L’indagine sulla filiale italiana di Amazon ricalca altre inchieste recenti e conferma l’esistenza di un sistema consolidato, che va dalla logistica alla vigilanza privata. È la ventunesima indagine dei pm milanesi nel settore della logistica, dove sono frequenti casi di lavoratori sfruttati costretti a passare da una società all’altra; realtà da cui sono formalmente assunti ma spesso lasciati senza contributi.

Negli ultimi anni le mosse della procura di Milano hanno portato alla restituzione al Fisco di 500 milioni di euro da parte di colossi della logistica. Una volta scoperte, le società hanno poi proceduto a internalizzare i dipendenti, prima in balìa di finte cooperative: sono stati stabilizzati circa 14mila lavoratori e a 70mila è stato aumentato lo stipendio.

Una Piattaforma di filiera

Per combattere queste esternalizzazioni selvagge, che sfociano nel caporalato e in evasione fiscale e contributiva, negli ultimi tempi si sono fatti passi avanti. Ma gli effetti concreti non sono immediati. Ne è un esempio il Protocollo per la legalità negli appalti sulla logistica firmato il 18 luglio tra la prefettura di Milano, regione Lombardia, le associazioni datoriali e i sindacati confederali.

Il tutto in una regione che si è mostrata permeabile alle infiltrazioni della criminalità organizzata e con una tutela dei lavoratori a volte carente. Mancanze a cui dovrebbe rispondere un progetto di legge, presto approvato dalla regione Lombardia, che disciplinerà gli insediamenti per la logistica.

L’accordo di giovedì prevede l’istituzione di una “Piattaforma di filiera”: uno strumento per le imprese che, in collegamento con altre banche dati, renderà accessibili le informazioni degli operatori economici della filiera. Inoltre, sarà introdotto un sistema di premialità per chi aderirà alla Piattaforma. Tra i sostenitori del Protocollo c’è Attilio Dadda, presidente di Legacoop Lombardia (la principale associazione delle cooperative): «È da due anni che insieme a tanti colleghi, in accordo con prefettura e Politecnico, lavoravamo a un documento innovativo».

C’è chi ha detto no

L’accordo è stato firmato da Legacoop, Confcooperative, Agci e Assoram, ma sono rimasti esclusi (per propria volontà) altri big dei trasporti e della distribuzione: da Confetra ad Assologistica fino a Fedit. «Speravo in una sottoscrizione più ampia, ma molti interlocutori presenti ai primi tavoli di lavoro si sono sfilati strada facendo – dice Dadda a Domani – Tutte le associazioni imprenditoriali dovrebbero aggiungere la loro firma e lo stesso vale per i sindacati autonomi, che non hanno colto la portata di questo protocollo».

Un altro limite, ha rilevato l’associazione Adapt, riguarda la Piattaforma di filiera, che sarà costruita tramite la raccolta di una serie di parametri delle aziende: la regolarità fiscale e contributiva, l’assetto e la struttura dirigenziale, lo stato effettivo dei rapporti di lavoro. Il sistema sarà alimentato su base volontaria da parte delle imprese coinvolte nelle filiere di appalti e subappalti. «L’adesione è sì facoltativa, ma poi è pubblica la condivisione dei dati. Di più non potevamo fare, un intervento vincolante spetta al legislatore», aggiunge Dadda.

Il Protocollo prevede poi che le aziende aderenti siano chiamate a caricare sulla Piattaforma tre tipologie di documenti, con onere di costante aggiornamento. Dovranno dedicare tempo e risorse a questa attività, con uno sforzo anche di carattere burocratico. Su questo Dadda non si mostra preoccupato: «È un aggravio dei costi per l’ennesimo bollino, ma imprese e cooperative sono abituate a muoversi in un ambiente complesso. E poi in questo caso è a fin di bene, a conferma della loro conformità alla legge».

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