La prima volta che hanno sentito parlare del ponte sullo Stretto di Messina non la ricordano più. Eppure per gli ospiti del Villino delle Rose — la casa di riposo di Torre Faro, a Messina — quella che era solo un’idea, eterna incompiuta, potrebbe trasformarsi in un problema molto serio.
Se il progetto andrà in porto, i dodici anziani, dai 78 ai 97 anni, che al momento risiedono nella struttura, dovranno andare via: l’immobile è soggetto a esproprio. Così come lo sono i 1.600 e 1.100 beni — tra case (450 nel complesso, 300 a Messina e 150 a Villa San Giovanni), immobili pubblici o privati, terreni e attività imprenditoriali — che si trovano rispettivamente in Sicilia e in Calabria.
Un modo come un altro per dire che oggi, dopo la già avvenuta indizione della Conferenza dei servizi, sui giornali e sugli albi pretori delle amministrazioni coinvolte, sono stati pubblicati gli avvisi diretti di esproprio, corredati dalle liste coi nominativi di chi dovrà lasciare la propria casa, i propri beni, per un interesse pubblico superiore: la costruzione del ponte, fortemente desiderato dal ministro Matteo Salvini.
I futuri espropriati hanno sessanta giorni di tempo a partire dall’8 aprile per prendere visione dei documenti e avanzare eventuali osservazioni. Per farlo c’è però un onere, l’ennesimo, che grava sulle spalle dei cittadini dei territori interessati: fissare un appuntamento, previa prenotazione telefonica. Chiamando ai tre sportelli informativi indicati, che fanno capo proprio alla società guidata da Pietro Ciucci, si potrà dunque programmare un incontro presso il Palacultura di Messina o la ex Pretura di Villa San Giovanni in certi giorni e fasce orarie. Si verrà ricevuti da tecnici comunali. Così numerosi attivisti, riuniti nei vari comitati No Ponte, hanno provato a telefonare e dopo vari tentativi andati a vuoto (un nastro registrato invitava a lasciare un messaggio), un’operatrice a qualcuno di loro ha finalmente risposto. «Siamo stati fortunati – dicono —, abbiamo fissato l’appuntamento per l’8 aprile a Villa, ma non ci è stata indicata l’ora, non c’è alcun dettaglio ulteriore».
L’esproprio della casa di riposo
«Sono fragili, sono tornati bambini. Qualcuno ha l’Alzheimer, qualcun altro il Parkinson, convivono con disagi psichici, con la demenza senile. Al Villino delle Rose hanno trovato, oltre a una équipe altamente qualificata, la loro dimensione: davanti hanno il mare, la spiaggia e il lido dove amano andare, il supermercato, il chiosco delle bevande fresche», spiega Daniela Arena, responsabile della casa di riposo messinese che rientra, come si accennava, negli elenchi relativi agli espropri.
Nulla è cambiato dal 2011: il Villino — storico edificio, risalente agli anni Venti del Novecento — anche allora rientrava nelle stesse liste. Solo che da quattro anni a questa parte due ali della struttura sono abitate dagli anziani che lì hanno ritrovato se stessi, costruendo relazioni empatiche con l’ambiente circostante.
«L’intera zona è diventata “amica” delle demenze e non sarà facile — continua Arena — spostarsi, queste persone subiranno un trauma». Il Villino, abitato nella parte centrale anche dai rispettivi proprietari, ha pertanto superato a testa alta persino la pandemia. Ma ora dovrà superare la “sfida” del ponte.
«Di certo non lasceremo i nostri ospiti in mezzo a una strada, ci stiamo già muovendo per trovare una soluzione, con l’aiuto delle loro famiglie, ma non è giusto. Qui c’è tutta la loro vita, ci sono sprazzi di ricordi, come faranno a ripartire da zero in un altro luogo? », dice Arena che, insieme alla socia Francesca Luvarà, sente sulle spalle i sacrifici dell’aver costruito una struttura d’eccellenza nel campo dell’accoglienza.
«Per mettere su tutto questo — dichiara ancora Daniela Arena — ci siamo indebitate, eppure questo sogno, il nostro co-housing sociale, struttura interamente privata, è un fiore all’occhiello per la regione. Fino a qualche mese fa avevamo una lunga lista d’attesa — continua — ma ora, con la minaccia dell’esproprio, abbiamo bloccato nuovi ingressi. Se questo ponte è una priorità — conclude Arena — ne prenderemo atto, però siamo profondamente preoccupati per i nostri anziani».
«Demoliranno il mio progetto di vita»
Non solo il Villino delle Rose, anche case private, abitazioni popolari, terreni, pizzerie, macellerie e altre attività commerciali sono enumerate all’interno degli atti. Documenti che per l’appunto ricalcano quasi in toto le liste di “espropriandi” vecchie di dieci anni fa. In certi casi, tuttavia, per alcuni l’area su cui agire è più estesa: i metri quadri da espropriare sono raddoppiati.
E poi, lato Messina, c’è l’ex orfanotrofio, la guardiola dell’ospedale; addirittura, come scrivevamo nei giorni scorsi, anche il cimitero dei Granatari verrà “toccato” dal Ponte. Il blocco di ancoraggio è di fatti posto nelle sue immediate vicinanze e questo impedirà ai cittadini di attraversarlo. Sul lato calabrese, invece, sempre il blocco di ancoraggio sorgerà dov’era già previsto: nell’area archeologica di Forte Beleno, che oggi è però riuscita a intercettare i fondi del Pnrr per una sua riqualificazione e valorizzazione. Investimento, alla luce dei fatti, andato a vuoto.
«Non esproprieranno solo la mia casa, ma il mio intero progetto di vita — racconta a Domani, Rossella Bulsei, da Villa San Giovanni — Mia figlia è un’adolescente, perché dovrebbe cambiare luogo in cui vivere, se qui è serena e ha la scuola, gli amici, la parrocchia? Dove dovremmo andare? Mio marito, libero professionista, ha parte del suo studio, e quindi della sua attività professionale, in casa. Perché dovrebbe spostarsi? Spero proprio che la nostra sindaca (Giusi Caminiti, ndc) nel corso della Conferenza dei servizi si opporrà al ponte».
Bulsei, che ha dato vita al comitato No Ponte “Ti tengo Stretto”, è pronta a manifestare. «Sono disposta a firmare qualunque documento che si opponga alla costruzione di quest’opera inutile». E tra gli atti, che i cittadini potranno sottoscrivere, c’è anche l’esposto che, durante l’ultima assemblea pubblica nel comune calabrese, l’avvocata Maria Grazia Fedele ha annunciato: «L’esposto verrà presentato alla procura di Reggio Calabria».
Si tratta del secondo esposto sul ponte: il primo, in base al quale è stata aperta un’indagine da parte della procura di Roma, è stato depositato dai parlamentari di Pd e Avs Elly Schlein, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. «Mancanza di trasparenza e troppe criticità», lamentavano i deputati. Un’opera che, soprattutto ai cittadini da espropriare, adesso fa paura. Proprio come Scilla e Cariddi, i mostri più famosi dello Stretto.
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