Ieri Mattarella ha chiesto di ascoltare la voce degli studenti e loro oggi tornano a chiedere un esame di maturità che tenga conto di pandemia e Dad. E la fine dell’alternanza scuola/lavoro
Dopo le cariche della polizia e i pestaggi subito nel corso delle manifestazioni di una settimana fa, gli studenti medi tornano oggi in piazza in alcune delle principali città italiane. Una mobilitazione che arriva il giorno dopo il riconoscimento delle loro domande da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che nel suo discorso di insediamento ha parlato della necessità di ascoltare «la voce degli studenti».
A indire la manifestazione sono sigle come Rete degli studenti medi, Osa nazionale e numerosi altri gruppi e collettivi, come il movimento romano La Lupa. Gli studenti protestano contro la decisione del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi di ripristinare due prove scritte all’esame di maturità.
«Non ci soddisfa perché è una presa in giro, un modo di Bianchi per raccontarci e raccontarsi che va tutto bene e che il peggio è passato», ha detto al portale scolastico Orizzonte scuola Tommaso Biancuzzi, membro della Rete studenti medi. La decisione, prosegue Biancuzzi, non considera invece che «i maturandi di quest’anno hanno vissuto tre anni infernali, prima con la chiusura generalizzata, poi con quelle a singhiozzo e infine con la confusione di questi ultimi giorni. Non tenere conto di questa condizione significa prendersi in giro e cedere alla retorica a discapito dei fatti». Gli studenti chiedono una tesina scritta sotto la supervisione dei loro insegnanti al posto delle prove scritte.
Contro l’alternanza
Almeno per una parte dei manifestanti, però, rimarrà centrale anche nelle manifestazioni di oggi la protesta contro l’alternanza scuola/lavoro, l’utilizzo di tirocini scolastici e la sicurezza sui luoghi di lavoro.
Gli studenti, accusano queste formule di alternanza di ridurre il monte ore a disposizione per la didattica e di complicare il lavoro dei dirigenti scolastici, costretti a cercare aziende con cui stabilire partnership. Attaccano anche la filosofia alla base dell’alternanza che, accusano, considera la scuola come un luogo che deve esclusivamente formare al lavoro, gli stessi temi sollevati alle manifestazioni convocate la scorsa settimana dopo la morte di Lorenzo Parelli, uno studente diciottenne di un istituto professionale, morto l’ultimo giorno di tirocinio in un incidente sul lavoro.
«A Roma abbiamo deciso in assemblea di scendere in piazza anche questo venerdì – dice Pietro Zanchini, studente romano del movimento la Lupa – Protestiamo contro l’Alternanza scuola-lavoro, contro la repressione che ci ha colpiti non solo nelle strade, ma anche nelle scuole con denunce e sospensioni dovute alle sessanta occupazioni di quest’autunno e anche contro la nuova-vecchia maturità, solo l’ultima delle infelici decisioni del governo che non tengono minimamente in considerazione le nostre esigenze».
A Torino, una delle città dove una settimana fa gli scontri sono stati più intensi, il Kollettivo degli studenti autorganizzati ha deciso una mobilitazione dal titolo «Lorenzo vive nella lotta». Ma anche a Milano, Napoli, Genova e altre città gruppi di studenti hanno annunciato manifestazioni contro l’alternanza e i tirocini.
I pestaggi
La speranza di molti è che le manifestazioni di oggi possano procedere in modo più ordinato rispetto a quelle di una settimana fa, che hanno visto scontri anche intensi e decine di feriti. Secondo le ricostruzioni delle forze dell’ordine, venerdì scorso numerosi studenti erano scesi in piazza con l’intenzione di cercare lo scontro con la polizia. Nella sua prima, e fino ad oggi unica, dichiarazione sulle manifestazione, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha incolpato «gruppi di infiltrati» tra gli studenti che puntavano a provocare la polizia.
Secondo numerosi filmati e testimonianze degli studenti che hanno manifestato venerdì scorso, le cose si sarebbero svolte in maniera molto diversa. La forze dell’ordine avrebbero lanciato numerose cariche senza provocazione e adottato un atteggiamento particolarmente repressivo, nonostante i manifestanti fossero in buona parte minorenni e disarmati.
Gli scontri peggiori si sono verificati a Milano e Torino, dove i filmati mostrano gli agenti accanirsi contro ragazzi disarmati e lanciare cariche apparentemente non provocate. Soltanto a Torino, i feriti tra gli studenti sono stati venti, alcuni hanno riportato fratture, altri hanno ricevuto punti alla testa.
Anche domenica 23, durante le prime manifestazioni studentesche che si sono tenute a Roma, gli studenti sostengono la reazione delle forze dell’ordine sia stata particolarmente dura. «I fatti di domenica scorsa a Roma sono stati il primo atto della tragedia di gestione dell’ordine pubblico durante le manifestazioni studentesche di venerdì in tutto il paese», dice Zanchini.
«Non appena il corteo ha mosso i primi passi è stato bloccato dai cordoni di polizia che, pochi secondi dopo, ai primi accenni di pressione sugli scudi, senza alcuna provocazione, senza alcun lancio di oggetti, hanno cominciato a manganellare gli studenti e le studentesse nelle prime linee – dice Zanchini – Gli scontri sono durati qualche minuto e hanno provocato 4 feriti tra di noi, tra cui una ragazza di 14 ani che è stata soccorsa da un medico passante e che è stata medicata in ospedale con 6 punti in testa».
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