Certe abitudini non cambiano. L’autoflagellazione, in perfetto Italian style. Se ne trova traccia nelle parole di Luciano Spalletti alla vigilia di questa Nations League. «Il tracollo di Berlino è tutta colpa mia», si è battuto il petto il ct ricordando i giorni di dolore dell’Europeo. Altra costante: l’ostinazione. «Ho scelto di restare perché ho capito che la partita con la Svizzera non cambiava la considerazione del presidente Gravina e della Federazione nei miei confronti».

Fortuna che questa Nazionale ex azzurro tenebra che venerdì affronta la Francia, la madre di tutte le partite, in quella che alcuni considerano un esame di riparazione dopo la bocciatura europea, farà anche cose nuove. Si comincia dal numero di convocati, 23 in tutto. Pochi, un gruppo ristretto, selezionato, limitato.

Si potrebbe dire che di giocatori in forma (e convocabili) magari non ce n’erano. Ma a pensare male qualche volta si fa peccato per davvero. Convince di più la spiegazione del ct: «Ho convocato ventitré giocatori per allenare meglio la squadra. Non voglio gente stressata o scontenta per i pochi minuti o in allenamento».

Limitare il numero di giocatori significa limitare le scelte e anche le conseguenze di quelle scelte. Un mugugno per una tribuna di troppo, per una panchina presa male, per un allenamento ai margini. No, la serenità prima di tutto.

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La fine dei test

E poi niente esperimenti, per quelli ci vuole sempre troppo tempo. In Germania si cercò la pozione magica, ma anche lì Spalletti non aveva tempo e venne fuori un intruglio strano. Scelse un modulo strutturato, all’apparenza solido. Ma non abbastanza, visto come è andata a finire. Per la Nations League l’idea è proporre un vecchio adagio, un 3-5-2, al massimo un 3-4-2-1. Tombola. Perché più dei numeri contano gli uomini.

D’altra parte Spalletti ci ha pensato su, si è tormentato, si è rigirato nel letto. Gli incubi di un ct hanno sempre forme strane. E a forza di riflettere, di valutare, di trovare un senso alle cose, deve essergli arrivata l’illuminazione: «Agli Europei nelle richieste un po’ troppo esigenti c’era anche quella di difendere a quattro e costruire a tre, di cambiare vestito durante la partita. Probabilmente quello è stato un errore».

E dunque contro la Francia prima e con Israele poi niente rimescolamenti. Un modulo solo, pochi compiti e ben definiti. L’Italia che sfidava la Spagna sul possesso palla, quella del neo tiki-taka, un po’ avanguardia e un po’ suberbia, è già stata archiviata. Si torna all’usato sicuro. Anche nel calcio ci vogliono certezze.

I giovani

Ma nel calcio ci vuole soprattutto coraggio. E ce ne vuole per ringiovanire una rosa che, a questo giro, perde qualche veterano (Chiesa, che doveva allenarsi con il Liverpool) e getta nella mischia volti nuovi. Su tutti: Caleb Okoli e Marco Brescianini. Il primo, difensore del Leicester, ex dell’Atalanta, è andato a cercare fortuna in Premier. Ha detto che qualche offerta dalla Serie A l’aveva avuta, «ma io sognavo di giocare in Inghilterra. Volevo andare lì e quando c'è stata questa opportunità l'ho colta al volo, credo possa ripagarmi fortemente».

Brescianini invece all’Atalanta ci è andato dopo una stagione al Frosinone. Lo volevano tutti, è stato anche a tanto così dal Napoli. Ha detto che la duttilità è il suo mestiere e che Spalletti lo farà giocare in più ruoli. Anche se lui uno preferito ce l’ha: «La mezzala destra. Il mio prototipo è Milinkovic-Savic». Hanno tutti la faccia segnata dallo stupore, i nuovi ragazzi di Spalletti. Segno che l’azzurro fa ancora un certo affetto. Nuovo, per certi versi, è anche il ritorno di Sandro Tonali.

Dopo Fagioli, è rientrato nel giro azzurro anche lui. Il centrocampista ex Milan, ora al Newcastle, ha appena finito di scontare la squalifica per aver scommesso su partite di calcio, sia in Italia sia nella Premier. «Ha fatto tutta la preparazione: il ragazzo ha riflettuto molto su quanto accaduto ed è uno di quelli con cui ho parlato di più, per questo l'ho riportato subito».

La concretezza

Non sarà più un’Italia in cerca d’autore, né una nazionale in cerca di una identità. Spalletti ha le idee chiare e sembra voler plasmare un gruppo concreto. Anche questa è una bella novità. «Voglio che tutti si sentano dentro al progetto, non voglio ingabbiare il talento dei miei giocatori e tolgo la complicanza del tempo limitato se è la difficoltà».

La Nations League è un mini torneo feroce, 6 gare in 68 giorni, che qualificherà le prime due dei 4 gironi ai quarti previsti a marzo 2025. Sarà solo una marcia di avvicinamento alle qualificazioni al Mondiale 2026, vero obiettivo della Nazionale che non può permettersi un altro flop. Anche questo deve cambiare. «Darò più libertà e leggerezza ai miei giocatori», ha detto ancora Spalletti.

Soffia il wind of change, si sente. Intanto ci sono certezze, quelle che non crollano mai. Come i discorsi in aula magna del ct, pieni di pathos, ragione e sentimento. «Dieci minuti - ha detto Spalletti - nei quali i calciatori mi sono sembrati attenti». 

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