L’edizione 2026 non sarà più quella dell’uovo di Colombo. Nel 1994 per la prima volta il calcio usciva dai suoi confini naturali, Europa e America Latina, per approdare in una terra incognita. Fu un successo di pubblico (52 partite con una media di 68.000 spettatori) e di ascolti (32 miliardi di telespettatori). Fare meglio sarà difficile
Usa ’94, ma con trentadue anni in più. Invecchiano anche le leggende, perché non dovrebbero farlo le manifestazioni? Il Mondiale del 2026 non sarà più quello dell’uovo di Colombo. Nel 1994 per la prima volta il calcio usciva dai suoi confini naturali, Europa e America Latina, per approdare in una terra incognita. «Il calcio trova l’America», titolarono alcuni quotidiani. Come se il soccer fosse una novità. Invece non lo era.
Lo praticavano già 16 milioni di americani, era uno degli sport preferiti tra i giovani del college e delle università. Altri dati si trovano nel bel libro Storia della Coppa del Mondo di calcio dei docenti Riccardo Brizzi e Nicola Sbetti.
«Uno sport per giovani e immigrati», scrisse il New York Times alla vigilia della competizione. Lo stupore, in fondo, lo crearono quelli abituati a rappresentarsi padroni del pallone. Cioè noi. «È come se noi avessimo chiesto di organizzare le World Series di baseball», commentò un dirigente della federazione brasiliana poco dopo l’assegnazione dell’evento. Ma il successo fu palpabile.
Da quel Mondiale uscirono le immagini che hanno segnato l’infanzia dei boomer di oggi: Higuita scorpione, Baggio divin codino, la tragedia di Escobar ucciso per un autogol, la culla di Romario e Bebeto, la chioma rossa di Lalas. Fu un successo di pubblico (52 partite con una media di 68.000 spettatori) e di ascolti (32 miliardi di telespettatori). Fare meglio sarà difficile.
Le novità
Tra due anni mancherà lo stupore. Ma non le novità, quelle ci sono sempre. Per esempio la Coppa del Mondo si disputerà per la prima volta in tre paesi: Canada, Usa e Messico. E dal 2002, anno dei Mondiali in Corea e Giappone, il numero degli stadi è salito a quota 16. Non tutti ideali per giocare a calcio, a quanto pare.
Lo si è visto in Copa America, manifestazione disputata proprio negli Usa, biglietto da visita per il Mondiale che verrà. Il problema campi è stato sollevato dopo la partita d’esordio tra Argentina e Canada giocata ad Atlanta. Si sono lamentati tutti: dai giocatori ai dirigenti, arrabbiati e frustrati dalle condizioni del terreno di gioco e troppo piccolo per essere (quello) vero.
Il ct della nazionale argentina Lionel Scaloni ha attaccato l'organizzazione per aver deciso di cambiare il terreno a soli due giorni dal match. «Meno male che abbiamo vinto, altrimenti parlarne sarebbe stato visto come cercare una scusa: sono sette mesi che sapevamo che avremmo giocato qui, e hanno cambiato l'erba due giorni fa. Lo stadio è bellissimo, l'erba sintetica sarà sicuramente spettacolare, ma sinceramente non è adatta a questo tipo di giocatori».
Espn ha raccontato nel dettaglio le scelte che dovranno essere fatte: «I pessimi campi da gioco degli Stati Uniti in Copa América influenzeranno il Mondiale del 2026?». Certo la combinazione di stadi della NFL, della MLS e di stadi multiuso, con sei sedi che hanno utilizzato erba artificiale e otto con erba naturale, ha avuto un peso. Perché tutto fosse ok, le condizioni dei campi sono state standardizzate stabilendo che ogni stadio doveva essere adeguato per conformarsi alla necessità di 100 metri per 64 (un campo tradizionale misura 105x68 m) e di un prato con una densità di 25 millimetri. Lo sanno tutti che le misure contano.
Erba artificiale
Da qui a due anni, però, alcune cose dovranno cambiare. Secondo i regolamenti Fifa, otto campi che normalmente utilizzano erba artificiale saranno tenuti a installare superfici temporanee in erba naturale. Sempre a Espn, Alan Ferguson, capo esperto dei campi della Fifa, ha spiegato che tutti i campi saranno del tipo ibrido, dove una piccola percentuale di fibre artificiali è intrecciata con l'erba naturale per creare una superficie più robusta.
«È importante che questi campi si comportino e appaiano il più identici possibile», ha detto Ferguson. «Che si tratti di uno stadio in Canada, nel Midwest degli Stati Uniti o giù nelle montagne del Messico, vogliamo che ci sia coerenza con ciò che un giocatore sente sotto i suoi piedi. Per noi, si tratta di garantire la consistenza della giocabilità per il calciatore».
Intanto gli Usa qualche domanda sulla World Cup ’26 se la sono fatta. Con noi, dall’altra parte del mondo, ormai abituati a sapere che c’è una bella differenza dopo tre decenni. La Cnn ha scritto che l’edizione di questa Copa America ha fatto registrare diversi record di ascolto. E rispetto al 1996, anno in cui prese forma la Major League Soccer, Lionel Messi chiama Miami casa e il mondo si sta preparando a tornare negli Stati Uniti. Che ha però una nazionale in crisi.
Gregg Berhalter è stato licenziato a dieci mesi dal suo secondo incarico come allenatore, nove giorni dopo l’uscita dalla Copa per mano di sua Cenerentola Panama. Il portavoce della federazione, Neil Buethe, ha detto che l’obiettivo «immediato è trovare un allenatore che possa massimizzare il nostro potenziale mentre continuiamo a prepararci per la Coppa del Mondo del 2026». Vedremo.
© Riproduzione riservata