Finestre rotte, porte che mancano, muri scrostati. A guardare da vicino i 40.133 mila edifici scolastici attivi in Italia si vedono le crepe del sistema della pubblica istruzione che fa sempre più fatica a stare in piedi.

Sono stati 69 i crolli tra settembre 2023 e oggi, secondo il report di Cittadinanzattiva, il 22°sulla sicurezza a scuola. È il numero più alto degli ultimi sette anni: distacchi di intonaco, cedimenti di soffitti, controsoffitti, solai, tetti, finestre, muri di recinzione e alberi caduti, a seguito dei quali sono rimasti feriti nove studenti, tre docenti, due collaboratori scolastici, un’educatrice. E quattro operai coinvolti nell’ultimo dei crolli, avvenuto solo pochi giorni fa, l’11 settembre, quando, 24 ore prima dell’inizio delle lezioni, è caduto il solaio della palestra della scuola elementare di Pergusa, frazione di Enna, mentre, nell’edificio accanto, gli insegnanti e il resto del personale preparavano la riapertura.

Come si legge nel rapporto, nella maggior parte dei casi le strutture cedono perché sono vetuste e poco manutenute. Il 47 per cento delle scuole, infatti, è stato costruito prima del 1976, di un altro 18 per cento non si conosce neanche la data di realizzazione. Mancano i dati sulle condizioni degli edifici che, per più di 9 mesi l’anno, oltre sette milioni di studenti frequentano quasi ogni giorno. Sono rari gli interventi tempestivi quando vengono segnalate situazioni critiche dal personale. Oltre la metà degli edifici in cui si svolgono le lezioni non ha né la certificazione di agibilità, né quella per la prevenzione degli incendi.

«Un altro grande problema sta nella mancanza di spazi», aggiunge Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale del sindacato Rete degli studenti medi che racconta di ricevere parecchie segnalazioni dagli studenti sui disagi che il cattivo stato dell’edilizia scolastica causa allo svolgimento della didattica: «Ogni volta che ci riuniamo ne parliamo. In tante scuole non c’è un luogo in cui fare assemblea d’istituto, ad esempio. Così gli studenti o sono costretti a dividersi in gruppi oppure a vedersi online. In altre, i laboratori sono stati convertiti in aule perché queste erano insufficienti per accogliere tutti gli alunni. E poi, non sono pochi gli istituti in cui manca la palestra: quando fa caldo si fa attività all’aperto, d’inverno o si resta in classe oppure vengono prese in affitto strutture sportive esterne, a volte distanti, con costi che gravano sulla scuola», riassume incisivo Notarnicola, prima di concludere: «C’è anche il grave problema dell’accessibilità. Sono poche le scuole in cui le persone con disabilità possono apprendere liberamente».

Maggiori difficoltà per i disabili

Solo il 40 per cento degli edifici scolastici risulta accessibile agli studenti con disabilità motoria, si legge dal Rapporto sulla sicurezza nelle scuole. Solo nel 17 per cento delle strutture sono presenti segnalazioni visive per gli allievi con disabilità sensoriali, mappe a rilievo e percorsi tattili, invece, sono presenti soltanto nell’1,2 per delle scuole. Mentre cresce ogni anno il numero di studenti con disabilità: nel 2022/23 erano 311.201, il 4,4 per cento del totale.

A confermare il quadro dipinto da Notarnicola anche le parole di Victor, studente dell’istituto Cine-Tv Roberto Rossellini di Roma: «Grazie all’impegno congiunto di studenti, professori e dirigenza scolastica le condizioni della scuola sono migliorate negli anni. Anche se la poca attenzione che gli enti locali dedicano all’Istituto, considerato di serie B, si vede. Abbiamo due campetti in cui fare sport ma sono tutti rovinati, con i buchi nel cemento. La palestra non è abbastanza grande da accogliere più classi, così d’inverno a volte restiamo in aula a fare educazione fisica. I bagni sono pochi e spesso non funzionanti, in alcuni mancano le porte. L’anno scorso si è rotto l’ascensore, è rimasto bloccato per mesi, gli studenti con disabilità hanno potuto seguire le lezioni solo al primo piano».

Che siano necessari interventi urgenti per migliorare la vivibilità degli strutture scolastiche lo pensa anche Laura, studentessa del Socrate di Roma, liceo classico e scientifico nel quartiere di Garbatella, che ogni anno si allaga non appena le piogge diventano intense: «La nostra scuola nasce negli anni ’70 come prefabbricato temporaneo. Invece siamo ancora qui», spiega d’accordo con i membri del Collettivo che porta il nome del partigiano Dante Di Nanni: «Due anni fa, dopo l’occupazione, siamo riusciti ottenere dal consigliere delegato alle scuole della Città metropolitana la promessa che sarebbe stata rifatta la guaina esterna dell’edificio, così da evitare le infiltrazioni d’acqua. Invece il tempo è passato e non è successo nulla».

Come non si stanca di ripetere Luca Malgioglio, insegnante di lettere alle scuole superiori, tra i fondatori del gruppo La nostra scuola - associazione Agorà 33, che si batte affinché gli istituti scolastici tornino a essere spazi per la crescita umana: «Si sa che la situazione è questa. L’abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni: gli interevnti a favore dell’ediliza scolastica sono pochi. Mentre dall’altro lato gli istituti vengono inondati dai nuovi strumenti digitali grazie ai fondi del Pnrr - tablet, pc, schermi touch - che in pochi utilizzano. Perché non arrivano sulla base delle necessità didattiche manifestate dei docenti. Ma a pioggia. Così i depositi delle scuole sono pieni di oggetti inutilizzati, che presto saranno anche vecchi e dovranno essere smaltiti. Che esempio diamo ai nostri studenti: come insegniamo il rispetto per il pianeta se accantoniamo strumenti perfettamente funzionanti per sostituirli con altri solo perché sono nuovi?».

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