Per il presidente i massacri delle foibe compiuti dai partigiani comunisti sono una prosecuzione dell’orrore della Seconda Guerra Mondiale. Le persone e le terre del confine orientale, ha detto, hanno vissuto questi eventi «con drammatica intensità, generando scie di risentimento e incomprensione che a lungo hanno segnato le relazioni tra popoli vicini»
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del Giorno del Ricordo, la celebrazione in cui si ricordano i massacri delle foibe compiuti dai partigiani comunisti e l’esodo di migliaia di italiani che alla fine della Seconda guerra mondiale abbandonarono i territori divenuti parte della Jugoslavia, ha voluto celebrare le vittime e ha ammesso che per lungo tempo sono state dimenticate.
«Il Giorno del Ricordo richiama la Repubblica al raccoglimento e alla solidarietà con i familiari e i discendenti di quanti vennero uccisi con crudeltà e gettati nelle foibe, degli italiani strappati alle loro case e costretti all’esodo, di tutti coloro che al confine orientale dovettero pagare i costi umani più alti agli orrori della Seconda guerra mondiale e al suo prolungamento nella persecuzione, nel nazionalismo violento, nel totalitarismo oppressivo.
Per il presidente della Repubblica «è un impegno di civiltà conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli istriani, dei fiumani, dei dalmati e degli altri italiani che avevano radici in quelle terre, così ricche di cultura e storia e così macchiate di sangue innocente». E ha proseguito: «I sopravvissuti e gli esuli, insieme alle loro famiglie, hanno tardato a veder riconosciuta la verità delle loro sofferenze. Una ferita che si è aggiunta alle altre».
Il fascismo e le foibe
Per Mattarella le foibe sono una prosecuzione dell’orrore della Seconda Guerra Mondiale: «La sciagurata guerra voluta dal fascismo e l’occupazione nazista furono seguite, per questi italiani, da ostilità, repressione, terrore, esecuzioni sommarie aggravando l’orribile succedersi di crimini contro l’umanità di cui è testimone il Novecento». Le persone e le terre del confine orientale hanno vissuto questi eventi «con drammatica intensità, generando scie di risentimento e incomprensione che a lungo hanno segnato le relazioni tra popoli vicini».
A tutto questo si oppone la collaborazione dell’Unione europea: «Nata dalla pace e il dialogo ravvivato dall’affermazione delle democrazie hanno aperto e sviluppato una strada nuova. Queste memorie hanno guadagnato rispetto, dignità, ascolto. Sono storia vissuta, monito e responsabilità per il futuro».
Il ricordo, anche il più doloroso, anche quello che trae origine dal male, può diventare seme di pace e di crescita civile.
Infine ha posto l’accento sulla scelta della capitale della cultura: «Gorizia e Nova Gorica, che saranno congiuntamente capitale della Cultura europea 2025, dimostra quanto importante sia per l’intera Unione che la memoria delle oppressioni disumane del passato sia divenuta ora strada dell’amicizia, della comprensione, del primato della dignità delle persone, nel rispetto delle diversità e dei diritti».
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