Per due anni e mezzo Vincenzo Coviello ha spazzolato gli archivi elettronici di Intesa Sanpaolo e adesso racconta di aver agito da solo per saziare la sua curiosità. Ma prima di chiedersi il perché di una simile azione, vale la pena immaginare un possibile committente. Solo così si possono ipotizzare le ragioni di cotanta ingordigia nel divorare certe informazioni
Per due anni e mezzo il bancario Vincenzo Coviello ha spazzolato gli archivi elettronici e adesso racconta di aver agito da solo ed esclusivamente per saziare la sua famelica curiosità. Se così fosse, ci troviamo a un emblematico caso di “onanismo finanziario” senza precedenti. Se invece ci sono un mandante e un movente, la situazione assume un assetto radicalmente diverso.
Prima di chiedersi il perché di una simile azione, che rasenta la cronicità criminale, forse vale la pena immaginare un possibile committente. Proprio individuando chi può aver spinto l’ormai ex funzionario a prendere certe iniziative si possono ipotizzare le ragioni di cotanta ingordigia nel divorare certe informazioni.
La varietà dei soggetti il cui conto è stato “auscultato”, non solo per sincerarsi che fosse in buona salute, porta a non escludere nessuno dal novero degli interessati a entrare in possesso di certi segreti. Il primo dei sospettati è ovviamente il crimine organizzato, e si lascia libera scelta nell’individuarne la realtà protagonista. Se la Sacra corona unita è in pole position per aspetti di carattere geografico e la ‘ndrangheta per la propensione a cimentarsi in speculazioni finanziarie, non è che mafia e camorra non vadano a caccia di opportunità idonee a incrementare il rispettivo business.
Mappa del tesoro
Conoscere la consistenza dei conti bancari assomiglia a una dettagliata cartografia nelle mani di un condottiero che vuole conquistare un obiettivo territoriale. Sapere quali siano le movimentazioni e i relativi attori dipinge un affresco in cui si distinguono le relazioni, i contatti, gli affari, i crediti e i debiti. È una sorta di mappa del tesoro per chi vuole fare estorsioni, rapine e furti non volendo trovarsi dinanzi a vittime prive della dovuta ricchezza o dell’auspicata capacità di spesa.
La platea dei ricattatori, a seconda della lista dei possibili committenti, è abbastanza variegata perché in quella truppa si mescolano sciacalli tradizionali e loschi figuri che fanno di certe informazioni soltanto un bieco brokeraggio.
Non interessa solo la quantità delle somme in giacenza, ma la loro qualità: la trasparenza dell’origine della disponibilità di quantitativi di denaro è capace di far tratteggiare il vero identikit di una persona famosa e costituire un evidente tallone di Achille.
Nel caso dei personaggi politici non emergono – tranne in casi di imbecillità conclamata – palesi traffici di denaro sporco o cospicue elargizioni che non trovano spiegazione su questo pianeta. Una analisi delle informazioni consente però di riconoscere l’innesco di certe passioni e simpatie, offrendo spunti di riflessione e di approfondimento.
“Io so che tu sai che io so”
Disporre di certe notizie desumibili da semplici operazioni allo sportello o via internet costituisce un notevole vantaggio competitivo e può fornire le giuste dosi di zavorra con cui frenare la vivacità di potenziali avversari commerciali, industriali e politici, e il passare a setaccio la schiera dei presumibili interessati rischia di far perdere la strada.
L’immortale “io so che tu sai che io so” è un potente grimaldello, ma per temprare la sua forza occorre dimostrare di esser gli unici ad avere un simile vantaggio competitivo. Più sono numerosi gli esemplari di dossier, più sarà facile ottenere sconti e pretendere l’esibizione solo del “materiale” più aggiornato. La dinamicità di certe informazioni impone consultazioni continue, frequenti e pronte a cancellare le risultanze precedenti che sono comunque utili per chi vuole “ogni fascicolo della raccolta a dispense”.
Abbinate le ponderate ragioni di ciascun ipotetico acquirente di simili incartamenti, è d’obbligo chiedersi come individuare il Coviello di turno e su cosa far leva per riuscire ad “arruolarlo”. Il tizio – pescato alla periferia del colosso Intesa Sanpaolo – può essere stato prezzolato oppure essere vittima di insostenibili ricatti proporzionali a trenta mesi di lavoro leopardianamente “matto e disperatissimo”.
Resta un dubbio insolubile. Il “mandante” ha trovato un abile mercenario capace di prove ardite sui terminali della banca oppure il dipendente infedele ha saputo mettersi in contatto con un ricettatore che sapeva a chi consegnare merce così scottante? Se c’è anche un soggetto terzo, la cosa si complica e il futuro si fa ancor più inquietante.
*generale GdF già comandante del gruppo anticrimine tecnologico e ora presidente del Garante privacy di San Marino
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