Il 14 giugno Meta ha fatto un passo indietro sull’utilizzo dei dati degli utenti europei per addestrare la sua Ia, senza specificare lo scopo per cui sarebbe stata utilizzata. L’annuncio è arrivato dalla Commissione per la protezione dei dati irlandese (Dpc), su invito delle altre autorità nazionali europee. 


«Meta sta modificando l’informativa privacy per usare i vostri dati per il training della sua Ia, ma in Europa è possibile rifiutare il consenso (entro il 25 giugno)»: questa scritta accompagna da qualche giorno la funzione “tocca a te” delle storie Instagram, ed è stata ricondivisa quasi 20mila volte. 

Questo avviso, messo in circolazione da utenti sconosciuti per informare gli altri utilizzatori delle piattaforme Meta, ovvero Facebook, Instagram, Threads e Whatsapp, si riferisce alla modifica dell’informativa sulla privacy che l’azienda di Mark Zuckerberg sta attuando e che sarà in vigore dal 26 giugno. Lo scopo è quello di addestrare l’Intelligenza artificiale che Meta sta sviluppando e per farlo vuole utilizzare i dati dei suoi utenti: quelli anagrafici, immagini, video, testi, voce e tutto ciò che può ricavare dai suoi database. 

Il legittimo interesse e il diritto d’opposizione

Meta giustifica l’acquisizione di dati pubblici e privati dei suoi utenti con il “legittimo interesse”, che consente all’azienda di non interpellare gli utenti, i quali si trovano a dover seguire una complicata procedura per far valere il proprio diritto d’obiezione e negare l’autorizzazione all’azienda. Quindi avvalendosi del legittimo interesse, se giustamente o ingiustamente lo decideranno i garanti della privacy, Meta non deve chiedere il consenso ai propri utenti.

La disciplina del legittimo interesse è giuridicamente antica e quando è stata pensata negli ambienti accademici non si riteneva che potesse essere una base giuridica adatta a giustificare le operazioni delle aziende tech, vista la sproporzione tra la pervasività e le possibili conseguenze della “pesca a strascico” dei dati.

Per gli addetti ai lavori, Meta non è la prima azienda ad aver utilizzato il legittimo interesse per accrescere il proprio business, ma prima di lei ci sono stati gli altri colossi del tech, primo fra tutti OpenAi. Il caso di ChatGpt ha sollevato per primo il problema dell’utilizzo dei dati pubblici per addestrare l’intelligenza artificiale. Il caso di Meta fa più scalpore perché si è spinta un po’ più in là, con lo scopo di attingere ai dati privati delle persone. 

Meta quindi riuscirebbe a tracciare i dati non solo dei propri utenti che hanno dato il consenso, più o meno informato, ma anche quelli di persone che hanno esercitato il diritto d’opposizione o addirittura che non sono iscritte alle sue piattaforme, nel caso queste ultime informazioni siano state pubblicate da terzi. 

Secondo gli addetti ai lavori, è sempre meglio che, per tutelarsi, gli utenti ricorrano al diritto d’opposizione, in questo modo si impedisce a Meta di utilizzare i dati raccolti per addestrare la sua, non meglio specificata, tecnologia di Intelligenza artificiale. In ogni caso, se gli utenti non esercitano il diritto d’opposizione prima del 26 giugno, possono farlo anche dopo: Meta potrà utilizzare i dati raccolti fino a quel momento ma non potrà farlo con quelli raccolti in seguito all’esercizio del diritto d’opposizione. 

Nella pratica, invece di chiedere il consenso degli utenti (opt-in), l’azienda indirizza loro verso un modulo di opposizione (opt-out) che devono compilare se non vogliono che Meta utilizzi tutti i loro dati, chiedendo anche le ragioni personali. Dall’analisi tecnica dei link di opt-out fatta dall’associazione noyb, ma che può essere facilmente confermata provando a cliccare sull’indirizzo, l’azienda chiede un login per visualizzare una pagina altrimenti pubblica. «Meta richiede a circa 400 milioni di utenti europei di “opporsi” invece di chiedere loro il consenso», commenta l’associazione.

Gli esposti presentati dall’associazione noyb

L’associazione noyb ha presentato denuncia in 11 paesi europei tra cui l’Italia, affinché sia avviata «una procedura d’urgenza per fermare immediatamente questo cambiamento, prima che entri in vigore il 26 giugno».

Noyb ha evidenziato come la nuova politica sulla privacy di Meta, che riguarda 4 miliardi di persone, consentirebbe all’azienda di acquisire tutti i dati pubblici e non degli utenti, raccolti dal 2007, e utilizzarli per un «tipo indefinito di “tecnologia di intelligenza artificiale” attuale e futura», coinvolgendo anche gli account inutilizzati di Facebook, che rappresentano ancora una ricca fonte da cui attingere informazioni.

