In fondo, la partita in Champions League tra Inter e Stella Rossa di martedì 1° ottobre è un derby: il derby delle sponsorizzazioni discutibili, ma ben visibili in tv, perché è questo ciò che conta. Un modo decisamente contemporaneo di affrontare gli eventi: curare il folto pelo sullo stomaco, sfruttare qualche buco normativo, normalizzare ciò che è borderline.

Così ecco le divise dei due club portare nelle case marchi sui quali ci sarebbe molto da dire, e se uno, lo sponsor del settore betting dell’Inter, ormai nemmeno fa più effetto, considerando come i club calcistici e i media si siano fatti beffe del divieto stabilito dal Decreto Dignità, fingendo di reclamizzare qualcosa di diverso, l’altro mette in imbarazzo sotto l’aspetto geopolitico: lo sponsor della Stella Rossa è infatti Gazprom, il cui logo è tornato in uno stadio italiano per la prima volta dopo l’invasione russa in Ucraina e le conseguenti sanzioni.

In Champions, in realtà, il marchio si era riaffacciato già la scorsa stagione, sempre grazie al club di Belgrado, impegnato nella fase a gironi contro Manchester City, Lipsia e Young Boys: «L’Uefa ha deciso di terminare la propria partnership con Gazprom; i club sono responsabili degli accordi contrattuali privati con i loro sponsor», aveva risposto la confederazione calcistica europea a chi, allora, aveva chiesto a Nyon se ritenesse opportuna la presenza sui campi della sua manifestazione più ricca di un nome così pesante.

Risposta pilatesca, ma vera: l’Uefa aveva in effetti chiuso unilateralmente il proprio principesco accordo con Gazprom il 28 febbraio 2022, togliendo contestualmente a San Pietroburgo l’organizzazione della finale di Champions che si sarebbe dovuta disputare di lì a pochi mesi proprio alla Gazprom Arena.

Fu una scelta figlia delle sanzioni e indotta dalle pressioni della comunità internazionale, perché l’Uefa – che aveva in Gazprom uno dei principali foraggiatori – difficilmente avrebbe agito sua sponte, considerando il lungo e munifico rapporto di partnership con il colosso dell’energia controllato dal governo russo. Ci mise quasi una settimana per prendere la decisione: sino ad allora, Gazprom era sponsor delle competizioni Uefa (dalla Champions alla Supercoppa, passando per il campionato europeo) attraverso un contratto da circa 40 milioni l’anno sino al 2024, e l’allora presidente del consiglio di amministrazione della holding, Alexander Dyukov, era membro dello stesso Comitato esecutivo della confederazione calcistica.

I passi indietro

Sebbene la guerra continui, i tempi e le percezioni cambiano, e al ritorno di Gazprom sugli schermi internazionali del pallone hanno fatto caso in pochi. Sempre nel 2022 lo Schalke 04, che aveva nel gruppo il proprio principale finanziatore sin dal 2006, chiuse tutti i rapporti con Gazprom, e considerando che la holding era ancora sponsor dello Zenit (bandito dalle gare internazionali) e della Stella Rossa, che al massimo si poteva trovare in Europa League, a certi livelli il marchio non si è sostanzialmente visto almeno sino alla scorsa stagione.

Il club serbo, tuttavia, è sempre stato fedele a Gazprom che, in dieci anni, ha immesso nelle casse della società circa 50 milioni di euro, una cifra enorme per quanto riguarda il calcio del Paese, rinnovando al rialzo l’accordo andato in scadenza proprio nell’estate del 2022. Non solo: il gruppo ha finanziato anche i rivali del Partizan – soprattutto la sezione cestistica della polisportiva – attraverso una ricca sponsorizzazione da parte di Nis, la principale compagnia petrolifera serba, controllata a maggioranza proprio da Gazprom e in minoranza dal governo di Belgrado.

Un affare politico che così ha potuto riproporre a San Siro e sugli schermi un nome a lungo accostato al calcio europeo e ostracizzato di malavoglia da parte di una Uefa la quale non ha mai lontanamente pensato di intervenire sulle maglie della Stella Rossa.

L’Uefa stessa, tra l’altro, nella nuova edizione della Champions ha presentato fra gli official global partner una multinazionale del settore betting, il cui marchio compare ovviamente in Italia come se si trattasse di un sito di entertainment sportivo, esattamente come accade per lo sponsor dell’Inter. Lecito? Certo. Basta volerci credere.

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