Non vince la Premier League dal 2013 e la Champions dal 2008, ma è il secondo club ad aver speso di più nelle ultime cinque stagioni per acquisti: 773 milioni di euro. La cifra che fa più paura è il saldo delle ultime dieci stagioni: meno 1,348 miliardi di euro. Dopo l’addio di Ferguson sono stati cambiati otto allenatori, e adesso ten Hag rischia di essere il prossimo a saltare
Maggio 1968. L’11 il Manchester City guidato da Joe Mercer vince il suo secondo titolo inglese all’ultima giornata sui rivali cittadini del Manchester United, che di titoli ne avevano già sette. The Citizens possono festeggiare con insolenza sotto il naso dei Red Devils, ma solamente per diciotto giorni, perché il 29 maggio, a Wembley, Best e compagni strapazzano il Benfica di Eusébio e conquistano la loro prima Coppa dei Campioni, la prima peraltro del calcio inglese, cancellando tutte le precedenti celebrazioni dei cugini.
Una trentina d’anni più tardi, il 30 maggio 1999 il City vince la finale dei playoff a Londra contro il Gillingham ai rigori e torna in Premier League, dopo la retrocessione dell’anno precedente, mentre nello stesso mese lo United fa addirittura il Treble, vincendo campionato, FA Cup e la sua seconda Champions League, offuscando così per la seconda volta nella storia un’affermazione del City.
Nel maggio del 2023 a Manchester il mondo si è rovesciato, la squadra di Guardiola ha vinto la sua prima Champions League e il suo nono campionato, mentre quella allenata da ten Hag si è dovuta accontentare della Coppa di Lega, l’ultimo dei trofei del calcio inglese.
La Spendaccioni League
Uno United che non vince la Premier League dal 2013 e la Champions dal 2008, nonostante la ricchezza del calcio inglese in questi ultimi vent’anni sia aumentata a dismisura rispetto ai concorrenti europei, e nonostante i Red Devils siano il secondo club ad aver speso di più nelle ultime cinque stagioni nella campagna acquisti: 773 milioni di euro, dietro il Chelsea con 782. Il Real Madrid con 218 è solo sedicesimo nella classifica redatta da CIES Football Observatory.
Nelle prime cinque posizioni ci sono solo club inglesi, ma le cifre che fanno più paura sono altre, come il saldo delle ultime dieci stagioni: Manchester United meno 1,348 miliardi di euro, Chelsea meno 1,042 miliardi, Psg meno 959 e nella prima decina fa capolino il Milan con un saldo negativo di 561 milioni di euro. Se invece prendiamo in esame la movimentazione – sempre degli ultimi cinque campionati – tra entrate e uscite il Chelsea è primo con 2,572 miliardi di euro, City 1,726, Psg 1,404, una classifica che vede come unica italiana la Juventus: quinta con una movimentazione di 1,298 miliardi di euro.
Ovviamente in tutte queste graduatorie è presente il Barcellona con un saldo negativo di 231 milioni nelle ultime cinque stagioni, meno 661 nelle ultime dieci e una movimentazione negli ultimi cinque campionati di 1,333 miliardi di euro.
Un’ulteriore sottolineatura: le ultime dieci Champions League sono state vinte da Real Madrid 5, Barcellona, Bayern Monaco, Chelsea e Manchester City; tanto per ricordare che spendere e spandere a casaccio non sempre porta risultati sportivi, leggasi Psg.
Dizionario di una crisi
Ora, la crisi in casa del Manchester United sembra senza fine, ma la storia di questo club è fatta di alti e bassi, e di tante cicatrici. Molto bene negli anni Cinquanta, segnati dalla tragedia aerea di Monaco di Baviera, molto bene nei Sessanta, ma dopo l’ultimo titolo del 1967 avrebbe rivinto il campionato solo nel 1993.
