- Il governo fa fatica a imporre la sua linea al parlamento, e per la seconda volta in una settimana viene battuto per quattro volte dagli stessi partiti della sua maggioranza. Il premier, prima di vedere i capi delegazione, ha incontrato Sergio Mattarella per annunciargli l’incontro con i partiti.
- Un pasticcio politico in cui i gruppi di maggioranza si sono mossi in ordine sparso e che vede appunto protagonisti soprattutto Movimento 5 stelle, Pd, Lega e Italia viva e, dall’opposizione, Fratelli d’Italia.
- Era già successo la scorsa settimana, al Senato, quando l’aula stava esaminando il decreto che ha prorogato lo stato di emergenza.
Niente soldi all’ex Ilva di Taranto per la decarbonizzazione, niente rinvio dell’aggiornamento delle graduatorie da dove vengono pescati gli insegnanti da mettere in cattedra e niente riduzione del tetto massimo per l’uso dei soldi contanti.
Il governo fa fatica a imporre la sua linea al parlamento, e per la seconda volta in una settimana viene battuto per quattro volte dagli stessi partiti della sua maggioranza. È successo durante l’esame del decreto Milleproroghe in commissione Affari costituzionali alla Camera, durante una seduta notturna in cui sono state approvate alcune modifiche su cui l’esecutivo di Mario Draghi non era d’accordo.
Un pasticcio politico in cui i partiti di maggioranza si sono mossi in ordine sparso e che vede appunto protagonisti soprattutto Movimento 5 stelle, Pd, Lega e Italia viva e, dall’opposizione, Fratelli d’Italia. Una pratica inusuale che certifica che la maggioranza che sostiene Mario Draghi è sempre più in difficoltà. Ieri sera il premier ha convocato tutti i capi delegazione dei partiti per chiedere un chiarimento e inviare un avvertimento: o i partiti garantiscono i voti sia alla Camera sia al Senato, oppure il governo non può andare avanti. Prima ancora era salito al Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per annunciare la strigliata ai partiti.
Era già successo la scorsa settimana, al Senato, quando l’aula stava esaminando il decreto che ha prorogato lo stato di emergenza. In quel caso, una maggioranza alternativa, composta anche da parlamentari della Lega e del M5s vicini alle tesi no green pass, ha permesso l’approvazione di emendamenti che alleggeriscono le misure per i non vaccinati.
In questo caso presidiavano i lavori diversi sottosegretari: Laura Castelli e Alessandra Sartone per l’Economia, Deborah Bergamini per il ministero per i Rapporti con il parlamento. Durante la riunione con Draghi, il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, esponente del Movimento, ha ribadito la richiesta di poter visionare prima le bozze dei provvedimenti governativi in modo da poterle sottoporre anche ai suoi gruppi parlamentari.
Salta la norma per l’ex Ilva
Una delle quattro modifiche approvate senza il consenso del governo riguarda l’ex Ilva di Taranto. Ed è quella che ha fatto irritare di più il presidente del Consiglio.
L’articolo 21 del decreto Milleproroghe era stato contestato da Pd e M5s subito, appena il provvedimento d’urgenza era uscito dal Consiglio dei ministri a fine dicembre. Prevedeva che i fondi sequestrati alla famiglia Riva, che dagli anni Cinquanta ha guidato il primo gruppo siderurgico italiano e tra i principali gruppi europei dell’acciaio, potessero essere utilizzati non solo per il risanamento e la bonifica ambientale dei siti di Taranto inquinati, ma anche per consentire ad Acciaierie d’Italia, che gestisce oggi la fabbrica ionica, di continuare a produrre acciaio e restare in vita puntando alla decarbonizzazione.
Una norma che avrebbe dirottato sull’acciaieria 575 milioni di euro. Ma Pd e M5s hanno fermato il trasferimento, opponendosi al governo e facendo approvare un emendamento che ha cancellato interamente la norma. Il centrodestra, invece, ha votato contro.
Nella prassi i partiti di maggioranza che appoggiano il governo dovrebbero seguire le indicazioni date da sottosegretari e relatori (che in questo caso erano due), respingendo le modifiche che ricevono parere negativo. Ma in questa occasione ad essere contraria alla norma era anche una delle due relatrici, Daniela Torto del M5s. L’altra, Simona Bordonali della Lega, ha seguito l’indicazione del governo dando parere contrario alla soppressione dell’articolo sull’Ilva. Ma le indicazioni non sono state sufficienti e il governo ha dovuto subire la decisione dei due partiti.
Più contante
Il secondo inciampo ha riguardato un emendamento presentato dall’opposizione, firmato da Fratelli d’Italia. Per un solo voto di scarto è passata la seguente modifica retroattiva: dal primo gennaio 2021 il tetto massimo per poter utilizzare il contante non scende, rimane a 3mila euro (doveva scendere a 2mila euro). Stessa cosa dal primo gennaio 2024, quando avrebbe dovuto ridursi a mille euro.
Gli insegnanti
I partiti hanno litigato anche sulla scuola. Il governo e le due relatrici avevano riscritto un emendamento di Forza Italia sulle graduatorie ad esaurimento, gli elenchi da dove vengono pescati gli insegnanti da mettere in cattedra a settembre a seconda del punteggio che hanno raggiunto negli anni precedenti. Questi punteggi vengono aggiornati quasi tutti gli anni, ma capita che ne venga posticipato il termine. L’emendamento chiedeva proprio questo, di spostare l’aggiornamento dei punteggi alla fine del prossimo anno scolastico. La riformulazione delle modifiche presentate dai partiti è una delle facoltà che l’esecutivo e i relatori di maggioranza hanno durante i lavori, serve per accogliere le richieste dei parlamentari smussando i punti più critici delle norme.
In questo caso però Il Movimento 5 stelle, Fratelli d’Italia e Coraggio Italia hanno condiviso le modifiche e hanno deciso di votare contro. La modifica quindi non è passata.
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