La storia di Maria Silvia Vaccarezza: «Il prete provò a baciarmi per convincermi del contrario». La sua lettera di denuncia ai vertici di CL e la fine dell’incubo
«Certo che ti piacciono gli uomini: non ti piace sentirmelo duro?». A questo punto, la storia di Maria Silvia Vaccarezza è in caduta libera. Il momento più violento ma anche quello che segna la svolta. Quel giorno aveva vent’anni. Era a casa del sacerdote, in carica tra i capi di Comunione e Liberazione (Cl), che aveva tentato di convincerla della sua non omosessualità dandole un bacio sulla bocca e stringendola al suo corpo. Prima, le era stato detto che la sua omosessualità proveniva da mancanze dei suoi genitori, della sua maestra alle elementari e da traumi infantili.
Maria Silvia si incontrava spesso con il sacerdote: a Genova dove lei frequentava l’università o a Milano, dove lui abitava. Il presidente di Cl nel periodo in cui Maria Silvia era una «ciellina di razza», come si definisce lei, era don Julian Carrón, il diretto successore di don Luigi Giussani, che nel 1954 fondò Cl. È rimasto in carica dal 2005 al 2023. Maria Silvia si è rivolta anche a Carrón, inviandogli una lettera anni dopo l’accaduto, quando grazie alla psicoterapia è riuscita a tradurre quello che aveva vissuto, a livello fisico e psicologico.
Liberazione
Lui ha risposto, senza fare nessun cenno alla violenza (oggi il sacerdote in questione è ancora un personaggio di spicco all’interno di Cl) e mostrando comprensione verso la scelta di Maria Silvia di vivere la sua omosessualità e di lasciare il movimento. «Il sacerdote mi ripeteva che ero chiamata alla santità attraverso la verginità perché ciò che sentivo era contro natura, era la mia “croce speciale”», racconta Maria Silvia.
Se facciamo un passo indietro vediamo Maria Silvia bambina, vive a Chiavari: il papà operaio che insieme a sua madre ha cercato di offrirle le possibilità migliori. «Sono stata iscritta alle scuole private gestite da Cl e tutta la mia formazione è stata all’interno del movimento. Anch’io pensavo che l’omosessualità non fosse un’opzione possibile e quindi ho fatto quello sentivo più giusto: confidarmi con il padre spirituale. La prima volta ero una quattordicenne».
Per altri 15 anni, Maria Silvia ha parlato con sacerdoti a cui confidava i suoi innamoramenti e le «cadute», come si chiamano in gergo religioso le relazioni con persone dello stesso sesso. In risposta ha ricevuto sempre le stesse parole: “Devi scegliere la verginità perché sei chiamata alla santità”. «Ci sono molti modi in cui si chiama l’omosessualità nella Chiesa, per gli omosessuali che non se lo vogliono dire, come ho fatto io per tanto tempo, si parla di amicizia in Cristo, amicizia di preferenza, sorellanza, un’amicizia al destino».
A 18 anni Maria Silvia si è innamorata perdutamente per la prima volta. «A quel punto il mio padre spirituale mi ha detto che era arrivato il momento di iniziare la “verifica”». Un percorso per pochi, sul quale Domani ha chiesto delucidazioni al padre spirituale che ha seguito Maria Silvia e allo stesso don Julian Carrón. «Il cammino di “verifica” consiste esclusivamente in un accompagnamento a cogliere nella propria esperienza i segni che consentono alle persone che lo chiedono di fare chiarezza sulla chiamata che Dio rivolge loro», ha risposto Carrón. Alle sue parole si aggiungono quelle del padre spirituale: «È un percorso in cui i giovani che vogliono considerare seriamente l’ipotesi di dedicarsi a Dio nella verginità verificano, con incontri periodici, la loro vocazione».
La verifica
La verifica di Maria Silvia prevedeva incontri bisettimanali quasi tutti a Milano nella sede centrale di Cl. «Erano soprattutto meditazioni sulla verginità. Le persone che finivano in questi gruppi erano alcuni innamorati respinti, parecchi omosessuali, e sicuramente c’era anche chi credeva nella sua vocazione».
Nessuno ti dice che devi essere “riparato”, ma che devi praticare la verginità. «Io ci andai, ero in una prostrazione psicologica enorme, e a questi incontri si andava definendo che la mia sarebbe stata una vita consacrata. Chi esce dalla verifica ha alcune opzioni: i Memores Domini (contro cui papa Francesco ha lanciato una sua personale crociata commissariandoli nel 2021, ndr), nome tecnico dei laici consacrati, come Roberto Formigoni, oppure il monastero ma solo in alcune realtà particolari approvate dal Cl, come a Vitorchiano».
Il percorso di “verifica della vocazione” prevede segretezza. «Non potevi dire a nessuno, neanche alla tua famiglia, dell’esistenza di questa verifica. Eri impermeabile a ogni possibile confronto». È a questo punto che la storia di Maria Silvia ritorna alla prima frase. Quando la verifica passa nelle mani del sacerdote di quell’incontro a pranzo in cui ha tentato di baciarla. Contattato da Domani, ha negato di ricordare l’episodio. Come lui, l’ex presidente di Cl, Carrón. Nonostante abbia personalmente risposto alla lettera di Maria Silvia in cui veniva menzionata la molestia.
