«I dati ci dicono che è cambiata la coalizione elettorale a supporto di Donald Trump, nel 2016 chi lo ha votato è stata l’America bianca, suprematista e razzista, oggi le cose sono cambiate», dice Mattia Ferraresi per introdurre il panel “La Nuova America” durante l’evento di Domani “Il futuro è adesso”, tenutosi il 5 e 6 novembre al Tempio di Vibia Sabina e Adriano, a Roma, con ospiti il docente universitario Mario del Pero e la politologa Nadia Urbinati. 

«È vero – concorda Urbinati – c’è stata una sorta di riorganizzazione unitaria del paese. Trump ha sì usato argomentazioni xenofobe e suprematiste, ma questa volta a differenza del 2016 non ha usato solo quelle: ha anche detto “io proteggerò le donne”, “proteggerò la classe media e nera”, ha cercato di tenere insieme quell’unità di gruppi che erano per identità e lavoro ideologico molto separati». 

A poche ore dall’esito delle elezioni i dati sono chiari: il partito repubblicano ha trionfato, riconquistando il controllo della camera alta e probabilmente assicurandosi la camera dei rappresentanti. Ma non solo, la crescita è stata progressiva ovunque, anche nei luoghi più insospettabili: «Il dato sconcertante è quello di New York che ha visto una crescita repubblicana del 13 per cento, e anche il New Jersey che è diventato repubblicano in modo ancora più netto di prima», dice la politologa. 

Secondo Del Pero molti fattori spiegano la vittoria di Trump: «Innanzitutto la richiesta di protezione e sicurezza, di emanciparsi dall’interdipendenza dal mondo, per recuperare la sovranità, recuperare autonomia, eccezionalità». «Trump – continua il professore – riesce a intercettare queste richieste». 

«Da un lato – aggiunge Urbinati – c’è una richiesta di autonomia da vincoli esterni, dall’altra c’è affermazione di sé, quindi è anche una richiesta di ritorno egemonico americano nel mondo».

Il rapporto con l’Ue

Tra i vincoli esterni la Nato e l’Europa: «La propaganda di Trump è stata molto anti europea e incontra moltissimo i sentimenti delle persone ordinarie. L’Europa è percepita come un luogo dove le persone vivono meglio godendo degli aiuti degli Stati Uniti, e si pensa anche che voglia dominare il mercato globale imponendo regole a cui gli stessi americani devono sottostare, Musk ad esempio pensa questo», spiega Urbinati.

C’è poi la questione economica: «Io credo che Trump farà pressioni sull’Europa – dice Del Pero – lo ha fatto anche Biden in una certa misura, e le chiederà di partecipare a un disaccoppiamento delle loro economie da quella cinese, intervenire per togliere la Cina dalle catene di valore globale».  

Un ultimo elemento che si è fatto avanti in questa campagna elettorale è stato il rapporto tra la politica e alcuni poteri privati che, come ha detto Mattia Ferraresi, «sono diventati una specie di stato dentro lo stato e hanno capacità d’influenza enorme», Elon Musk è solo un esempio tra i tanti che hanno fatto pressioni in tal senso. 

«C’è una tensione tra stati e queste forze che cercano di superarlo e di agire al di fuori dei suoi confini. E Musk, non a caso, è un nemico giurato del potere di regolamentazione e normativizzazione sul mercato dell’Europa», conclude Nadia Urbinati.

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