Meta afferma anche di poter raccogliere informazioni aggiuntive da qualsiasi «parte terza», l’unica eccezione sembrano le chat private di Whatsapp. Inoltre agli utenti non viene fornita alcuna informazione sugli scopi della tecnologia di Ia, contrariamente a quanto è stabilito dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (Gdpr) da cui i cittadini dell’Unione europea sono protetti. 

L’attivista per il diritto alla privacy Max Schrems ha commentato le modifiche che l’azienda di Zuckerberg vuole apportare alla propria informativa: «Meta sta sostanzialmente dicendo che può utilizzare “qualsiasi dato da qualsiasi fonte per qualsiasi scopo e renderlo disponibile a chiunque nel mondo”, purché ciò avvenga tramite la “tecnologia Ai”. Questo è chiaramente l’opposto della conformità al Gdpr. “Tecnologia AI” è un termine estremamente ampio. Proprio come “utilizzare i vostri dati nei database” non ha un vero e proprio limite legale. Meta non dice per cosa utilizzerà i dati, quindi potrebbe essere un semplice chatbot, una pubblicità personalizzata estremamente aggressiva o addirittura un drone assassino. Meta dice anche che i dati degli utenti possono essere resi disponibili a qualsiasi “terza parte”, cioè a chiunque nel mondo».

Noyb fa riferimento anche al caso dell’utilizzo dei dati personali da parte di Meta per la pubblicità. Anche in quel caso la società aveva cercato di appellarsi al legittimo interesse. Ma tale uso è stato respinto dalla Corte di giustizia europea. Schrems afferma: «La Corte di giustizia europea ha già chiarito che Meta non ha alcun “interesse legittimo” che possa prevalere sul diritto degli utenti alla protezione dei dati quando si tratta di pubblicità. Eppure l'azienda sta cercando di usare gli stessi argomenti per l'addestramento di una non meglio definita “tecnologia Ai”. Sembra che Meta stia ancora una volta ignorando palesemente le sentenze della Corte di giustizia». 

Mentre sul diritto d’opposizione Schrems pensa che «spostare la responsabilità sull’utente è completamente assurdo. La legge impone a Meta di ottenere il consenso, non di fornire un modulo di opt-out nascosto e fuorviante. Se Meta vuole usare i vostri dati, deve chiedere il vostro permesso. Invece, gli utenti devono implorare di essere esclusi. Siamo rimasti particolarmente sorpresi dal fatto che Meta si sia addirittura presa la briga di inserire tonnellate di piccole distrazioni per garantire che solo un numero esiguo di utenti si prenda effettivamente la briga di opporsi».

Come negare il consenso a Meta

Dalla pagina del proprio profilo Instagram si deve selezionare il menu impostazioni in alto a destra, poi bisogna scorrere la pagina fino alla sezione “maggiori informazioni e assistenza” e cliccare sulla voce “informazioni”, da cui si arriva a “informativa sulla privacy”. Cliccando questa opzione, si viene reindirizzati su una pagina web di Meta, nel primo blocchetto informativo evidenziato in blu c’è “diritto di opposizione”. Se si seleziona questa opzione si verrà rimandati a un’altra pagina con un titoletto “Contesta l’uso delle tue informazioni per l’Ia di Meta”. Scorrendo la pagina si arriva a una parte che va compilata.

Sotto la sezione “Spiegaci che impatto ha su di te questo trattamento dei dati”, da compilare obbligatoriamente, è possibile usare diversi modelli che circolano in rete. Un esempio è: «Nego il mio consenso all’utilizzo da parte di Meta di immagini, video, testi, audio o qualsiasi contenuto multimediale da me caricato su Instagram/Facebook/Whatsapp per qualsiasi uso relativo all’intelligenza artificiale ai sensi delle normative europee raccolte nel Regolamento Generale per la protezione dei dati (GDPR)». 

Per accedere al centro sulla privacy di Meta e compilare il modulo per il diritto a contestare (si trova evidenziato in blu in fondo alla pagina), seguire questo link.

Alla fine della procedura, sull’email indicata arriverà un codice otp, da inserire nella pagina web che si caricherà dopo aver confermato la procedura.

Mentre prova a utilizzare i dati degli utenti per addestrare la propria intelligenza artificiale, l’azienda di Zuckerberg ha iniziato a contraddistinguere i contenuti prodotti dalla stessa tecnologia che circolano sulle sue piattaforme social tramite un’etichetta. Questo marcatore può essere aggiunto dagli utenti in fase di pubblicazione del post, oppure può essere messo in automatico dalla stessa Meta se rileva che il contenuto è stato realizzato con l’Ia.

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