Negli ultimi giorni su vari giornali italiani sono comparsi articoli dal tono vagamente catastrofista, che preannunciano sventure: “In Italia è arrivato il virus dell’influenza australiana. È molto più aggressivo del solito e colpisce il cervello.” Ma ci dobbiamo veramente preoccupare? Sinceramente, la risposta è no.

Hong Kong, non Sidney

Tanto per cominciare, il virus dell’influenza cosiddetta australiana non è neanche nato in Australia. Come dimostra uno studio condotto da un gruppo di scienziati guidati da Frank Wen, dell’università di Chicago, ha avuto origine nel 2016 a Hong Kong e da lì si è diffuso nel resto dell’Asia sud-orientale, poi in Australia e infine nel resto del mondo.

Quindi, il virus dell’influenza cosiddetta australiana non è nuovo, è in giro almeno dall’anno 2016, e gli scienziati lo conoscono bene. Difatti, ha già provocato una epidemia globale nel 2016, una seconda nel 2018, ed una terza ora.

Cosa è questo virus dell’influenza australiana, di cui si parla in questi giorni? Ed è veramente così pericoloso, come è stato descritto da alcuni media?

Va innanzitutto ricordato che esistono tre tipi di virus dell’influenza che infettano l’uomo: il Tipo A, il Tipo B ed il Tipo C. Il virus dell’influenza australiana è di Tipo A. Il virus dell’influenza A circola naturalmente tra le popolazioni di uccelli dell’Asia, ma qualche volta si può trasmettere all’uomo; è aggressivo, tipicamente provoca casi della malattia più gravi rispetto ai tipi B e C, ed è responsabile dei classici focolai epidemici invernali di influenza. Anche se ci sono molti sottotipi di virus dell’influenza di Tipo A, solo tre di loro sono in grado di infettare l’uomo: H1N1, H1N2 e H3N2. Il virus dell’influenza australiana è di tipo H3N2. Cosa significa?

Com’è fatto il virus

I virus dell’influenza sono formati da un nucleo centrale che contiene vari segmenti distinti di Rna, che costituiscono il genoma, circondato da un involucro formato da proteine.

Le due proteine principali dell’involucro sono l’emagglutinina – in inglese Hemagglutinin, abbreviato H, una proteina che fa agglutinare i globuli rossi del sangue- e la neuraminidasi, abbreviato N - un enzima che scinde certi legami chimici della molecola dell’acido sialico, un glucide presente sulla membrana delle cellule dell’ospite.

Entrambe queste proteine sono essenziali per la patogenicità del virus. Il virus utilizza l’emagglutinina per legarsi alle cellule dell’ospite e poi infettarle, e la neuraminidasi per rilasciare all’esterno della cellula infettata le nuove copie del virus generate.

I vari sottotipi di virus dell’influenza vengono distinti in base alla combinazione delle due proteine principali presenti sulla superficie del virus, l’emagglutinina, H, e la neuraminidasi, N, ciascuna delle quali esiste in diverse forme, classificate con un numero: per cui si riconoscono i sottotipi H1N1, H5N1, H5N2, e così via, anche se le due ultime maggiori e più mortali pandemie di influenza – quella del 1918 e quella del 2009 - sono state causate da virus H1N1.

Effetto global warming

Invece, il virus dell’influenza australiana è di tipo H3N2. Quindi, anche se è aggressivo, non è il più pericoloso in assoluto, e perciò non ci dobbiamo preoccupare troppo.

Piuttosto, il riscaldamento globale ha anche cambiato la modalità di diffusione del virus dell’influenza. Il virus dell’influenza si trasmette da uomo a uomo per via aerea attraverso le piccole goccioline che emettiamo con il respiro o quando parliamo, e quindi la sua diffusione è facilitata quando il clima è umido, oppure quando noi esseri umani ci ammassiamo al chiuso durante la stagione fredda.

