All’apparenza la domanda è sciocca: meglio arrivare secondi che terzi. Ma nel primo caso hai perso una finale, nel secondo l’hai vinta, anche se è quella minore. Da Alcaraz a Paltrinieri, ogni campione reagisce diversamente
Vale più un argento o un bronzo? Una domanda all’apparenza sciocca: è ovvio, vale di più una medaglia d’argento. Ma bisogna considerare che gli atleti hanno una unità di misura diversa rispetto ai tifosi, agli spettatori, ai media.
La diatriba tra argento e bronzo è lunga, dura da anni. In alcuni casi diventa gustosa, come quando la pubblicarono sui social qualche mese fa i due campioni di basket e grandi amici Luigi Gigi Datome e Niccolò Melli.
Se prendi l’argento, hai appena perso una finale, quindi a caldo ti rimane per un po’ il retrogusto della sconfitta. Se conquisti un bronzo, hai appena vinto una finale, anche se quella minore per il terzo e quarto posto, ci sono subito più sorrisi.
Da Alcaraz a Paltrinieri
Un esempio emblematico è rappresentato dalle lacrime di Carlos Alcaraz, sconfitto da Nole Djokovic nella finale olimpica di tennis a Parigi, un match bellissimo, intenso, quasi un incontro di boxe (7-6, 7-6). Lo spagnolo piange come non lo abbiamo mai visto, sentendo forse il peso di rappresentare la sua Spagna.
Il fuoriclasse Rafa Nadal, che proprio con Alcaraz ha giocato il doppio ai Giochi di Parigi, si prende la briga di scrivergli immediatamente tramite i suoi account social: «Valorizza una medaglia che è molto importante per il paese. Vedrai che, con il tempo, lo sarà anche per te».
Totalmente diversa è l’atmosfera per l’argento di Gregorio Paltrinieri. Per batterlo nei 1500 stile, l’americano Robert Bobby Finke ha dovuto impegnarsi e realizzare addirittura un record del mondo enorme (14’30”67).
Il sorriso d’argento di Greg è l’orgoglio di una leggenda che a quasi 30 anni conquista la sua quinta medaglia in quattro partecipazioni alle Olimpiadi.
È invece un mix di lacrime e sorrisi l’argento degli uomini dell’Italia del fioretto. Le lacrime di Alessio Foconi, che è il più vecchietto del gruppo con i suoi 34 anni, campione del mondo (2018) e tanto altro, molte volte con le sue stoccate ha portato lui i punti decisivi alla squadra. Questa volta, nella finale olimpica contro il Giappone, la sua prestazione è sottotono.
Ci pensano gli altri azzurri, tutti e tre giovani e debuttanti all’Olimpiade, Filippo Macchi (medaglia argento nella gara individuale di fioretto a Parigi), Tommaso Marini e Guillaume Bianchi, ad abbracciarlo per farlo sentire importante. Lo è, lui e loro, perché l’Italia di fioretto maschile non saliva su un podio olimpico da 12 anni nella gara a squadre.
La diatriba però resta aperta: meglio l’argento o il bronzo?
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