L’inchiesta della procura di Milano e dei carabinieri fa tremare imprenditori, manager, aziende e banchieri. Indagati Del Vecchio jr e il presidente della Fiera di Milano Pazzali, la cui società è al centro dello scandalo. Il manager indagato secondo i pm usava dati rubati «nei suoi rapporti con Santanchè»
Ricattare, estorcere, danneggiare l’immagine degli avversari politici. All’ombra del Duomo di Milano un gruppo di hacker, consulenti informatici e appartenenti alle forze dell’ordine avrebbe interrogato le banche strategiche nazionali per carpire informazioni sensibili su centinaia di persone.
L’organizzazione avrebbe agito anche per mezzo di Equalize, la società al centro del fascicolo della Dda meneghina e della Procura nazionale antimafia, controllata al 95 per cento dal presidente della Fondazione Fiera Milano, Enrico Pazzali.
Legato a Ignazio La Russa e ad ambienti di centrodestra, Pazzali, nell’inchiesta sui presunti dossieraggi che venerdì pomeriggio (a mercati chiusi) ha disposto sei misure cautelari, è indagato insieme ad altre 59 persone che rispondono, a vario titolo, di concorso negli accessi abusivi, intercettazioni illegali, corruzione, associazione per delinquere e violazione di segreto.
«Rapporti con Santanché»
Molti dei «dati illecitamente acquisiti», scrivono gli inquirenti, servivano per «danneggiare i competitors» di Pazzali, nel 2021 insignito dell’Ambrogino d’Oro. Tra le pagine dell’ordinanza firmata dal gip Fabrizio Filice c’è un passaggio in cui il nome del manager compare insieme a quello della ministra del Turismo, Daniela Santanchè. In base a quanto si legge, Pazzali, in possesso di una serie di informazioni, ne «faceva ulteriore uso nei suoi rapporti» con la ministra.
Le informazioni in questione riguardavano giornalisti e imprenditori, compresi i vertici di Cassa depositi e prestiti. O meglio ciò che quei giornalisti e quegli imprenditori pensavano di “Pazzali”, “Eur”, “Fiera”, “Fontana” e “Bonomi”, cioè Carlo Bonomi, che all’epoca dei fatti era candidato alla poltrona di presidente di Confindustria.
Tutte parole chiave, queste ultime, ricercate da chi s’era «abusivamente introdotto nei sistemi informativi e telematici» altrui. Ma perché Pazzali avrebbe condiviso i “risultati” delle ricerche con la ministra? Domani lo ha chiesto alla diretta interessata. «Pazzali - ha dichiarato Santanchè - non mi ha mai messa a conoscenza di informazioni riservate. Lo escludo categoricamente».
Anche la ministra come Pazzali è legatissima a La Russa. È del resto grazie all’appoggio dello stesso presidente del Senato che la carriera di Pazzali decolla. Nel 2009 il manager viene promosso a ad di Fiera di Milano spa, con il futuro governatore Fontana sulla poltrona di vicepresidente insieme alla berlusconiana Licia Ronzulli. Ma non importa che Pazzali nel 2015 lasci un’azienda coi bilanci in rosso.
Nonostante questo, infatti - dopo un periodo a Roma, chiamato dal governo di Matteo Renzi come amministratore di Eur spa -, torna a Milano e sale al piano superiore: dalla società quotata in Borsa passa alla Fondazione che la controlla.
«Pazzali si occupava del procacciamento d’importanti clienti per la società Equalize srl, strumento operativo del sodalizio. (…) Lo stesso Pazzali, per finalità personali o di altri, acquisiva illecitamente, per il tramite di altri componenti del sodalizio informazioni SDI», si legge ancora nell’ordinanza eseguita dal nucleo investigativo dei carabinieri di Varese.
Ma se il manager è socio di maggioranza della Equalize, sequestrata nell’ambito dell’inchiesta, il 5 per cento delle quote ce l’ha Carmine Gallo, per cui sono scattati i domiciliari. Di chi si tratta?
Il super poliziotto
Basta andare indietro nel tempo, al 1997. Quando allora Patrizia Reggiani, meglio conosciuta come Lady Gucci, varca le porte del carcere per l’omicidio dell’ex marito Maurizio, è scortata proprio da Carmine Gallo. E cioè dall’ispettore capo di polizia che contribuisce a risolvere il caso sul delitto del presidente della celebre maison di moda.
