«I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi». L’iconica frase di Gino Strada è stampata a grandi caratteri sulla fiancata della Life Support, la nave di Emergency in missione nel Mediterraneo per il salvataggio dei migranti. Dodici metri di larghezza, cinquantuno di lunghezza, l’imbarcazione, operativa dal 2022, in questi anni ha salvato più di 1.600 vite.

Uno spaccato delle sue attività è arrivato a inizio agosto in libreria grazie al reportage grafico La nave, di Raul Pantaleo e Marta Gerardi, con le fotografie di Francesco De Scisciolo.

Il libro, edito da BeccoGiallo, mescola il linguaggio del fumetto alla fotografia per raccontare alcune operazioni di Emergency in acque Sar libiche, e delle grandi difficoltà del salvataggio in mare. Una corsa contro il tempo non soltanto per soccorrere persone stipate in gommoni e imbarcazioni di fortuna, ma soprattutto per arrivare a loro prima della guardia costiera libica.

Pantaleo, voce narrante e cofondatore dello studio di architetti TAMAssociati (che ha collaborato con Emergency per centri sanitari in diversi paesi dell’Africa), e Gerardi (Pugnali neri e Architetture resistenti) creano illustrazioni precise e simmetriche: un tratto che unisce l’asetticità delle linee dritte e squadrate a colori vividi e metafore. La nave promuove le attività della ong, certo, in realtà fa molto di più: racconta cosa significa fare soccorso in mare, con i folli ostacoli della politica italiana.

Diretti gli attacchi dalla retorica di destra, ma nella pratica quello contro le ong è un tentativo di lento logoramento. Una volta avvenuto il soccorso, Life Support deve attendere la comunicazione di un porto sicuro.

Un luogo che – puntualmente – è molto lontano dalla posizione del momento, e che richiede giorni di navigazione in più, nonché un dispendio monetario ulteriore. Ciò senza includere la corsa contro le motovedette libiche, uno “scontro” che nelle tavole di La nave è accompagnato da una tensione costante, come una corda di violino pronta a spezzarsi.

La realtà

Si percepisce un profondo senso di inquietudine, di quelli che smorzano il fiato pagina dopo pagina. La consapevolezza che è tutto vero fa il resto.

Uno sguardo, quello degli autori, in cui si percepisce l’affanno nella ricerca dei gommoni, quando non compaiono all’orizzonte e il radar non riesce a rilevarli; l’amarezza quando la guardia costiera libica riesce ad arrivare per prima sul posto, lasciando solo con l’idea di quale sia il futuro che aspetta quelle persone; l’atmosfera giocosa sul ponte della nave quando riesci a scampare alla morte, e poi un’incognita sul futuro, all’arrivo nei porti italiani.

C’è chi fugge dalla guerra, dalle dittature, dalla discriminazione per il proprio orientamento sessuale, per il cambiamento climatico, ed è pronto a lasciare tutto per cominciare una vita da zero, completamente da reinventare.

Ma le difficoltà sono appena iniziate, perché la strada per una vita dignitosa in Italia è un cammino tortuoso: un paese che da una parte all’altra dello spettro politico ha raccontato la crisi migratoria come una questione “risolvibile” stringendo accordi con la Libia, il “famoso” memorandum. E poi l’ottenimento della cittadinanza, quasi impossibile.

La prefazione

E poi la stoccata finale, anzi iniziale, firmata dallo scrittore Erri De Luca, che introduce La nave con una prefazione forte, paragonando le carceri libiche alla Shoah. «Uscivano così dai campi di sterminio, i sopravvissuti. Ogni nave di salvataggio migranti libera una baracca di Dachau».

La nave, la Life Support, lancia un messaggio di speranza. Un sospiro di sollievo che non assolve la politica dalle proprie responsabilità: là fuori, nel Mediterraneo, c’è qualcuno che salva vite. Qualcuno che, civilmente, disobbedisce.

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