A più di una settimana dalla penalizzazione della Juventus per l’affare plusvalenze non si dispone di cifre precise sulle disdette degli abbonamenti ai canali satellitari. Una protesta di stampo postmoderno che vuole colpire (molto indirettamente) la Figc ma può danneggiare la stessa Juventus
- Un curioso mix fra lealtà, defezione e protesta segna la mobilitazione della tifoseria bianconera contro la sentenza della Corte federale d’appello e si esprime nel tentativo di tagliare gli incassi delle pay tv.
- Quel denaro è la principale fonte di finanziamento per i club di Serie A, compresa la società bianconera. Che pagherebbe unitamente a tutti gli altri club associati alla Lega di Serie A.
- Da giorni circolano cifre composite, fra smentite e rilanci, con le stesse pay tv che si affrettano a comunicare di non avere subito contrazioni dell’audience. Senza però specificare se abbiano subito un’emorragia di utenti.
Fra dire e contraddire meglio disdire. L'annunciata diserzione di massa dei tifosi juventini da Dazn e Sky, azionata per protestare contro la penalizzazione di 15 punti inflitta alla società bianconera dalla Corte federale d'appello della Federazione italiana gioco calcio (Figc) per il caso delle plusvalenze incrociate, segna una traiettoria dei processi di mobilitazione tutta inscritta nella logica della post-modernità.
Vi si trova di tutto: “mescolazionismo” estremo, sabotaggi trasversali, adozione di una Logica del Tele-beduino per cui “il finanziatore del mio nemico è mio nemico”, e infine la scoperta di detenere nel polpastrello il potere d'esecuzione. Basta un click per decretare il successo o la rovina di qualcuno e di qualcosa.
Un tempo si usava dire che si votasse coi piedi per esercitare un forte atto di dissenso. Oggi si vota col dito, spinti da un’enfasi che sa tanto di pressione sul pulsante della valigia nera presidenziale. Che non per nulla si chiama Nuclear Football. Quel medesimo spirito anima chi dà il click e disdice l’abbonamento al tele-calcio per manifestare l’opposizione al sistema. La Civiltà dell'Indice Opponibile.
Se mi penalizzi ti cancello
Si tratta di un movimento collettivo che si scatena all'improvviso, mostrando una capacità di mobilitazione impetuosa all'apparenza ma inquantificabile nei fatti. E si basa su modalità del dissenso che simulano la massa ma poi rimangono demandate all'atomizzazione del singolo utente.
Costui, dalla postazione del pc o dallo smartphone, ha facoltà di sabotare il soggetto che da un momento all’altro ha etichettato come nemico. Ma ha anche facoltà di sabotare il sabotaggio. Che, in fondo, chi mai potrebbe controllare se per caso ciascuno non stia compiendo un esercizio da free rider? Cioè sfruttare individualmente gli effetti di un’azione prodotta collettivamente ma senza parteciparvi. Del genere “armiamoci e partite”. Perché va bene la protesta, ma poi davvero ci si deve perdere il prossimo turno di campionato?
E inoltre, sarà mica che a agitare la massa dei sabotatori agiscano pure i pasdaran del pezzotto? Ossia coloro che guardano il calcio ricorrendo a una fra le tante formule della pirateria e perciò fanno un sabotaggio al quadrato: continuano a violare la legalità e nel frattempo sollecitano chi la rispetta a chiamarsi fuori. Del resto, come nel segreto dell’urna dove Stalin non ti vedeva ma Dio sì, la verità sugli abbandoni di Dazn e Sky la possono conoscere soltanto le stesse Dazn e Sky. Che potrebbero sbugiardare uno per uno i leoni che sui social dicono di disdire ma poi si contraddicono. Le emittenti non lo fanno per ragioni di privacy, ma anche per un’elementare questione di convenienza. Ché quelli lì son sempre clienti. Fedeli e fidelizzati.
Lealtà, defezione e protesta
Un paese meraviglioso, l’Italia. Specie quando c’è di mezzo il calcio e allora si è pronti a difendere la propria causa in piena irragionevolezza.
Presi da quest'ansia di esternare il dissenso per rivendicare un presunto diritto leso si finisce per mixare anche i termini di uno schema classico nelle scienze sociali: quello di Albert O. Hirschmann, che ha fissato nelle tre opzioni della lealtà, della defezione e della protesta la reazione possibile alle defaillances di un'organizzazione di varia taglia, dall'azienda commerciale con cui ci si confronta nel ruolo di consumatori a uno stato-nazione con cui ci si misura nel ruolo di cittadini.
E invece qui succede che l'opzione della defezione (disdire gli abbonamenti di Dazn e Sky) sia uno strumento usato per agitare la protesta (contro la Figc, non contro le emittenti televisive danneggiate dalla defezione, e con l'esito di colpire la Lega di Serie A anziché la federazione) per dare corso a un esercizio di lealtà (verso la società di cui si è tifosi, che però viene a essere fra le prime danneggiate di una defezione televisiva perché ai denari delle tv affida ampia parte dei propri ricavi).
Una macedonia dal sapore aspro, che perfettamente rappresenta l'infinito caos in cui versa il calcio italiano.
I numeri
Ma quanto davvero ha inciso la protesta dei tifosi juventini? Qual è il numero delle disdette effettivamente realizzate?
Sono interrogativi ai quali è impossibile rispondere con precisione. Tanto più che quando si parla delle pay tv è cosa estremamente complicata ottenere dati certi. Sicché è scontato che rimangano in una dimensione esoterica le cifre delle defezioni registrate a partire da venerdì 13 gennaio, giorno in cui è stata pronunciata la sentenza della Corte d’appello federale. E nell’incertezza girano le voci più svariate. Durante i giorni scorsi erano circolate cifre basate su ipotesi di pura scuola, secondo cui l’eventuale defezione di 500mila tifosi juventini avrebbe determinato per le pay tv italiane un danno da 154 milioni di euro.
Ragionamenti puramente ipotetici, ai quali si è cercato di associare il supporto dei dati. Fra questi vi sarebbero le circa 13mila defezioni registrate in Puglia, regione di tradizionale radicamento bianconero. E la chiamata alla mobilitazione dei club di tifosi bianconeri di tutta Italia è giunta forte dal Veneto. Per il momento i numeri di adesione alla protesta sono tutti da verificare, a rischio di risultare generosi come quelli che parlavano di 236mila disdette di abbonamenti Dazn e Sky, subito etichettati come bufala. Ma se erano una bufala 236mila disdette, cosa dire della notizia che due giorni dopo parlava di 450mila disdette?
La verità è che si tratta di numeri incontrollabili, ai quali se ne oppongono altri come quelli che parlano di un aumento di audience per Dazn nella prima giornata di campionato successiva alla penalizzazione juventina. Un dato che invero dice poco, dato che l’eventuale disdetta scatta al termine di un periodo mensile, variabile da utente a utente. Quanto ai dati sul numero di utenti che hanno espresso volontà di andar via, abbiamo impressione che dalle emittenti non verrà comunicato tanto facilmente.
Chi ha ragione? Tutti e nessuno, anche perché a prescindere dalle disdette c’è anche da capire quanto dureranno le singole defezioni. Il popolo del calcio televisivo va e viene con facilità, scappa via sbattendo la porta ma poi torna indietro a sincerarsi se per caso non sia rimasta socchiusa, che non si sa mai. E infine rientra fischiettando con indifferenza. Fossero queste le dimostrazioni di forza, il nostro paese sarebbe la Sparta del Ventunesimo secolo. E invece è la patria della protesta in punta di dito.
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