I vertici di Cl hanno risposto alle nostre domande con una nota congiunta.
«Il movimento di Comunione e Liberazione è essenzialmente una proposta di educazione alla fede cristiana, che si rivolge a tutti senza distinzione di alcun genere, anche attinente alla sfera sessuale. L’adesione al movimento e alle sue iniziative è sempre libera. Altrettanto libera è la scelta di rivolgersi (o di non rivolgersi più) a sacerdoti o laici che aderiscono al Movimento per un confronto personale in merito al proprio cammino spirituale».
A cambiare il corso degli eventi nella vita di Maria Silvia è stata la maestra delle novizie del monastero di Vitorchiano a cui aveva chiesto di entrare. «Mi ha scritto una lettera dicendo che non potevo entrare, non perché fossi lesbica, ma perché volevo entrare solo per non affrontare la vita».
Nel frattempo Maria Silvia, che oggi è docente universitaria di filosofia morale a Genova, aveva iniziato a frequentare i corsi per essere abilitata all’insegnamento e passo dopo passo ha smesso di sentirsi sbagliata.
«Nelle prime storie d’amore che ho avuto, durante i rapporti sessuali pensavo all’inferno. Ho smesso da poco. Sono una sedicenne nel corpo di una quarantenne, con un carico di violenza psicologica tale che non posso fermare la psicoterapia. Convivo con un’ansia cronica, che mi è esplosa dopo l’uscita da Cl. Mentre ero dentro vivevo invece forti stati depressivi».
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La precisazione di CL
Egregio direttore,
in merito all’articolo pubblicato oggi su Il Domani a firma di Alessia Arcolaci e dal titolo
«Così dentro Cl hanno cercato di "guarire" la mia omosessualità», precisiamo che:
1) A partire dalle informazioni ricevute dalla giornalista nelle scorse settimane (molto
meno dettagliate rispetto a quelle riportate oggi), abbiamo a suo tempo provato a fare tutte
le verifiche possibili senza però trovare riscontri del grave episodio di violenza raccontato
nell’articolo e risalente a circa vent’anni fa.
2) Nel prendere atto di ciò che leggiamo oggi e al netto del fatto che la conferma della
veridicità dei fatti è evidentemente in capo alle sole persone coinvolte, Comunione e
Liberazione e i suoi responsabili esprimono la loro totale vicinanza alla prof.ssa Maria
Silvia Vaccarezza, profondamente addolorati per ciò che racconta di esserle accaduto e si
rendono anche disponibili a un incontro di chiarimento e di confronto personale, se lei lo
ritiene utile. Quanto emerso è stato segnalato alla Commissione per la tutela minori e
adulti vulnerabili (prevista dal Regolamento che CL ha adottato da tempo e a cui si fa
riferimento nella dichiarazione che vi abbiamo inviato ma che non è riportata integrale)
affinché proceda con le opportune verifiche.
3) Vorremmo anche chiarire alcuni aspetti dell’esperienza della “verifica”, in particolare
relativamente al suo scopo e alle persone che decidono di compierla. Ribadiamo che si
tratta di un percorso spirituale comunitario offerto a chi desidera dedicare la propria vita a
Dio nella verginità e che a tale percorso nessuno, per nessuna ragione (compreso
l’orientamento sessuale), viene indotto a partecipare: ad esso si accede solo su richiesta
della persona in totale libertà, e altrettanto liberamente in qualsiasi momento si può non
partecipare più. Ribadiamo anche che l’eventuale decisione di cominciare un percorso di
vita consacrata, è sempre libera e personale. Come noto, una simile scelta implica per sua
stessa natura la pratica dei consigli evangelici di povertà, obbedienza e castità, secondo
quanto indicato dalla Chiesa. Da ultimo, in merito alla riservatezza: essa non comporta,
come viene scritto, l’impedimento di un confronto (anzi, l’intero percorso di verifica ha
proprio tale scopo) bensì intende garantire la necessaria discrezione, condizione
fondamentale perché qualsiasi discernimento sia davvero libero, come del resto avviene in
qualsiasi percorso che può portare a una vita consacrata.
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La replica di Alessia Arcolaci
Ringraziamo per la replica, che aggiunge un passaggio importante, e cioè che il Movimento si attiverà con verifiche affinché certi fatti non accadano mai più. Riscontriamo tuttavia che CL non ritenga di dover rispondere nel merito del percorso vocazionale suggerito a persone di orientamento omosessuale che si rivolgano a suoi sacerdoti o laici consacrati per avere direzione spirituale.
In merito alle informazioni da voi ricevute sul caso specifico, precisiamo che vi è stato fornito nome e cognome del sacerdote coinvolto e vi è stata comunicata l’esistenza di una lettera inviata all’allora presidente Carron in cui si menzionava la molestia subita, con la sua relativa risposta. Vi è stato specificato anche che la testimonianza riguardava una donna. Infine aggiungiamo che nell’articolo pubblicato era già stata riportata la posizione di CL.
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