Di Imane Khelif sappiamo alcune cose ma altre no. Cos’è? Un uomo? Una donna? Una persona trans? Nessuna di queste cose. È un’atleta intersex: cosa è e cosa comporta la sindrome da insensibilità agli androgeni
Alle Olimpiadi di Parigi si è tenuto il tanto atteso e discusso incontro degli ottavi di finale di boxe tra l’azzurra Angela Carini e l’algerina Imane Khelif. Molti avevano protestato perché Imane, 25 anni, è una delle due atlete con disturbo della differenziazione sessuale in gara a Parigi (l’altra è Lin Yu-ting, una pugile taiwanese), e presenta valori più alti di testosterone rispetto alla media. Il leader della Lega Matteo Salvini ha criticato la decisione di ammettere Khelif ai Giochi, definendola «pugile trans».
Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, ha detto che «desta grande preoccupazione sapere che in gare di pugilato femminili alle Olimpiadi siano stati ammessi uomini che si identificano come donne». Allora, Imane è un uomo e non può combattere contro una donna perché è troppo più forte, o una persona trans?
L’incontro è durato solo 46 secondi: Carini ha subito un primo colpo, – un forte destro di Khelif– che le ha sganciato il caschetto, ed è subito andata all’angolo per farselo rimettere a posto. Colpita da un secondo destro dell’avversaria, Carini ha alzato un braccio in segno di resa, si è avvicinata di nuovo al suo angolo, ha sussurrato al suo allenatore «mi ha fatto malissimo», e si è ritirata dal match consegnando la vittoria alla algerina. Dopo che l’arbitro ha dichiarato vincitrice Khelif, la pugile campana si è inginocchiata in lacrime al centro del ring, mormorando tra i singhiozzi: «Non è giusto!». «Non era una gara ad armi pari», ha commentato la premier Giorgia Meloni.
«Ero salita sul ring per combattere. Non mi sono arresa, ma un pugno mi ha fatto troppo male e dunque ho detto basta. Esco a testa alta», ha detto Carini a termine dell’incontro. «Io non sono nessuno per giudicare o prendere una decisione, se questa ragazza è qui ci sarà un motivo. È stato un incontro irregolare? Non sono nessuno per giudicare». Cerchiamo di chiarire un po’ come stanno le cose.
Cosa sappiamo
Innanzitutto, va detto che su Imane Khelif sappiamo alcune cose ma altre no, perché il Comitato Olimpico Internazionale (Cio) per tutelare la privacy delle sue atlete non svela i dettagli delle analisi e dei test che effettua. Khelif è una pugile che ha già disputato altri tornei. Alle Olimpiadi di Tokyo vinse un solo incontro e fu nettamente eliminata ai quarti dall’irlandese Kellie Anne Harrington, poi medaglia d’oro.
Ai Mondiali 2022, Khelif vinse una medaglia d’argento, perdendo in finale contro un’altra irlandese, Amy Broadhurst. Fino ad allora la sua presenza sul ring del pugilato femminile non aveva destato scalpore. Ma un anno fa, ai campionati mondiali di boxe femminile di Nuova Delhi, in India, è stata squalificata poche ore prima che salisse sul ring per disputare il match di finalissima contro la cinese Yang Lui. Il presidente dell'International Boxing Association Umar Kremlev affermò: «Sulla base dei risultati dei test del Dna, abbiamo identificato un certo numero di atleti che hanno cercato di ingannare i loro colleghi e fingevano di essere donne. Sulla base dei risultati dei test, è stato dimostrato che avevano i cromosomi xy. Tali atleti sono stati esclusi dalla competizione».
«Cromosomi XY»
Quindi Khelif è stata squalificata perché aveva cromosomi XY nelle sue cellule, e quindi era – geneticamente – un uomo. Il Cio invece affermò che Khelif «è stata squalificata poche ore prima il suo incontro per la Medaglia d’oro contro Yang Lui dopo che i suoi elevati livelli di testosterone le hanno impedito di superare i criteri di eleggibilità».
