Non solo il salvataggio e l’accoglienza dei migranti. Ma anche i turni per le pulizie, le lavatrici, la guardia notturna: niente è lasciato al caso a bordo di Life support, la nave di Emergency che si prepara a partire per la 25esima missione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Il racconto del giorno 1
«I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi». Così diceva Gino Strada, fondatore, insieme alla prima moglie Teresa Sarti e alcuni amici e colleghi, di Emergency. Così si legge sul fianco della Life Support, la nave della ong italiana, bianca e rossa, ferma al porto di Siracusa, sulla costa sud-orientale della Sicilia, pronta a partire per la sua 25esima missione.
Nelle ventiquattro precedenti, da dicembre del 2022, a bordo della nave di Emergency sono salite 2.221 persone, 1.653 uomini, 171 donne, 397 minori. Partiti soprattutto da Bangladesh, Siria e Egitto. Ma anche da Pakistan, Sudan, Somalia, Costa d’Avorio, tra i paesi di provenienza più frequenti. Persone che dopo mesi, spesso anni, di fuga da guerre, violenze o eventi climatici estremi, arrivano nella maggior parte dei casi in Libia o in Tunisia e da lì si imbarcano per raggiungere l’Europa con il desiderio di costruirsi una vita migliore di quella che avevano già.
I ruoli a bordo
Ma non basta la speranza. Tante volte serve anche aiuto a chi, senza esperienza, ha il coraggio di attraversare il Mediterrano centrale, una delle rotte più letali al mondo, su imbarcazioni di fortuna, spesso vecchie e malconce. Lo sanno bene i 27 membri dello staff Emergency per Life support: medici, infermieri, mediatori culturali, soccorritori esperti, il cuoco e il suo assistente, che al salvataggio delle persone in mare hanno deciso di dedicare una fetta importante delle loro vite.
Per la maggior parte giovani (ma non soltanto), entusiasti nonostante la fatica che li aspetta, provenienti da tutto il mondo, si dedicano con cura alle operazioni necessarie alla partenza. E affinché in mare niente vada storto. O sia lasciato al caso.
«Tutto è organizzato a bordo della nave di Emergency, non solo il salvataggio e l’accoglienza dei migranti. Ma anche i turni per le pulizie, le lavatrici, la guardia notturna», spiega Paula, responsabile della logistica.
È spagnola e vivace, sempre attenta alle necessità di tutto il team. Quando arrivano le provviste sembra quasi una festa, in fila, uno dietro l’altro, i membri dello staff si passano le casse piene di pasta, frutta e verdura, dalla poppa fino alla cucina, senza che il peso del cibo e delle casse d'acqua spezzi la frenesia, in perfetto ordine nonostante l’apparente confusione.
La formazione
Ognuno ha un ruolo da rispettare con attenzione. «Ma ognuno deve fare il possibile per salvare la vita della persona in difficoltà che si trova davanti. Perché durante le operazioni di soccorso in mare le emergenze sono tante e i medici sono spesso impegnati», spiega Roberto, infermiere, a bordo della nave per formare tutto l’equipaggio sul primo soccorso, come riconoscere un arresto cardiaco, come garantire la sicurezza del paziente, come usare il defibrillatore, come spostare un paziente sulla barella non facendogli male. E sulle precauzioni che è necessario prendere quando si entra in contatto con chi ha passato lunghi periodi in condizioni igieniche precarie.
Movimenti i che sembrano riti: cambiare i vestiti, indossare mascherina e guanti, disinfettare le suole delle scarpe. Semplici ma essenziali affinché un’influenza non diventi un’epidemia nel gruppo di persone che per giorni dovrà condividere gli stessi spazi, camere, cucina e bagni, imparando a vivere come una comunità, a tutelare l’altro come se fosse se stesso, perché solo se i diritti di ciascuno diventano garanzie per tutti la missione funziona.
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