La commissione ha votato Capoccia per la procura di Lecce, in passato collaboratore di Meloni. Bocciata la pm del caso Open Arms. A votarle contro la laica Eccher, già avvocata della Lega
Un’unica trama di potere e nomine che parte dalla guerra ai migranti e arriva fino al cuore di Palazzo Chigi e del Consiglio superiore della magistratura. Inizia, cioè, a Palermo, dove nei giorni scorsi la procura ha chiesto sei anni di carcere per il ministro Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona, per aver bloccato, quando guidava il Viminale nel 2019, la nave Open Arms, carica donne, bambini e uomini in fuga da guerre o povertà.
Tre i magistrati dell’accusa che hanno condotto lungo tutte le udienze un processo trasformato dal leader della Lega in un palcoscenico della sua personale propaganda sovranista. Si chiamano Giorgia Righi, Geri Ferrara e Marzia Sabella. Molto esperti di indagini sulla mafia e sul traffico di esseri umani.
Da Palermo spostiamoci in Calabria. Sempre i migranti, con il naufragio di Cutro, sono protagonisti dell’ultima inchiesta della procura di Crotone, guidata da Giuseppe Capoccia. Ora, cosa lega le due storie? Pochi giorni prima della requisitoria con richiesta di condanna per Salvini, il Csm ha indicato Capoccia nel ruolo di procuratore di Lecce.
E fin qui nulla di anomalo. Solo che tra i candidati c’erano inizialmente anche Rosa Volpe, procuratore aggiunto a Napoli, Pina Montanaro, procuratore del tribunale dei minorenni di Taranto, Alberto Santacatterina, sostituto procuratore di Lecce, Angelo Cavallo, procuratore capo di Patti, e Marzia Sabella, la procuratrice aggiunta di Palermo che ha chiesto di condannare Salvini per il caso Open Arms. L’esito del voto ha premiato Capoccia, a Sabella neppure un voto nonostante l’esperienza maturata nella lotta alle cosche, che nel Leccese spadroneggiano.
Da segnalare che nella Quinta commissione che ha scelto Capoccia siedono due togati di Magistratura indipendente (la stessa corrente in cui militava Mantovano) e la laica Claudia Eccher, avvocata, ma soprattutto legale della Lega e di Salvini fino alla sua nomina in Csm. A Capoccia, adesso, manca solo il via libera del plenum per insediarsi nella procura pugliese.
L’incarico con Meloni
Di certo la carriera del magistrato, al momento ancora a Crotone, ha avuto punti di contatto con i protagonisti di questo governo. Nel 2009, infatti, era nello staff dell’allora ministra della Gioventù, una giovanissima Giorgia Meloni. Capoccia era il vice capo del legislativo. In precedenza aveva anche lavorato al ministero dell’Interno, con il sottosegretario Alfredo Mantovano. I due sono concittadini.
Dopo queste parentesi tecniche votate alla politica, dal 2015 al 2023 ha guidato la procura di Crotone: piccolo ufficio, dove ha brillato per aver gestito gli arretrati con ottimi risultati. Tutto è filato liscio, finché il Csm non ha aperto un procedimento sul suo conto, che si è chiuso con l’archiviazione. I giudizi, tuttavia, non sono tutti positivi.
Tra i negativi, uno in particolare pesa più di altri per la caratura di chi lo ha espresso: Pietro Curzio, primo presidente della corte di Cassazione. Reputava «che i comportamenti di Capoccia, che sono stati definiti unanimemente leggeri o inopportuni, siano indice del fatto che quel magistrato non conosce la sua professione, fra i cui compiti non rientrano le attività poste in essere nella vicenda dello stadio della città di cui era procuratore, a maggior ragione in un territorio difficile come quello calabrese.
Per queste ragioni preannuncia il proprio voto a favore della non conferma», si legge nel verbale del plenum del 2022, che poi ha “assolto” Capoccia, al quale contestavano un incontro con Raffaele Vrenna, all'epoca patron del Crotone calcio e indagato per ‘ndrangheta, dato di cui il magistrato non era a conoscenza. L’incontro, alla presenza di terzi, era finalizzato a risolvere la questione del campo di calcio dove giocava la squadra locale.
Il procedimento disciplinare verteva in particolare sulla mancata iscrizione nel registro degli indagati del sindaco, ma è stato chiuso con la definitiva assoluzione per insussistenza del fatto. Acqua passata. Intanto ha chiuso l’indagine sul naufragio di Cutro, con sei ufficiali (tra finanza e guardia costiera) sotto inchiesta.
Colpito il livello operativo sul territorio. Nessuna responsabilità ministeriale per i mancati soccorsi dei migranti. Capoccia così è pronto a tornare nella sua città, nel feudo di Mantovano, ora amministrato dalla sindaca Adriana Poli Bortone, di chiara fede missina e devota a Meloni.
Gli isolati di Palermo
Se Capoccia viaggia con il vento in poppa, una raffica di attacchi sono arrivati contro i pubblici ministeri di Palermo. Tra gli obiettivi c’è lei, la grande esclusa dalla partita di Lecce: Sabella, Marzia. In famiglia non la sola impegnata a cacciare mafiosi: suo fratello Alfonso ha catturato decine di latitanti della stagione stragista di Riina. Dal canto suo, lei, Sabella, è stata per un anno reggente della procura di Palermo, ma prima ha fatto parte del pool che ha ottenuto la cattura del latitante Bernardo Provenzano, capo dei capi dopo Riina.
Sabella vittima di minacce in queste ore. La sua colpa? Aver difeso i migranti ostaggio del Capitano leghista: «Leggeremo i nomi di queste persone per ricordarle nella loro individualità, perché è anche per ciascuna di loro che chiediamo la condanna dell’imputato», ha detto in aula. La destra l’ha massacrata: «Gli interventi che abbiamo sentito da parte della magistratura a Palermo rappresentano un atto eversivo», ha detto Maurizio Gasparri. Il condirettore di Libero ha definito la magistratura uno dei «cancri del paese».
Ma pochi giorni prima della requisitoria era stato il Csm a chiarire in quale direzione soffia il vento: Capoccia batte Sabella, cinque a zero. Grazie anche al voto dell’ex avvocata a lungo pagata dalla Lega.
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