«Allora, ascolta una cosa. Io come cliente ho la Lega. L’hai già proposto?». A parlare è Andrea De Donno, classe 1975, attivo in una società che si occupa di articoli medicali e amministratore delegato della Blusec, attiva a Lugano nel settore della sicurezza aziendale.

Il manager che si vanta di avere relazioni col partito di Matteo Salvini, indagato nell’inchiesta della procura antimafia di Milano sul furto di dati e presunti dossieraggi, sta chiedendo a Carmine Gallo, l’ex “superpoliziotto” finito ai domiciliari, la possibilità di vendere Beyond, piattaforma che aggrega contenuti leciti e no, al partito del vicepremier.

Ma Gallo, davanti alla proposta del collaboratore della Equalize, al centro del fascicolo dei pm meneghini dove in 60 sono indagati a vario titolo per concorso in accesso abusivo a sistema informatico e associazione a delinquere, si mostra restio.

«Alla Lega? Lega? No, alla Lega non l’ho proposto perché, per la semplice ragione che c’è Enrico Pazzali che è collegatissimo a Fontana quindi… perché direbbero tutti quanti... uscirebbe un articolo stampa che non finisce più!», risponde non a caso l’ispettore che nel 1998 risolse il caso Gucci. L’affare Beyond, pertanto, sfuma.

Il motivo lo spiega proprio Gallo, che sembra aver timore di un probabile conflitto di interessi: il suo “socio” Pazzali, presidente della Fondazione Fiera Milano, nonché a capo della Equalize, è assai vicino al governatore della regione Lombardia che guarda caso risponde politicamente alla Lega. Così vicino che il governatore anche dopo la notizia dell’inchiesta lo ha difeso. Ma a questo punto c’è da chiedersi: perché De Donno sostiene di avere la Lega tra i clienti?

L’imprenditore ha un passato nell’Arma dei carabinieri, caratterizzato da qualche inciampo giudiziario. È nel 2012 che il manager di Milano è coinvolto nell’inchiesta Aler perché, dopo aver ricevuto illegittimamente incarichi dall’Azienda lombarda edilizia residenziale, avrebbe ricambiato la dirigente con lavori di manutenzione all’impianto di allarme della sua villa. In quell’inchiesta, con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti, era coinvolto anche Romano La Russa, ex assessore regionale e fratello di Ignazio, poi prosciolto. Un’indagine che coinvolgeva pezzi grossi della destra milanese.

Al diretto interessato, De Donno, avremmo voluto chiedere dei suoi rapporti con la Lega e dell’esito dell’inchiesta in questione, ma, una volta contattata, la Blusec ha detto di non essere autorizzata a rilasciare informazioni e che non avrebbe fornito alcun contatto del suo amministratore delegato.

Un anno dopo l’indagine milanese, De Donno ha chiuso la società Nsa Italia (citata nell’inchiesta su La Russa) e ha trasferito i suoi affari in Svizzera: nel 2013 il manager entra in Blusec in qualità di presidente. Come capo di Blusec, il manager risulta, con altri imprenditori, fondatore di un’associazione, l’Igsa, che ha l’obiettivo di «evitare fughe d’informazioni talvolta provenienti anche dall’interno di enti e aziende».

Anche in tal caso quale sia la sorte dell’Igsa, nata nel 2015, non è chiaro. Stridono però i suoi scopi con la piega che il lavoro di De Donno, che pure si è occupato di fornire servizi per la procura di Milano per mezzo della Lepta Srl (ora cancellata), pare aver preso.

Dalle conversazioni captate «emerge chiaramente», si legge nella richiesta cautelare dei pm, «come De Donno, tramite la propria società svizzera, fornisca al gruppo di via Pattari 6, illecitamente, senza alcuna autorizzazione, il servizio di localizzazione di apparati telefonici mobili, utilizzando esclusivamente le relative utenze telefoniche e senza che il target monitorato si accorga di nulla».

El Camineto

Ma oltre ad Andrea De Donno gli “spioni” di via Pattari per svolgere la propria attività si avvalgono anche di altri fornitori di servizi. Un esempio? Luca Cavicchi, «soggetto esterno al sodalizio, operante nello stesso settore delle investigazioni e della raccolta di informazioni». È lo stesso Cavicchi, tra gli indagati, a riferire a un altro collaboratore di «accertamenti su russo» e «Cortina d’Ampezzo».

Gli investigatori scrivono: «Si è tentato di accertare l’identità del Russo ma non vi sono riscontri se non una vicenda che vede coinvolti dei cittadini russi\kazaki per la costruzione di un hotel a Cortina d’Ampezzo e la gestione di svariati resort di lusso», si legge nelle carte.

Una vicenda, quest’ultima, che Domani ha già raccontato. L’imprenditore kazako Toporov è da anni in affari con Viktor Kharitonin, un miliardario russo in ottimi rapporti con il Cremlino e sotto sanzioni in Ucraina. Al contempo è anche azionista della società El Camineto, che ha rilevato l’omonimo storico locale di Cortina.

Tra gli azionisti figurano anche Flavio Briatore e Dimitri Kunz, fidanzato della ministra del Turismo Daniela Santanchè, già emersa nell’inchiesta sugli spioni per i suoi legami con Pazzali.

Chi ha chiesto al gruppo di spioni informazioni su possibili partner d’affari del compagno della ministra del Turismo e di un suo ex socio nonché migliore amico?

I misteri non possono che infittirsi.

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