Una volta, le pandemie di influenza iniziavano nel sud-est dell’Asia – dove densità di popolazione è altissima e i contatti dell’uomo con gli uccelli portatori del virus sono più frequenti - durante la stagione umida, tra ottobre novembre, e da qui si diffondevano verso l’Europa ed il Nord America, dove scoppiavano d’inverno.

Ora questa stagionalità è saltata, dato che, a causa del riscaldamento globale, in tutta la Terra sono aumentate le piogge, il clima è generalmente più umido, e la diffusione del virus è facilitata in ogni stagione. Infatti, l’epidemia attuale ha avuto origine nel Sud-Est asiatico in primavera, e già tra la fine. di maggio e i primi di giugno – con due mesi di anticipo rispetto alla norma - i primi casi erano stati segnalati in Australia.

Il virus H3N2 quest’anno in Australia ha alimentato la seconda stagione influenzale più pesante dell’ultimo decennio, contagiando oltre 15 milioni di persone. Ha colpito soprattutto i neonati e gli anziani, le persone più deboli ed esposte al virus. E questa ondata epidemica ha avuto un’altra caratteristica, come ha spiegato la professoressa Catherine Bennet, dell’Università di Deakin: «C’è stato un allineamento diretto tra la crescita di casi di influenza e quella dei casi di Covid, e per entrambe le malattie si è verificato un rapido incremento che ha raggiunto una impennata critica».

Che cosa c’entra il Covid

Detto in parole semplici, in Australia l’aumento vertiginoso dei casi di Covid è stato contemporaneo a quello dei casi di influenza. Questo è accaduto perché sia il virus del Covid sia quello dell’influenza si diffondono per via aerea e colpiscono gli stessi individui, cioè soprattutto i bambini e gli anziani, i più esposti. In qualche caso, i pazienti specie anziani erano co-infettati dal virus del Covid e da quello dell’influenza, perché il virus del Covid ha la proprietà di deprimere le difese immunitarie, facilitando così l’infezione successiva del virus dell’influenza.

Resta da rispondere alla domanda più importante: il virus dell’influenza australiana provoca una malattia più grave del solito? E la risposta è che questo virus, seppure aggressivo, non è così pericoloso.

Come ogni altro virus influenzale, il virus australiano provoca una febbre spesso sopra i 38 gradi, sintomi respiratori quali un forte raffreddore e tosse, e altri sintomi generali come dolore muscolare o articolare.

Nei bambini più piccoli questo tipo di virus può manifestarsi anche con febbre leggera e diarrea, mentre negli anziani la febbre può essere anche assente ma le difficoltà respiratoria possono essere maggiori, e spesso compaiono sintomi neurologici quali confusione mentale e sonnolenza.

Tra i virus di tipo A, la sottospecie H3N2 colpisce più di frequente il cervello, causando sintomi che vanno dalle vertigini alle convulsioni, o alla confusione mentale, e in pochissimi casi provoca encefaliti: comunque, anche se possono verificarsi sia tra gli anziani sia tra i più giovani, questi casi sono rarissimi, siamo nell’ordine di circa 1 ogni 2-300mila casi).

Il vaccino

I vaccini anti-influenzali ora disponibili sono attivi contro i virus di tipo A-H1N1 e A-H3N2 e contro quelli di tipo B, anche se la loro efficacia è leggermente inferiore verso il virus di tipo H3N2, come quello australiano ora in circolo.Il vaccino è fortemente raccomandato per le persone più esposte, cioè per chi ha più di 65 anni d’età, per i soggetti immunodepressi, per le donne in gravidanza e post partum, per gli individui con malattie croniche e autoimmuni, per i bambini dai 6 mesi ai 6 anni, e per gli operatori sociosanitari.

Quindi, mi raccomando, vaccinatevi. E vaccinatevi sia contro l’influenza sia contro il Covid, perché quest’ultimo può facilitare la prima.

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