«Non so ancora chi mi interpreterà», dice Gallo al Guardian che due anni fa lo intervista in occasione dell’uscita del film di Ridley Scott sulla famiglia di imprenditori milanesi. «Spero Al Pacino», continua l’ispettore originario di Gragnano. Ma di Serpico, oggi, c’è solo la banca dati che il “super poliziotto” avrebbe violato oltre a quella, tra le altre, del sistema valutario legato alle Sos di Bankitalia. Migliaia le informazioni prelevate dalle piattaforme.
Gli investigatori lo definiscono «braccio operativo» di Pazzali. E le intercettazioni all’interno dell’ordinanza lo testimoniano. «Report gratis non ne escono più a nessuno…», dice un “affiliato” all’organizzazione di presunte spie. E Gallo risponde: «”Neanche per il Presidente…”».
«Subito dopo Gallo - si legge ancora nelle carte giudiziarie - commenta la quantità di report che ha dovuto realizzare per soddisfare le esigenze personali di Pazzali».
«Se ti faccio vedere i report di Enrico… 200... ne ho fatti a migliaia ho fatto di report a Enrico…», dirà sempre Gallo rimarcando l’importanza del proprio «archivio personale».
L’ispettore - un curriculum che va dalla liberazione di Cesare Casella fino all’arresto del serial killer Profeta, ma anche qualche “macchia” a livello giudiziario che lo porta a lasciare la polizia - mostrerà a un certo punto anche preoccupazione perché consapevole «dell’attività illegale».
Parenti serpenti
Tra gli indagati figurano inoltre Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del patron di Luxottica, e il finanziere Matteo Arpe, tornato da poco banchiere a tutti gli effetti, dopo la sentenza del Tribunale di Milano che ha decretato la sua riabilitazione con il riacquisto dei requisiti di onorabilità, persi anni fa dopo la condanna per il caso Ciappazzi-Parmalat.
In particolare Del Vecchio jr avrebbe commissionato alla “banda degli spioni” un incarico «avente a oggetto l’installazione e attivazione di un captatore informatico nel telefonino di Jessica Ann Serfaty», modella e all’epoca sua fidanzata. Tra gli spiati del rampollo anche i fratelli, Claudio e Clemente, e le sorelle, Paola e Marisa. Finanche la mamma, Nicoletta Zampillo, vedova di Del Vecchio.
E c’è una vicenda che non passa inosservata. Ecco cosa avrebbe fatto uno degli indagati per «offuscare l’immagine» del fratello dii Leonardo, «Claudio Del Vecchio». «Al fine di creare artificiosamente informazioni - si legge nell’ordinanza - formava falsamente un atto informatico pubblico, e segnatamente un rapporto apparentemente redatto dalla polizia di New York, nel quale, contrariamente al vero, con l’utilizzo di una modulistica che faceva presuppore l’avvenuta esfiltrazione del documento dalla banca dati ufficiale di quella forza di polizia, si dava atto di un controllo eseguito in quella città nei confronti di Claudio nel mentre si trovava in compagnia di un “travestito”, di nome Ralph A Thompson, registrato sul National Sex Offender Public Website del Dipartimento di Giustizia Americano per crimini sessuali e inserito sul predetto sito proprio dalla polizia di New York». Tutto avviene nel 2023, in piena guerra per l’eredità.
E a prescindere da Del Vecchio, nelle liste degli spiati risulta anche Paolo Scaroni, dal 2023 presidente del Cda di Enel. Richiesta, quest’ultima, fatta da Pazzali. E richieste alla Equalize sarebbero arrivate anche da multinazionali come Barilla, Erg e Heineken. Alcune aziende usavano infatti la presunta banda per verificare l’affidabilità di dipendenti ritenuti forse infedeli.
Tra gli ulteriori spiati invece Virginia Furstemberg, della dinastia Agnelli, trovata morta nel 2023 a 49 anni. Nell’inchiesta è coinvolta anche la società di intelligence Skp, tra i cui fondatori c’è l’ex guardia del corpo di Berlusconi Luca Antonio Tartaglia.
«Questa indagine permette di unire qualche puntino e comprendere meglio questo gigantesco mercato delle informazioni riservate con dimensione imprenditoriale. Una vicenda allarmante», ha detto il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo durante la conferenza stampa di ieri, mentre dalla procura milanese spiegavano che non esistono al momento contatti con le altre vicende su presunti dossieraggi, come quella del finanziere Pasquale Striano o del bancario di Bari.
A fare da eco alla vicenda anche le parole del ministro della Giustizia Carlo Nordio: «Non siamo al sicuro».
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