Nell’informativa dei carabinieri il ruolo dei servizi israeliani per fornire dati utili all’azienda partecipata dal governo. I report su Amara. Indagato Speroni, capo degli affari legali della spa. I documenti lasciati sotto il suo zerbino per delegittimare gli accusatori di Descalzi. Eni: «Non eravamo a conoscenza di attività illecite di Equalize»
Un’inchiesta si allarga e svela trame degne di una spy story firmata da le Carrè. Come ad esempio l’incontro tra gli hacker spioni al servizio del potere di via Pattari 6 e gli israeliani per discutere di Eni, «cliente», peraltro, della stessa squadra finita sotto i riflettori della procura antimafia di Milano. Nel mirino dei magistrati, infatti, è finito anche Stefano Speroni, il potente capo degli affari legali di Eni: l’accusa è di concorso in accesso abusivo a sistema informatico.
Gli inquirenti stanno di fatto provando a far luce sui rapporti tra Equalize (la società degli spioni) e il colosso partecipato dal governo. Il nome Eni compare di continuo negli atti dell’accusa, tanto che gli investigatori dell’Arma di Varese scrivono che sul legame tra le due sarà scritta un’informativa a parte «visto il grande quantitativo di materiale ed il notevole interesse investigativo dei temi trattati».
Servizi e zerbini
Nell’informativa dei Carabinieri la società energetica è definita «cliente strategico» di Equalize. «Stamattina ho fatturato cinquantamila a Eni». Così l’ex “super poliziotto” Carmine Gallo, finito ai domiciliari, metteva al corrente il “socio” della Equalize, l’indagato Enrico Pazzali, il manager della destra e presidente della Fondazione Fiera Milano. I detective in riferimento ad alcuni importanti clienti di Equalize, tra cui Eni, segnalano un’anomalia, e cioè l’assenza di questi nomi dal foglio clientela in possesso degli indagati: «Tali mancati inserimenti potrebbero essere motivati dal fatto che le lavorazioni sono iniziate nel 2022 (data in cui non si ha contezza dell’utilizzo dello “Smartsheet”), oppure che le richieste di accertamenti abbiano percorso altri canali differenti e venga anche meno la necessità di monitorare lo stato di avanzamento lavori per la relativa fatturazione e contabilità (pagamenti in nero o contratti di fornitura e servizio, attività illecite non registrate)». Le indagini proseguono, per capire in che modo Eni avrebbe formalizzato il rapporto con la società di spioni sotto inchiesta. Anche perché negli uffici dell’azienda di Pazzali e Gallo sono stati trovati documenti riservati della società di stato.
Ma la vicenda che potrebbe creare ulteriore imbarazzo a Eni e al governo è l’utilizzo dei servizi offerti da Gallo e Pazzali per verifiche sui grandi accusatori in processi storici che hanno segnato la storia del colosso. Si tratta dei «dossier su Amara e Mazzagatti». Piero Amara è l’ex legale esterno di Eni che ha riempito verbali con accuse contro l’azienda. Una vicenda intricata che ha travolto i pm storici del processo Eni-Nigeria. Ora quella vicenda, però, si arricchisce di un capitolo nuovo: per comporre i dossier su Amara e Francesco Mazzagatti (partner di Amara, ndr) il gruppo Gallo ha consultato anche banche dati in uso alla polizia. La natura del rapporto tra il gruppo e il potente cliente è spiegato dagli indagati : «Quella roba di Eni...è figlio degli incarichi che abbiamo».
E così torniamo all’indagato Speroni. Il capo degli affari legali di Eni che, quattro anni fa, ha riferito alla procura di Milano di aver ricevuto il 5 gennaio del 2020 una serie di documenti bancari contro i “nemici” di Eni. Speroni sosteneva di aver trovato sotto lo zerbino di casa sua, del materiale delicato, fatto recapitare in maniera anonima. Per magistrati la versione di Speroni era «inverosimile».
Ma è nell’informativa di quest’ultima indagine che è possibile trovare una chiave alla risoluzione di quel misterioso ritrovamento sotto lo zerbino e mette in relazione Eni al lavoro sporco di Equalize. Uno degli hacker intercettati, infatti, ricostruisce come è nato il rapporto con Eni: «Perché Eni ci chiama? Uno, perché c'è Enrico Pazzali... e perché Samuele e Carmine (Gallo, ndr) fanno le indagini». Per poi aggiungere e tirare in ballo niente di meno che Claudio De Scalzi, l'amministratore delegato: «Montiamo tutta la pantomima, non lo sapeva nessuno, solo... Descalzi e Speroni...Speroni li trova sotto lo zerbino... te la ricordi tutta la cosa? Io posso vincere quasi il premio oscar quando mi metto a fare ste cose... ti ho fatto un’indagine pilotata».
Circa un anno prima, un altro dialogo era riferito sempre al metodo dello zerbino usato per consegnare documenti a Eni: «Basta lasciare una busta nello zerbino di casa...noi abbiamo assistito un’azienda… c'ha un cane a sei zampe, c'avevano buste sotto gli zerbini tutti i giorni eh!».
Una frase che suona come una confessione, pur sempre da riscontrare, che potrebbe essere utile anche in altri procedimenti passati sul colosso di stato. Chi sapeva dell’operazione “Zerbino” in Eni? A questa, e altre, domande l’indagine proverà a rispondere.
Intanto la società ha risposto a Domani confermando il rapporto d’affari con Equalize, «ma di non essere al corrente di sue attività illecite». Sull’affaire “zerbino” ha invece spiegato che all’epoca «non aveva relazioni con Equalize» e che «il materiale rinvenuto» da Speroni era stato consegnato alla procura. Inoltre ha aggiunto che «ovviamente non se ne conosceva, e tuttora esula dalla conoscenza di Eni, l’autore e il mittente degli stessi».
Servizi israeliani
Nelle carte è documentato anche un incontro tra Nunzio Calamucci, l’hacker arrestato, con due israeliani legati ai servizi segreti e con buone entrature «nell’Opus Dei». Calamucci presentava il suo team come «mercenari dell’intelligence». La proposta sul tavolo era: «In cambio dei servigi del gruppo agli israeliani per l’ottenimento d’informazioni finanziarie ricavate dalle Banche Dati Strategiche Nazionali quali e l’esfiltrazione delle movimentazioni bancarie riguardanti asset strategici russi in Italia ed in Europa, forniranno al gruppo vantaggi economici e gli aiuteranno nel raccogliere informazioni per Eni utili a screditare Amara e Mazzagatti».
O più in generale avrebbero barattato «l’acquisizione e la vendita d’informazioni per le necessità di Eni Spa». Tema che ingolosisce la squadra di Gallo e Pazzali. E concordavano di parlarne con Speroni, «il loro contatto in Eni», il braccio destro di Descalzi.
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