La presidente del Consiglio è in visita a Caivano, dove negli anni la politica ha promesso ogni genere di intervento. Ma mancano assistenti sociali e vigili urbani e sono fermi i progetti di riqualificazione. Funziona solo la catena dello spaccio e la repressione dello stato
La frase sui lupi, gli stupri e le ragazze ubriache di Andrea Giambruno, compagno della presidente del Consiglio, non hanno solo scatenato un putiferio in Italia e all’estero (ieri sono state riprese da media internazonali, Guardian compreso), ma potrebbero condizionare la visita di Giorgia Meloni al parco Verde di Caivano prevista per oggi.
La presenza della presidente è infatti la prima occasione pubblica per chiarire se la leader condivide o meno il pensiero del compagno sulle donne che devono evitare di ubriacarsi per scongiurare il rischio di violenze. Molti temono che Meloni non parlerà con i giornalisti, ma certamente gli abitanti del Parco Verde sperano che la leader discuta con loro di quanto accaduto nel quartiere. Cioè della violenza sessuale di gruppo subita da due cugine, neanche tredicenni.
Un episodio sconvolgente che ha spinto padre Maurizio Patriciello invitare nel ghetto la presidente del Consiglio. Chi vive al Parco Verde è abituato alle visite di ministri, autorità e politici di ogni schieramento. Dopo ogni orrore che avviene in uno dei quartieri più degradati del paese, si genera in automatico la gara di solidarietà, si assiste a una ridda di dichiarazioni, alla sfilata istituzionale con la promessa di cambiare tutto.
Ma il tempo aiuta a diluire l’indignazione, il ricordo di quanto detto sfuma e il Parco Verde di Caivano resta quello di sempre: un quartiere dormitorio, supermercato a buon prezzo di ogni tipo di droga dove di tanto in tanto sfilano processioni pagane per celebrare le matrone della camorra senza neanche il prete a benedire. Un posto dove lo stato ha la faccia dei carabinieri che fanno il loro mestiere, ma svuotano il mare con un secchiello.
Nell’ultimo anno ci sono stati duecentoventi arresti, ma il discount è sempre aperto. Qualche settimana fa un bambino durante un incontro sulla legalità, ha riconosciuto il capitano dell’arma e gli ha detto: «Sei venuto di notte e hai portato via il mio papà», prima di farsi un selfie con tanto di abbraccio.
Gli assistenti sociali sono totalmente insufficienti (appena tre), misure di welfare cancellate. Con la fine del reddito di cittadinanza è ancora peggio. Molti lavorano per la camorra: vedette, sentinelle, cassieri, la disponibilità di un androne, di una cantina, di una casa, il coinvolgimento di minori e anziani, sono tanti i modi per dare una mano all’organizzazione del traffico di droga.
«Questa mattina mi sono lavato dopo nove giorni, mi sento il male dentro», diceva un tossico a chi scrive durante un giro nel quartiere. Per le strade ogni tanto bisogna prendere aria, fare respiri profondi, sperando invano di allontanare il puzzo dei roghi che arriva fino in gola. È una terra isolata, un’enclave, un “quartiere stato”.
«In comunità abbiamo avuto due ragazzi del parco, ma non li vedrò più perché ora sono in carcere, devono scontare anni e anni di detenzione. Uno dei due è stato reggente del clan per qualche periodo», ci racconta un operatore. Non è solo la paura a tenere le persone lontane durante le omelie, gli eventi pubblici, come l’ultima marcia, ma anche la totale disillusione nei confronti della politica.
La politica ha tradito
Da uno dei palazzi del quartiere è volata giù la piccola Fortuna Loffredo, scaraventata dal balcone dopo aver subito ripetuti abusi sessuali. Era il 2014. Solo un anno prima lo stesso destino era toccato a un altro bambino, Antonio Giglio, morte per la quale non ci sono ancora responsabili. E anche allora, come oggi, i politici si sono messi in fila per promettere.
«Orrore è la parola giusta, ma poi di fronte all'omertà complice dobbiamo fare una rivoluzione civile contro il degrado umano. Dovremo mobilitare il volontariato, le parrocchie, tutte le forze sane per cercare di introdurre elementi di civiltà e di correttezza e anche far leva su tante persone perbene che vivono nel Parco Verde. Servono in questi casi interventi a 360 gradi», diceva il presidente della regione, Vincenzo De Luca, nel 2016 all’arresto del killer della piccola Fortuna. Di quanto detto non si è visto niente, di anni da allora ne sono passati sette. Oggi De Luca propone, invece, l’assedio militare.
Nell’aprile 2022, dopo l’assegnazione della scorta a padre Maurizio, il governatore partecipava a un tavolo con l’allora ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese. «Dobbiamo bonificare quell'area. C’è una sinergia importante tra tutte le istituzioni», diceva Lamorgese prima di annunciare un protocollo d'intesa «per sottrarre i giovani dalle mani della criminalità».
Progetti fantasma
Anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, era già intervenuta sul Parco Verde quando era all’opposizione. Nel 2022 un ordigno era esploso di notte davanti alla chiesa. «Siamo certi che don Maurizio non si farà spaventare. Noi continueremo ad essere al suo fianco», diceva la futura presidente del Consiglio. In queste ore sui social sono stati scritti diversi messaggi violenti e sono state rivolte minacce alla prima ministra in relazione alla cancellazione del reddito che rendono ancora più delicata la visita.
Meloni ha promesso interventi immediati e il recupero del centro sportivo, ormai totalmente vandalizzato, mentre l’unico teatro presente ha chiuso i battenti.
Sul sito della città metropolitana di Napoli c’è traccia di un vecchio progetto di rigenerazione urbana, doveva coinvolgere il parco Verde con lo stanziamento di otto milioni di euro, indirizzati alla manutenzione straordinaria e al recupero di un manufatto edilizio da destinare «a struttura socio-assistenziale a supporto dei minori e dei loro genitori». Ma mancano i soldi anche per assumere nuovi vigili urbani . Il parco Verde aspetta ancora, mentre fa i conti con l’ultimo orrore.
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