Dunque, Khelif ha cromosomi XY – perciò è geneticamente un uomo – e alti livelli di testosterone. Ma Imane Khelif cos’è? Un uomo? Una donna? Un’atleta trans? Nessuna di queste cose.
Khelif è una persona intersesso, cioè un individuo geneticamente uomo, biologicamente femmina, e socialmente e culturalmente donna. Chiariamo un po’ di punti: Imane Khelif non è “nato uomo”, non è una persona “trans”, cioè non si è operata e ha fatto una terapia ormonale per cambiare sesso; non «si sente donna».
È nata con i genitali femminili, non maschili, sennò non gareggerebbe tra le donna. Poi è nata con problemi genetici e ormonali. Non gareggia nelle categorie femminili perché “si sente donna”, né perché ha fatto un’operazione chirurgica. Ci gareggia perché è nata con una vagina, e contemporaneamente anche con cromosomi maschili e livelli di testosterone altissimi.
Probabilmente, Imane è affetta dalla sindrome da insensibilità agli androgeni (Ais), conosciuta in passato anche come sindrome di Morris (da John McLean Morris, il ginecologo di origine cinese naturalizzato statunitense che la descrisse nel 1953), o femminilizzazione testicolare.
La sindrome da insensibilità agli androgeni
È una sindrome caratterizzata da un disturbo della differenziazione sessuale. Gli individui che ne sono affetti possiedono un corredo cromosomico composto da 23 paia di cromosomi di cui due cromosomi del sesso XY – cioè 46,XY – quindi hanno un genotipo maschile, però sviluppano caratteri sessuali femminili.
Nella maggior parte dei casi, questi soggetti possiedono una mutazione del recettore degli androgeni, e per questo motivo le loro cellule sono incapaci di attivare tutti quei mutamenti innescati dal testosterone e dagli altri ormoni androgeni. La Ais può essere completa – quando il recettore degli androgeni è mutato in tutte le cellule – oppure parziale – quando il recettore è mutato solo in alcune cellule. In ogni caso, il feto con Ais non sviluppa i testicoli e i genitali maschili, ma comincia a produrre ormoni androgeni in eccesso (grazie all’attività dei surreni e di altre ghiandole) proprio perché le sue cellule non rispondono ad essi; però questo eccesso di androgeni viene trasformato da enzimi cellulari in ormoni estrogeni, femminili.
Così, alla nascita, avremo un neonato fenotipicamente femmina, ma senza utero e ovaie, e con una vagina appena abbozzata, più piccola del normale. In genere, gli individui portatori di questa sindrome sono longilinei, hanno un bacino stretto, mammelle di piccole dimensioni, e muscolatura con la forza pari a quella di una donna. Non possiedono organi riproduttivi né femminili (né utero, né ovaie), né maschili.
A tutti gli effetti, queste persone sono donne, con tutti i caratteri somatici – il cosiddetto fenotipo – proprio di una donna. E per tutta la vita continueranno a produrre testosterone in eccesso, meno di un uomo ma sempre più di una donna “normale”. In qualche caso, un individuo affetto da Ais parziale può avere un aspetto femminile ma alcuni tratti maschili – ad esempio muscoli dotati di forza superiore a quelli di una donna. Che Imane Khelif rientri tra loro? Però Khelif ha perso diversi incontri di boxe contro altre donne come lei.
Binarietà apparente
Il problema è che nelle competizioni sportive esistono solo due categorie, maschile e femminile. In realtà, molte persone – e purtroppo anche molti politici e attivisti amanti della polemica – pensano che esistano solo due sessi: maschio e femmina. Purtroppo per loro, la realtà non è binaria ma assai più complessa, e bella: nel mondo esistono – si stima – molte decine di milioni di persone intersesso – che non sono né maschi né femmine ma un po’ di tutt’e due, perché hanno una qualche variante genetica o di sviluppo che li rende tali.
Per chiudere la questione, il portavoce del Cio Mark Adams ha ribadito che: «Tutte coloro che gareggiano nella categoria femminile rispettano le regole di ammissibilità alla competizione. Khelif è una donna e può combattere». Forse, meno polemiche e più umanità avrebbero fatto bene a tutti.
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