La protesta dei partecipanti alla selezione che si svolse durante la pandemia. Saranno sorpassati dai colleghi che hanno partecipato all’ultimo concorso Pnrr. La storia di Claudia Calderoni, che ha superato entrambe le selezioni, ma nel secondo caso con un punteggio non abbastanza alto
Aver vinto due concorsi e non riuscire a entrare di ruolo, nonostante la carenza cronica di insegnanti, continuando a ricoprire come precari con contratto al 30 giugno gli stessi posti che spetterebbero loro a tempo indeterminato.
È la scioccante realtà degli insegnanti idonei del concorso 2020, in particolare quelli per la scuola primaria e dell’infanzia, fasce d’età dove la presenza di una figura stabile è fondamentale per la buona riuscita della didattica e dove la parte relazionale è l’aspetto più importante dell’apprendimento.
Oggi, venerdì 30 agosto in quindici regioni si è tenuta una manifestazione di protesta pacifica da parte degli idonei del concorso 2020, cioè coloro che sono in attesa di entrare di ruolo ma sono stati “scavalcati” dai vincitori di un altro concorso, il cosiddetto Pnrr 2023, – le cui prove si sono concluse per infanzia e primaria ma devono ancora concludersi per molte classi di concorso – a causa della priorità concessa a questa procedura in quanto parte del Pnrr, quindi con data di scadenza al 31 dicembre 2024.
Trentamila docenti in tutta Italia che tra l’inverno 2021 e la primavera 2022 hanno concluso le prove di un percorso ad ostacoli, altamente selettivo, tenutosi in pieno Covid – rigorosamente distanziati, con mascherina Ffp2 e tutte le difficoltà che spostarsi all’epoca comportava – per il terzo anno di fila si sono visti negare la possibilità di un posto a tempo indeterminato.
Le immissioni in ruolo autorizzate dal ministero sono circa 45mila a fronte di 62 mila cattedre libere, con una riduzione drastica degli assunti per regione. Il caso dell’Emilia Romagna è emblematico: fino a due anni fa i docenti convocati per il ruolo a settembre erano circa 500 e quest’anno si sono ridotti a meno di un terzo, 179 – esattamente il numero di vincitori previsto dal concorso Pnrr 2023, diventato capofila per le immissioni in ruolo.
L’ideatrice della protesta
Claudia Calderoni, insegnante ferrarese di scuola primaria da cui è partito il movimento che è sfociato nella manifestazione di venerdì, racconta la sua esperienza: «Avevo pochissime persone davanti (nella graduatoria idonei) contavo di entrare quest’anno, ma quando ho visto il numero di posti in ruolo autorizzati sono rimasta pietrificata. Ho iniziato a guardarmi intorno, a cercare altri nella mia stessa situazione e a confrontarmi con gli idonei della mia regione. Eravamo un gruppettino ma nel giro di poco siamo diventati tanti, dall’Emilia Romagna la nostra idea del flash mob davanti all’ufficio scolastico regionale si è diffusa in altre regioni».
«Non abbiamo l’ambizione di cambiare radicalmente la situazione – dice – ma vogliamo far parlare di noi e mostrare che è una situazione surreale, completamente contrastante con principi di uguaglianza e di dignità del lavoro della nostra costituzione. L’obiettivo è farsi vedere e sentire, mostrare che ci siamo, in attesa di un posto di ruolo che ci spetta di diritto dopo aver superato un concorso».
Alla domanda sul perché sapendo di questa priorità che sarebbe stata concessa ai vincitori dell’ultimo concorso non abbia partecipato anche a questo, Calderoni replica: «Ho partecipato e ho superato le prove, ma non con un punteggio abbastanza alto da rientrare nei primi 179».
Prendere parte a una procedura concorsuale e rientrare tra i primi vincitori, lavorando a scuola a tempo pieno e con impegni familiari di vario tipo non è cosa banale: spesso bisogna assentarsi due giorni per la prova scritta e due per la prova orale per raggiungere la sede regionale, oltre al tempo da dedicare allo studio che diventa quotidiano appena viene comunicata la data. Ai precari non spetta alcun tipo di permesso studio e nemmeno permessi ad hoc per l’assenza il giorno della prova, bisogna utilizzare i pochi, preziosissimi permessi per motivi personali.
A queste difficoltà si aggiunge, non per ultimo, il fatto che alla formazione della graduatoria finale il voto delle prove concorra solo per l’80%, poiché circa il 20% del punteggio è dato dalle esperienze pregresse e dai titoli di studio, oltre che dalle precedenze previste per legge – tipo la presenza di un famigliare con legge 104. Calderoni è quindi una delle tante ad aver superato sia le prove scritte che orali di due concorsi nel giro di tre anni, ma ciò non è abbastanza per permetterle di entrare di ruolo in Emilia Romagna.
Il paradosso della regione è evidente, nonostante sia l’unica in Italia dove sono ben due le università pubbliche che abilitano alla professione di docente di scuola primaria (Reggio Emilia e Bologna) la carenza dei vecchi “maestri elementari” è ogni anno un problema da risolvere e a cui sopperire attraverso la chiamata diretta di docenti che sarebbero insegnanti su altro ordine e grado ma non trovano un posto di lavoro e arrivano da tutte le altre regioni.
Un controsenso enorme, considerato anche che il nuovo sistema d’interpello renderà la chiamata diretta dei non specializzati ancora più lunga e difficoltosa. A peggiorare la situazione e a renderla ancora più paradossale c’è il concorso Pnrr 2 che incombe, per il quale il ministro dice di aver garantito altri 20mila posti di ruolo, le cui prove devono iniziare in autunno per terminare tassativamente entro fine anno. Gli idonei del 2020 si troveranno quindi in coda non ad uno, bensì a due concorsi svolti nel giro di sei mesi che in virtù della loro natura straordinaria sconvolgeranno tutti i piani di chi da anni con pazienza aspetta il suo turno.
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