I tre potrebbero essere coinvolti nel processo iniziato lo scorso 15 dicembre, al fine di testimoniare sulle reazioni del governo ai fatti. Ma i difensori di alcuni imputati si sono opposti a questa eventualità
Sono tre gli ex componenti di governo che potrebbero essere coinvolti come testimoni nel processo relativo alle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere del 6 aprile 2020.
L’avvocato Michele Passione, che assiste il Garante Nazionale dei Detenuti, Mauro Palma, ha inserito nella lista di testimoni da lui presentata l’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, e gli ex ministri della Giustizia, Alfonso Bonafede e Marta Cartabia.
La presenza dei tre è stata richiesta dall’avvocato al fine di testimoniare come il governo reagì ai fatti. Bonafede era guardasigilli nel momento in cui si venne a sapere dell’indagine, quando nel giugno 2020 i carabinieri notificarono degli avvisi di garanzia ad alcuni degli agenti penitenziari coinvolti.
Nel luglio 2021, invece, Draghi e Cartabia si recarono proprio in visita al carcere alla luce degli arresti del 28 giugno precedente. Successivamente, Cartabia diede vita a una Commissione per l'innovazione del sistema penitenziario, che ha concluso i propri lavori il 31 dicembre scorso.
Sarà il giudice, probabilmente nell’udienza del primo febbraio, a decidere a riguardo della lista di testimoni, in cui compare anche Nello Trocchia. Molti dei difensori degli imputati si sono opposti alla potenziale testimonianza degli ex tre membri del governo e del giornalista, per «evitare la spettacolarizzazione del processo» e per «irrilevanza della loro testimonianza».
La vicenda
A processo c’è l’intera catena di comando dell’istituto di pena Francesco Uccella, gli agenti della polizia penitenziaria e l’ex provveditore regionale della Campania.
Quel giorno quasi 300 poliziotti penitenziari, provenienti anche da altri istituti, sono entrati in carcere e per oltre 4 ore hanno massacrato di botte e colpi di manganello i detenuti, una mattanza documentata dai video che Domani ha pubblicato nel giugno del 2021.
I reclusi protestavano e chiedevano, dopo il primo caso di contagio in carcere, mascherine e dispositivi di sicurezza.
A processo c’è l’ex provveditore, Antonio Fullone, il commissario coordinatore della polizia penitenziaria del carcere, Gaetano Manganelli, il comandante del nucleo traduzioni, Pasquale Colucci, le comandanti dei nuclei operativi e parte del gruppo di supporto e interventi, Tiziana Perillo e Nunzia Di Donato.
Agenti e componenti del vertice dell'istituto, in tutto 77, sono stati sospesi dal ministero, nel giugno 2021, quando il giudice ha disposto le misure cautelari mentre altri hanno continuato a lavorare con avanzamenti di carriera.
Ora si ritrovano a processo insieme anche a medici e funzionari. Rispondono, a vario titolo, di tortura aggravata, falso in atto pubblico, favoreggiamento personale, lesioni, maltrattamenti, calunnia e falso.
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