Non solo mancano tutele per il personale scolastico Lgbtqi+ come una categoria il cui benessere psicofisico dovrebbe essere maggiormente tutelato e promosso. Pare invece che ci si muova nel senso opposto, con alcuni esponenti della maggioranza che portano avanti una campagna violenta contro quella che chiamano ideologia gender
Lunedì 17 marzo si terrà a Roma, nella sede del Centro Studi per la Scuola Pubblica (Cesp), in viale Manzoni 55, un convegno rivolto al personale scolastico dal titolo Lavorare a scuola: quali sfide per il personale Lgbtqi+.
Il convegno, organizzato dal Cesp, ente accreditato presso il ministero dell’Istruzione per la formazione del personale della scuola, in collaborazione con la Rete Insegnanti & Educatrici/tori Lgbtqi+ Mariasilvia Spolato, nasce dall’esigenza di riflettere su cosa significa oggi essere un o una docente lesbica, gay, bisessuale, trans, queer o intersex (Lgbtiqi+). Il convegno, come già anticipato nel titolo, vuole analizzare e comprendere le sfide che deve affrontare quotidianamente il personale della scuola che appartiene alle cosiddette sexual e gender minorities.
Perché la scuola non è solo il luogo dell’istruzione ma è anche un luogo di lavoro in cui, in base al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, dovrebbero essere tutelate la salute e la sicurezza di lavoratrici e lavoratori.
L’intolleranza
Purtroppo la società italiana è ancora segnata da un clima di intolleranza, discriminazione e violenza nei confronti delle persone Lgbtqi+, e la scuola non ne è certo immune. Questo significa che essere una docente lesbica, trans o un docente gay o bisex comporta il più delle volte l’impegno gravoso a tenere sotto controllo, e quindi gestire, il rapporto tra la propria identità personale e quella professionale: una sorta di vigilanza costante rispetto al proprio ambiente di lavoro, composto da studenti, colleghi e famiglie, un ambiente in cui si danno per scontate l’eterosessualità e le norme sociali di genere, rigidamente binarie, a cui dover conformarsi. Insomma, un ambiente di lavoro che con termine tecnico può essere definito etero-cisnormativo.
La principale sfida è pertanto quella della visibilità, del non essere costretti a nascondere una parte di sé o, nel caso di una o un docente trans, di essere riconosciute nel proprio genere di elezione, come vorrebbe l’articolo 21 del Contratto nazionale di lavoro del personale scolastico, purtroppo ancora in parte disatteso. E qui non parliamo solo del coming out, che non è mai definitivo e si ripresenta al cambio classe con nuovi studenti e famiglie oppure al cambio scuola con nuovi colleghi, ma delle innumerevoli situazioni in cui come docenti si viene a parlare di sé. Della propria vita.
E allora si deve valutare, a volte anche in fretta, se rispetto all’interlocutore o all’uditorio ci si può permettere di esporsi come insegnante gay, lesbica o trans, e a quali conseguenze sul piano personale e professionale si può andare incontro. E può anche accadere, pure restando “invisibili”, di essere presi di mira con battute, insulti e scritte offensive, come accaduto anche di recente.
Le sfide poi non si fermano alla visibilità tout court ma dipendono dal grado di scuola in cui si insegna: essere un o una docente omosessuale o trans alla scuola primaria o alla scuola dell’infanzia, non ha lo stesso significato di esserlo alla scuola media o superiore. Per non parlare di chi a scuola è precario e deve cambiare sede di lavoro anche più volte in uno stesso anno scolastico.
Costruire una scuola inclusiva
La Rete Insegnanti & Educatrici/tori Lgbtqi+, intitolata a Mariasilvia Spolato, docente di matematica, lesbica e militante nei movimenti omosessuali dei primi anni Settanta (la prima persona in Italia a compiere durante una manifestazione dell’8 marzo a Roma un’azione di visibilità omosessuale e che per questa azione subì forti pressioni da parte del mondo della scuola), fin dal principio ha sostenuto il principio della visibilità a scuola, come luogo di lavoro, in cui non ci dovrebbero essere ostacoli nell’esprimere la propria identità, purché il contesto scolastico rappresenti un ambiente libero da discriminazioni e pregiudizi, condizione questa non certo diffusa in Italia.
Purtroppo lo stato non solo non riconosce il personale scolastico Lgbtqi+ come una categoria sociale e professionale a maggior rischio di discriminazione, il cui benessere psicofisico dovrebbe essere maggiormente tutelato e promosso ma pare muoversi nel senso opposto.
Infatti alcuni esponenti politici dell’attuale maggioranza di governo portano avanti una campagna violenta contro quella che chiamano ideologia gender, tesa principalmente ad alimentare il panico sociale per delegittimare chi nella scuola si impegna a smascherare e decostruire il sistema patriarcale ed eteronormativo, tipico della nostra società, riducendo in qualche modo al silenzio anche il personale scolastico Lgbtqi+, percepito come non conforme alle norme sociali sul genere e sull’orientamento sessuale.
Sono dunque molte le sfide che il Convegno di Roma vuole comprendere, anche per trovare possibili soluzioni che possano garantire a docenti Lgbtqi+ un luogo di lavoro sicuro, dove vivere serenamente il rapporto tra identità personale e professionale, senza ricatti e senza subire l’invisibilità imposta da un sistema sociale e politico che non tollera le differenze.
Per iscriversi al convegno si può utilizzare la piattaforma del Ministero S.O.F.I.A. con il codice ID 146459 oppure utilizzando il seguente link https://forms.gle/dyUbJfs9v5yd8uZQ6. Per informazioni si può scrivere al seguente indirizzo di posta elettronica convegnocesp@gmail.com. La partecipazione al convegno dà diritto, ai sensi dell’art. 36 del CCNL 2019/2021, all’esonero dal servizio.
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