Non avrebbe voluto pagarli né al comune di Roma né alla regione Lazio quei 3.500 euro Ferdinando “Guru” Colloca, il deejay e body painter già esponente di Casapound, candidato alle regionali nel 2013 col movimento neofascista e legato al clan Spada per motivi d’affari. Eppure, prima la Corte d’appello capitolina nel 2021 e poi la Cassazione nel 2022 hanno confermato che il neo programmista assunto dalla Rai avrebbe dovuto versare l’importo provvisionale ai due enti pubblici.

A nulla dunque è servito il ricorso di “Ferdy”, così come il deejay ama farsi chiamare: i giudici della Suprema Corte hanno dichiarato l’atto inammissibile a settembre di due anni fa e, come si diceva, hanno anche condannato Colloca al pagamento della somma di cui sopra nei confronti delle parti civili, Regione e Comune.

Un pagamento verso cui lo stesso Colloca ha cercato di “resistere”: in appello, di fatti, si decide per la dichiarazione di non luogo a procedere per il delitto di falso ideologico in atto pubblico poiché estinto per prescrizione. Ma, nonostante l’avvenuta prescrizione, il danno cagionato nei confronti degli enti pubblici permane. Motivo per cui sia la Corte d’appello sia quella di Cassazione hanno insistito per la conferma delle statuizioni civili.

Sempre in appello Colloca è stato assolto - con la formula “perché il fatto non sussiste” - dall’accusa di corruzione con aggravante del metodo mafioso. I fatti sono riconducibili alla costituzione, appunto da parte di Ferdinando Colloca, della società Blue Dream con il genero di Armando Spada qualche giorno prima che il direttore del municipio di cui fa parte Ostia affidasse senza bando lo stabilimento Orsa maggiore proprio alla Blue Dream.

E per quanto riguarda il falso ideologico - riguardante anche una missiva inviata al XIII municipio di Roma capitale e sempre a fatti relativi “all'attestazione della selezione effettuata per l'aggiudicazione a Blue Dream s.r.l. della gestione dei servizi di balneazione per lo stabilimento Orsa Maggiore” - i giudici di legittimità ribadiscono che il ricorso e le doglianze di Colloca «sono, in ogni caso, manifestamente infondate». I giudici nella sentenza fanno riferimento non a caso «al danno all'immagine arrecato all'ente pubblico», nel caso di specie Comune e Regione.

Una vicenda, quest’ultima, che stride con quanto Colloca predicava dieci anni fa e più, all’indomani dell’impegno politico assunto con Casapound. Al tempo il deejay, classe 1966, parlava di «risveglio delle coscienze». E in una lettera pubblicata da Ostia tv affermava: «Credo che solo movimenti come CasaPound possano fermare, o contribuire a farlo, un sistema politico ammalato e corrotto che in tutti questi anni ha messo in ginocchio il nostro Paese. Credo nelle dolci rivoluzioni». Quelle rivoluzioni che, almeno per gli storici, sono destinate a fallire.

Le reazioni

Ad assunzione avvenuta e dopo che molti degli “scheletri nell’armadio” di Colloca sono venuti fuori, la Rai ha annunciato di procedere a un audit interno. Sulla vicenda poi non sono mancate le reazioni dei sindacati. Vittorio Di Trapani, segretario della Fnsi (il sindacato unitario dei giornalisti) dichiara: «In Rai si torna a metodi della vecchia politica: assunzioni per amici e parenti. Il trucco è in una modifica al piano anticorruzione che infatti l’Usigrai contestò». E la stessa Usigrai chiosa: «Le ultime assunzioni di programmisti multimediali getta un’ombra inquietante.

Assunzioni avvenute grazie a una modifica del codice anticorruzione Rai, a sua volta avvenuta senza alcun confronto sindacale, e fortemente contestata da Usigrai. Se qualcuno al settimo piano di viale Mazzini pensa di utilizzare lo stesso metodo per chiamate dirette anche in ambito giornalistico, sappia che troverà la granitica opposizione dell’Usigrai». 

Anche il parlamentare di Alleanza Verdi Sinistra Angelo Bonelli, che parla di «una situazione che pone seri problemi sui metodi, sui criteri e sulla trasparenza delle assunzioni all’interno dell’azienda», annuncia un’interrogazione parlamentare.

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