perquisizione, i magistrati indicano ai militari, dopo il sequestro dei telefonini, alcune parole chiave da ricercare nelle chat e nei dispositivi. Sono parole utilizzate nelle conversazioni intercettate dagli inquirenti che per mesi hanno captato i colloqui degli indagati. Spuntano nomignoli di ogni genere: «Cr7, As Roma, Ragazzino, Napoli, Marinaio, Parente», oltre ai nomi di battesimo dei coinvolti.
Prima degli incontri con Iorio, c’era una fase preparatoria nella quale Rossi riceveva «denaro contante con modalità sospette e attraverso consegna diretta e non tracciabile», si legge nel decreto. Tra i diciotto indagati ci sono anche titolari di imprese che lavorano per giustificare il nero emettendo fatture false per operazioni inesistenti. Tra i coinvolti anche l’uomo di Elon Musk in Italia, Andrea Stroppa, ex hacker che in passato ha avuto ottimi rapporti (anche professionali) con Marco Carrai, fedelissimo di Matteo Renzi ai tempi di Palazzo Chigi. Stroppa è collegato a un altro protagonista di questo sistema, l’ufficiale della Marina, Angelo Antonio Masala. Quest’ultimo e Stroppa sono indagati in concorso per corruzione in merito ad un episodio specifico.
A fine agosto l’ufficiale partecipa a un incontro al ministero degli Esteri nel quale si discuteva la possibilità di utilizzare le tecnologie satellitari dell’azienda americana Spacex di Musk. Masala avrebbe trasmesso informazioni riservate a Stroppa che, in cambio dell’agevolazione dell’azienda del magnate americano, avrebbe concesso un contratto di fornitura a Olidata spa.
Che cosa ci guadagnava Masala? La moglie, Valentina Patrignani, possiede dal 2022 azioni pari a oltre tre milioni di euro in Olidata. Titoli che si sommano a un patrimonio immobiliare considerevole attribuito all’ufficiale che appare incompatibile con il suo stipendio mensile. Un altro capitolo di un’indagine solo alle prime battute.
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