Nei Settanta solo una FA Cup e una retrocessione in Seconda Divisione per rinascere negli Ottanta e tornare grande in Inghilterra e in Europa nei Novanta e nei primi Duemila, sotto la guida di Alex Ferguson. Prese la squadra nel 1986 per lasciarla nel 2013, vincendo 39 trofei; comprese le Charity Shield. Gli ultimi suoi dieci anni in panchina hanno coinciso con la nuova proprietà del club, quella famiglia Glazer che nel 2005 concluse la scalata allo United, iniziata nel 2003, per una cifra intorno ai 790 milioni di sterline. I già proprietari dei Tampa Bay Buccaneers, franchigia della NFL, ne versarono 270. Il resto faceva parte di un’operazione di leveraged buyout – operazione di finanza che consiste nell’acquisire una società con denaro preso a prestito dalle banche – una manovra molto criticata dai tifosi perché quei prestiti sono stati fatti ricadere sulle casse del club.
A dicembre dello scorso anno il cambio tanto atteso alla guida della società, con l’ufficializzazione dell’accordo in base al quale il presidente di INEOS, Sir Jim Ratcliffe, acquisiva il 25% delle azioni di classe B del Manchester United e fino al 25% delle azioni di classe A, oltre a fornire altri 300 milioni di dollari destinati a futuri investimenti.
Secondo quanto sostenuto da Sky Sports UK, la cifra totale spesa è stata di 1,2 miliardi di sterline. Jim Ratcliffe adesso ha il controllo delle operazioni sportive, oltre ad avere voce in capitolo nella parte commerciale controllata dalla famiglia Glazer, la quale si è tenuta la fetta più interessante, considerando che dal 2003 a oggi il Manchester United ha prodotto qualcosa come 9 miliardi di euro di ricavi, fonte Deloitte.
La sarabanda in panchina
Il problema, però, più che economico – in generale non pare riguardare i club inglesi – sembra tecnico e sportivo. Il dopo Ferguson ha registrato una sola vittoria internazionale, l’Europa League nel 2017 con Mourinho in panchina, e altri cinque trofei, tra FA Cup, Coppa di Lega e Charity Shield. Sono più di dieci anni che non vince la Premier e quasi tutti gli allenatori che si sono succeduti sulla panchina dello United, se vogliamo escludere il mago di Setubal, hanno fallito: da Moyes a van Gaal, da Solskjaer a Rangnick, fino a ten Hag, lasciando perdere chi ha lavorato ad interim.
L’olandese ha perso il 28% delle partite in competizioni ufficiali, la più alta percentuale di sconfitte per un allenatore con almeno 100 gare con i Red Devils dai tempi di Tommy Docherty nel 1977 (28,5%). Dalla prima alla seconda stagione la percentuale di vittorie era già calata dal 66,13 al 48,08%, attualmente è al 25 per cento: andare avanti con lui è un accanimento terapeutico, al quale si aggiunge un mercato sbilenco che ripete sempre gli stessi errori senza mai rinforzare veramente la squadra.
Colpa dell’allenatore, certo, ma anche di una società che non è mai sembrata capace, almeno nell’ultimo decennio, di invertire la rotta e affidarsi a persone competenti, che amino il calcio e il Manchester United.
Il club che gioca all’Old Trafford, il Theatre of Dreams trasformatosi nel Theatre of Fears, continua, comunque, a essere una macchina da soldi, con uno sponsor tecnico che nei prossimi dieci anni garantirà 900 milioni di sterline e ricavi che oscillano tra i 500 e i 600 milioni l’anno – con picchi sopra i 700 –, calati durante la pandemia e poi prontamente risaliti.
Un monte ingaggi raddoppiato negli ultimi dieci anni – in linea, comunque, con la media dei top club –, e oltre due miliardi di sterline spesi in undici stagioni sul mercato, però, avrebbero dovuto portare ben altri risultati sportivi: ma i ritorni di Pogba e Cristiano Ronaldo, passando per Antony, strappato per 95 milioni di euro all’Ajax, arrivando poi a Sancho, Casemiro, Onana, Maguire, van de Beek e Varane – giocatori che sono costati dai 40 ai 90 milioni di euro a testa –, non hanno fatto fare il salto di qualità al Manchester United, diventando parte del problema.
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