Il sindaco meloniano della città siciliana vuole la realizzazione della pista. Ma al momento il terreno è una landa desolata. Gli interessi della criminalità per le corse dei cavalli
«Signor presidente, e dove vuole che sia cominciato il pasticcio? All’ippodromo, nell’inferno del gioco delle corse». L’incipit del celebre film Febbre da cavallo è perfetto per introdurre questa storia ambientata a Marsala, in Sicilia occidentale.
In città tanti sognano la realizzazione di un ippodromo con i soldi del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Tra di loro c’è il sindaco di Marsala, Massimo Grillo, che guida una giunta sostenuta da Fratelli d’Italia e composta da suoi fedelissimi. È lui ad avere avuto l’idea.
Ma a che serve un ippodromo? «In questo quartiere da tanto tempo non si realizzava qualcosa», ha ribadito più volte il primo cittadino promuovendo il progetto. Un progetto che prevede anche la costruzione di un centro sportivo polivalente con annesso campo da padel. In tutto i fondi stanziati ammontano a due milioni e 500mila euro, di questi 800mila sono destinati al rilancio della pista abbandonata.
La zona interessata è in contrada Scacciaiazzo, una delle più periferiche tra le 101 contrade di Marsala (quinta città in Sicilia per estensione). Il sindaco parla di un «quartiere senza servizi», ma in realtà è una landa di terra desolata, un paesaggio quasi western, dove vivono pochissime persone (e pochi sono anche i cavalli).
L’ovale e le galline
Lì dove sorgerà l’ippodromo al momento c’è un cartello, una rete di protezione e galline che beccano tra i cumuli di rifiuti. Dietro si vede la forma ovale di un vecchio impianto costruito negli anni Sessanta, le cui origini sono avvolte nel mistero. Unica cosa nota è la proprietà: questa struttura fatiscente, composta da una stalla e da qualche locale ancora in piedi, è del comune di Marsala.
In mezzo c’è una cava, un buco in parte coperto da detriti e rifiuti. L’impianto non è stato mai terminato. Viene utilizzato per allenare cavalli da corsa (le gare più vicine si giocano a Palermo o Catania), e per qualche corsa clandestina. Il cartello, però, è lì ad alimentare la speranza. Che svanisce appena si guarda la data di fine dei lavori: 17 agosto 2024.
Qualcosa però è accaduto da quando questo posto scordato da Dio è diventato il luogo prescelto per utilizzare i fondi europei e rilanciare il paese afflitto dalla pandemia. Non ci sono più il signor Stefano e i suoi ragazzi, quelli che animavano questo luogo e ne erano i concessionari senza concessione, i custodi non autorizzati. Non si vedono neanche i cavalli e da qualche settimana manco una gallina. Altri segni di avanzamento dei lavori non ce ne sono.
Il primo lotto è stato affidato alla ditta Dibiga Srl di Alcamo, che si è aggiudicata l’appalto con un ribasso del 31 per cento e un’offerta di 403mila euro. La progettazione esecutiva dell’opera è stata invece affidata alla Morphene srl di Reggio Calabria. Al momento si aspetta che qualcosa accada.
Corse clandestine e mafia
In questi anni la pista di Marsala è stata utilizzata per organizzare corse clandestine. Si tratta di un fenomeno che in provincia di Trapani è molto diffuso. A maggio le forze dell’ordine hanno scoperto un ippodromo abusivo a Triscina, frazione balneare di Castelvetrano (città nota tra l’altro per aver dato i natali al mafioso stragista Matteo Messina Denaro).
Le corse venivano trasmesse via Facebook, le scommesse giravano via Telegram. Ogni due settimane, di domenica, si dava fuoco alle polveri. Nove le persone indagate dalla procura di Marsala. La struttura era stata ricavata in un’area sabbiosa distante non più di duecento metri dalle migliaia di case che negli anni hanno invaso la costa selinuntina.
Durante le perquisizioni sono state trovate anche confezioni vuote di medicinali e siringhe per dopare i cavalli. Il titolare della struttura si difende parlando di un «club privato», tra «ragazzi che amano i cavalli». Peccato che sui social venivano pubblicati i video delle estrazioni delle gare e, soprattutto, delle corse tra cavalli.
Movimenti analoghi anche a Trapani, in una vecchia pista ippica posseduta da pregiudicati che si sono appropriati anche di terreni comunali. Nel settore non mancano gli interessi della criminalità organizzata, come dimostrato dall’operazione “Corsa nostra” che, nel 2020, aveva portato all’arresto di nove persone.
La mafia controllava l’ippodromo di Palermo con un sistema di gare truccate gestite da Cosa nostra, che decideva il cavallo vincente e intascava i soldi delle scommesse.
Risalendo indietro nel tempo, sono tanti i collaboratori di giustizia che hanno svelato gli interessi delle cosche per le corse dei cavalli. Ma Marsala sogna di diventare un centro ippico dalle mani pulite, anzi dalle zampe.
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