Le espressioni utilizzate dal papa durante l’incontro con i vescovi italiani sono «imperdonabili», certamente sbagliate, tuttavia bisogna tenere conto del fatto che c’è un contesto più ampio nel quale esse vanno collocate.

Marinella Perroni, teologa e biblista di fama, fondatrice del Coordinamento teologhe italiane, autrice di numerosi saggi e studi, fa il punto sul pontificato di Francesco, a partire dall’ultimo clamoroso incidente che lo ha visto protagonista, ovvero le affermazioni del papa circa l’eccessiva “frociaggine” che caratterizzerebbe l’ambiente dei seminari italiani.

Cominciamo da qui: perché si può parlare di un problema nei seminari?

Ci sono persone che hanno un chiaro orientamento omosessuale e non sanno viverlo in maniera libera e matura, ma sperano piuttosto di superarlo sublimandolo, scegliendo la vita clericale. In seminario, nei primi tempi, spinti dall’entusiasmo, la cosa può anche riuscire, ma poi diventa sempre più difficile controllarla.

Qui sta il vero errore del papa: poteva approfittare dell’occasione per dire che il discorso vale sia per gli eterosessuali che per gli omosessuali. Il problema reale è che i seminari non hanno un’adeguata capacità di formare le persone a una sessualità pienamente matura e responsabile.

Che la chiesa cattolica ha un problema serio con la sessualità, che non ha mai portato a tema seriamente la questione della sessualità perché l’ha troppo spesso mortificata o condannata o alterata è un fatto che è stato messo in luce da decenni. Francesco non può non sapere che sessualità immature, siano etero o omo, diventano una questione seria.

Inoltre, va ricordato che l’istituzione dei seminari è un frutto del Concilio di Trento che, all’interno di una importante riforma sistemica di cui la chiesa in quel momento aveva gran bisogno, ha istituito i seminari come struttura formativa adeguata a promuovere e consolidare la riforma. Anche il Vaticano II ha avviato un processo di riforma di cui faceva parte sicuramente il ripensamento di tutti i ministeri e quindi anche delle strutture formative adeguate a sostenere l’ordinamento ministeriale della chiesa. Questo processo è stato bloccato e non ha dato l’esito auspicato.

Che diciamo allora? Chiudiamo i seminari? Ma con cosa li sostituisci? Va poi anche detto che i seminari in cui si persegue il modello tridentino sembra godano ottima salute. La questione è dunque di fondo: a seconda di quale modello di chiesa perseguiamo, di quale dovrebbe essere l’ordinamento ministeriale adatto ad esso, allora potremo ragionare sull’adeguamento delle strutture formative.

Tuttavia resta un dato: quello di aver usato parole offensive nei confronti degli omosessuali…

D’accordo. E, anche se si è subito scusato, basta vedere le ricadute che le sue parole hanno avuto sulla rete per capire che il danno fatto alla chiesa resta enorme. Ma quanto io trovo ancora più grave è che si trattava pur sempre di un incontro a porte chiuse con i suoi “confratelli nell’episcopato”: c’è stato un dibattito? Gli è stata fatta notare l’inappropriatezza del linguaggio usato?

Lui avrebbe dovuto pensare che qualcuno lo aspettava al varco per rendere pubbliche e fuor di contesto le sue parole perché, anche se le colombe volano e i serpenti strisciano, non sempre le colombe riescono a sfuggire ai serpenti! Lui quindi ha sbagliato, ma da un’assemblea del genere, ci si poteva forse aspettare maggiore franchezza e lealtà.

Che tipo di cambiamenti ha realizzato il papa in questi anni?

In primo luogo il fatto che ora si possa parlare liberamente di tutto. Possono farlo anche quelli che hanno sempre sostenuto che al pontefice romano si dovesse solo pubblico ossequio e che ora non fanno che minacciare scismi. La nostra chiesa usciva da più di trent’anni di silenzio. E soprattutto i teologi hanno subito processi, impedimenti a parlare, cattedre tolte: vigeva il regime di una sorda inquisizione.

Adesso c’è una grande libertà di parola, quindi anche di ricerca, e di conseguenza anche di elaborazione, che non è poco. Da questo punto di vista io promuovo Francesco senza ombra di dubbio, perché ha creato spazi di elaborazione, trasformazione e ripensamento che daranno i frutti al loro tempo.

Se parliamo di sessualità, però, bisognerebbe toccare anche il tema del celibato obbligatorio…

Quanto ha bloccato la recezione del Concilio Vaticano II è stato il terrore degli uomini di chiesa nei confronti della protestantizzazione della chiesa cattolica. Bisogna ripartire da lì per mettere mano a una revisione del ministero che passa anche attraverso il celibato.

Capisco che non sia facile ma se si resta in un clima di antimodernismo, per quanto tiepido, e non si apre un confronto di vera reciprocità fra cattolici e protestanti ci si dovrebbe almeno domandare se in occidente le chiese non stanno contribuendo al loro stesso declino.

Anche sul diaconato femminile il papa alla fine ha frenato…

Sì, si era capito già dalla sua Esortazione dopo il Sinodo per l’Amazzonia che la strada era bloccata. Nonostante la pressione che viene da molte chiese nazionali e da molti vescovi. Francesco vuole le donne responsabili di comunità, ma non appartenenti alla gerarchia ecclesiastica.

Dopodiché, però, resta aperta la questione che l’unico esercizio di autorità nella chiesa cattolica è in mano alla gerarchia ecclesiastica. Purtroppo, la “devozione” che Bergoglio ha per il doppio principio mariano-petrino è incrollabile!

Il problema è proprio questo: nella chiesa cattolica la gerarchia, quindi il potere, ce l’hanno quelli che trattano il sacro. L’identificazione del sacro con il potere: se non si tocca quella...

Il problema della chiesa cattolica è chi gestisce il potere, chi prende le decisioni, chi interviene nelle nomine, chi garantisce l’apparato. Se prendiamo le distanze da una religione del sacro risolviamo, se non tutto, anche molto del resto.

Non c’è il rischio che anche l’immagine del papato si possa deteriorare allo stato attuale delle cose?

La riforma del papato fa parte delle riforme di cui ha bisogno la chiesa. Dovrebbe essere “ad tempus” e la forma della chiesa non dovrebbe essere quella di una monarchia assoluta, sia pure illuminata. In fondo, con la sua rinuncia Benedetto XVI ha salvato il suo pontificato.

D’altro canto, la vera riforma che Francesco avrebbe voluto fare fin dall’inizio era quella di dare più potere alle diverse conferenze episcopali, e questo avrebbe significato almeno un iniziale decentramento.

Ha prevalso anche qui la paura di una sorta di anglicanizzazione della chiesa cattolica… Eppure, prima o poi bisognerà riconoscere che lo Spirito può soffiare anche al di fuori della chiesa cattolica: lo annuncia il vangelo, e, a volte, lo conferma la storia.

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