Possono esserci decine di migliaia di persone nel pubblico ma, durante la gara, non le vedi, non le senti, sei dentro quello che stai facendo. Si chiama stato di flow o flusso ed è una speciale condizione di immersione totale nell’agire.

Gli studi confermano il ricorrere di sensazioni comuni: corpo e mente sono un tutt’uno; si è totalmente focalizzati sull’azione, gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno non vengono recepiti o sono comunque relegati in un sottofondo lontano.

The zone

L’energia aumenta, i movimenti sono fluidi e quasi automatici; la soglia della fatica si alza. Si ha una forte sensazione di controllo e padronanza, come se tutto andasse come previsto. Durante questo processo, la concentrazione è totale e la percezione del tempo cambia: alcuni minuti sembrano secondi e altri istanti si dilatano. È detto anche “the zone” perché sei in completa armonia tra azione e pensiero dentro una dimensione di grazia.

Di solito gli agonisti riescono a trovare spontaneamente le motivazioni e i modi per entrare nello stato di flusso e vivono la competizione come un momento positivo, uno stimolo di realizzazione personale in cui esprimere le proprie potenzialità e spesso andare oltre. È una predisposizione che rappresenta il grande discrimine tra chi ama fare le gare e chi, pur avendo talento e passione, le evita. Anche tra gli atleti di alto livello le cose possono cambiare in seguito a eccessive pressioni, alla perdita di gratificazione, al calo di autostima, a causa di obiettivi non realistici o per la semplice necessità di rinnovare le proprie motivazioni.

EPA

Il twister, ovvero la perdita di orientamento e controllo del corpo nelle fasi aree degli esercizi (il disturbo di cui ha sofferto Simone Biles a Tokyo) scatta dall’assenza di flow, pur non essendone conseguenza diretta. Dagli anni Novanta le tecniche di gestione dell’ansia e della visualizzazione sono parte integrante dell’allenamento. Una risorsa non più lasciata al caso ma attivata con un percorso preciso e una preparazione specifica.

Il nuoto

Lo si capisce guardando i nuotatori alla chiamata ai blocchi di partenza. Arrivano con cuffie e occhiali già indossati e auricolari dentro le orecchie per ascoltare la musica o il mantra preferiti. Al pubblico va un veloce saluto ma senza distrazione, senza lasciare lo schema di avvicinamento, senza mollare l’aggancio al flusso che irromperà allo sparo del via.

Il tipo di disciplina cambia l’intensità e le sfumature con cui la zona si manifesta ma il denominatore comune a tutte è che la massima prestazione non si raggiunge se il focus della concentrazione non è interno. Il concetto di pubblico ostile, del tifo avverso, spesso chiamato in causa in questo avvio dei Giochi, non è un tema per l’atleta che è nello stato di flusso.

Il pubblico può essere un vantaggio nel senso che, il clima favorevole (dimostrazioni di affetto, calore, sostegno, entusiasmo mostrati dagli spettatori) contribuisce senza dubbio ad aumentare gli stimoli necessari ad entrare in the zone ma quando ci sei, tutto il resto non conta.

© Riproduzione riservata