Qualcuno ha detto che Napoli-Inter è come veder giocare una città contro una squadra. E però che squadra, e che città. Non è un derby, né un super clásico. Ma quella di oggi è una gara tra due visioni del mondo, tra due filosofie, tra modi di essere lontani. Senza ricorrere alla solita retorica del sud chiassoso e caciarone contro il nord frettoloso e produttivo. Napoli è uscita da tempo da questa cornice, e Milano ha troppi problemi per pensare a quelli altrui.

C’è una questione più spiccia: Napoli-Inter è la partita spartiacque per lo scudetto. Lo diciamo noi perché i protagonisti hanno smorzato i toni. Finisce sempre così quando si gioca a nascondino. Antonio Conte, uno che di solito non le manda a dire, uno tosto, ardente, ha concesso che sì, è una partita «influente per la classifica». Ma niente di più. Figuriamoci. L’allenatore del Napoli cerca di tenere la calma. Febbraio è stato un mese complicato, e non solo per i risultati (la sua squadra non vince da quattro partite). Ma lui, pronto: «Agosto è stato peggio». Per sottolineare che di lavoro ce n’è stato.

Anche Simone Inzaghi, lassù al nord (e lassù al primo posto), non ha fatto proclami. Compassato as usual, l’allenatore dell’Inter ha detto che no, questa partita «non è decisiva per lo scudetto». I nerazzurri viaggiano forte, ma negli scontri diretti hanno sempre fatto fatica. «Non abbiamo fatto benissimo», ha ammesso Inzaghi. Ci sono però buone ragioni per pensare che chi vince lo scontro diretto renderà il suo percorso da qui alla fine più semplice, almeno da un punto di vista mentale.

Lontano dai luoghi comuni, Napoli-Inter rimane però la gara delle grandi differenze, delle diversità profonde. Dalla gestione ai suoi protagonisti, universi paralleli che si scontrano per la conquista della supremazia in Serie A.

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Finanza contro De Laurentiis

Tra le differenze salta agli occhi quella della gestione. Da una parte la finanza, dall’altra De Laurentiis. Di qua una proprietà straniera, di là sempre De Laurentiis. L’Inter vive di organigrammi, governance, amministratori delegati e lati marketing. Il Napoli è tutto nelle mani di De Laurentiis.

C’è del buono in entrambe le forme di governo. Una più plutocratica magari, l’altra certe volte un po’ tirannica. Il settimanale Panorama ha raccontato l’Inter che verrà, quella della società statunitense Oaktree Capital Management, che ha rilevato il club dalla famiglia Zhang come pegno per un prestito fatto nel 2021 e non restituito entro la scadenza.

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Una gestione, quella di Oaktree, almeno per ora nel segno della continuità e che vede come orizzonte al 30 giugno prossimo avvicinare, se non centrare, l’obiettivo del pareggio di bilancio che sembrava impossibile fino a quattro o cinque anni fa. Si parla di stadio, di dossier, di programmazione.

Con DeLa, invece, è tutto più vulcanico, com’è lui. Negli anni sono state tante le testimonianze della sua invadenza (intraprendenza?) dentro lo spogliatoio. L’ultima, eloquentissima, è arrivata da una sua ex intuizione, Rudi Garcia: «Di Napoli amavo tutto: la città, lo stadio, i tifosi, la squadra. Tranne l’interferenza del suo presidente. Io li ho lasciati al quarto posto e alla fine sono arrivati decimi, con altri due allenatori. Eravamo anche quasi qualificati per gli ottavi di finale della Champions League. Non ho fatto tutto correttamente, ma ero nel giusto».

Chi siede sulla panchina del Napoli deve fare i conti con un presidente così, vecchio stile, l’ultimo dei Mohicani di un calcio più vicino alla finanza che al patriarcato sportivo. È stato così per Spalletti, per Ancelotti, e per tutti quelli passati da lì. «Prigioniero del presidente? Un po'. Esiste un'espressione italiana, il tempo è galantuomo, il tempo ristabilisce la verità e rimette ogni cosa a posto», ha detto ancora Garcia.

Ed è successo anche a Conte, che a inizio campionato ha dovuto fare a braccio di ferro per farsi comprare Lukaku. Tra presidente e tecnico sembra esserci in atto una specie di guerra fredda, ma finché i risultati continuano e la classifica regge nessuno dice nulla. I conti li faranno in estate.

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Lu-La, sfida tra bomber

Napoli-Inter è però anche una sfida tra bomber. In crisi, o quasi. Ex amici, questo è sicuro. Lukaku-Lautaro, proprio loro, la strana coppia che fu. Insieme hanno vinto lo scudetto all’Inter. Era il 2020/21 e a guidarli c’era Conte. E insieme hanno sfiorato la vittoria della Champions. Sempre all’Inter, due anni dopo, ma a gestirli c’era Inzaghi. I due non si sono lasciati bene.

Una banale questione di trasferimenti mancati, di frasi non dette, di amori spezzati. Il loro, evidentemente. Nell’estate 2023 Lukaku flirtò con la Juventus, ma alla fine scelse la Roma. Così, perché gli andava. Lautaro si sentì tradito. L’argentino tentò con le telefonate, i messaggini, voleva spiegazioni.

L’altro non gliele ha mai date. «Ci sono rimasto male, ho provato a chiamarlo in quei giorni di caos, non ha mai risposto, lo stesso ha fatto con altri miei compagni e dopo tanti anni insieme sono rimasto deluso. Per carità, è una scelta sua. Gli auguro il meglio», ha raccontato poi Lautaro.

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Da quel momento, l’amicizia è deragliata e anche le carriere dei due hanno preso direzioni divergenti. Comunque nessuno dei due se la sta spassando. Lukaku sta vivendo una crisi mistica di gol: il belga non segna dalla sfida contro la Juventus dello scorso 25 gennaio (su rigore). Voluto a tutti i costi da Conte nel mercato estivo, a Como ha toccato appena otto palloni in 62 minuti, poi il tecnico lo ha sostituito con Simeone.

Lautaro è invece alle prese con una presunta bestemmia. È spuntato anche un audio e la Procura federale lo ha acquisito. Ma l'attaccante non rischia la squalifica per un corto circuito giuridico: la prova tv richiede infatti una segnalazione immediata al Giudice Sportivo. Non è successo. Al massimo prenderà una multa.

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Il valore delle rose

Nelle ultime ore in molti sono andati a caccia di similitudini e differenze tra i due club, un modo per certificare il senso di questa sfida d’alta classifica. Per stare sicuri si è chiesto un supporto anche ai numeri, quelli oracolari di Transfermarkt.

Il sito tedesco si occupa di raccogliere dati e statistiche dell’universo calcio e persino di stabilire, tramite un suo algoritmo che si basa sul rapporto tra minuti giocati, gol segnati e assist confezionati, il valore delle rose. Napoli e Inter varrebbero l’una la metà dell’altra: il club nerazzurro si attesterebbe attorno ai 680 milioni di euro, il Napoli ai 361. Una bella differenza. La cessione di Osimhen aveva fatto abbassare il valore della rosa del 7%. E la cessione di Kvara al Psg ha fatto il resto.

Numeri, questi, che però non fanno che rendere più oscuro e problematico cosa si nasconde dietro questo match, la sua incertezza, e perché è così importante per lo scudetto. Il divario economico non sembra un buon metro di giudizio e non garantisce pronostici facili. Conte ha provato a riassumerla così: «Ci siamo meritati di giocare un top match ma questo non deve metterci pressione». Napoli-Inter è tutto quanto, ma non diciamolo troppo forte.

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