«Ci sono anche numerosi resoconti di profilazione razziale da parte delle forze dell’ordine, che prendono di mira in particolare i rom e le persone di origine africana». Secondo la Commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza (Ecri) del Consiglio d’Europa, l’Italia si trova in una situazione critica in termini di integrazione e discriminazione e le istituzioni – che si sono indignate – non «sembrano consapevoli della scala del problema e non hanno considerato l’esistenza di una profilazione razziale come forma di potenziale razzismo istituzionale».

La Commissione ha pubblicato il suo rapporto sul nostro paese e ha comunque sottolineato che, rispetto al precedente documento, datato 2016, ci sono stati miglioramenti rispetto alla consapevolezza delle discriminazioni. Per esempio, è stata istituita una raccolta dati sugli episodi di bullismo nelle scuole, «anche per motivi di etnia e orientamento sessuale». Per le persone Lgbt sono state introdotte le unioni civili e una strategia nazionale. Tuttavia, la situazione è ancora molto critica, a partire dallo stato di salute del dibattito pubblico e della narrazione politica.

«Il discorso pubblico è diventato sempre più xenofobo e il discorso politico ha assunto toni altamente divisivi e antagonistici, prendendo di mira in particolare rifugiati, richiedenti asilo e migranti, nonché cittadini italiani con background migratorio, Rom e persone Lgbt», si legge. Esempio ne è, come citato in maniera implicita dal rapporto, il libro Il mondo al contrario del generale Roberto Vannacci, in cui si definiscono le persone omosessuali «non normali» o si attaccano gli italiani con la pelle nera.

Questi toni d’odio da parte della politica hanno indirettamente un effetto sulle persone appartenenti alle minoranze prese in considerazione. In Italia i bambini migranti sono più facilmente vittime di bullismo a scuola e abbandonano prima gli studi. «Molti rom risiedono ancora nelle periferie delle città con accesso limitato ai trasporti pubblici e, secondo quanto riferito, sono continuati gli sfratti forzati dei rom in violazione degli standard internazionali».

Riguardo alle persone Lgbt, il rapporto evidenzia le criticità legate sia ai pregiudizi e alle discriminazioni che si vivono nella quotidianità, sia alle difficoltà di ottenere il riconoscimento legale del genere, processo che spesso risulta essere lungo e eccessivamente medicalizzato.

L’Ecri raccomanda all’Italia di mettere in piedi un «organismo per le pari opportunità pienamente indipendente ed efficace» e adottare un nuovo piano d’azione nazionale contro il razzismo. Sono necessarie azioni di sensibilizzazione per il pubblico e servirebbe che «le figure pubbliche, compresi funzionari di alto livello e politici di tutte le parti – prendessero posizione – contro l’espressione di discorsi d’odio razzisti e “Lgbt+fobici” e promuovere la comprensione tra le comunità».

Per le forze dell’ordine, infine, l’Ecri invita l’Italia a commissionare uno studio completo e indipendente «con l’obiettivo di individuare e affrontare eventuali pratiche di profilazione razziale». Necessario perché l’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, e «il suo ruolo significativo nella definizione e nel coordinamento delle politiche governative sono incompatibili con il requisito di indipendenza di un organismo per l’uguaglianza». L’impotenza dell’Unar era già stata denunciata su questo giornale lo scorso 6 ottobre.

Nell’introduzione metodologica al rapporto, Ecri specifica anche che «il processo di dialogo confidenziale con le autorità nazionali permette a quest’ultime di fornire, se lo considerano necessario, commenti alle bozze del rapporto, con la possibilità di correggere qualsiasi errore fattuale – e alla fine – richiedere, se lo desiderano, che i loro punti di vista siano aggiunti al rapporto Ecri finale».

Le risposte delle autorità nazionali sono in effetti presenti. Sulle forze dell’ordine, però, l’appendice riporta soltanto che l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti di discriminazione (Oscad) è impegnato nell’accrescere la consapevolezza degli agenti per combattere il mancato riconoscimento della matrice razzista dei crimini.

Il rapporto, tra l’altro, chiama in causa anche lo scontro tra governo e magistratura e avverte l’Italia riguardo alle «critiche indebite che mirano a minare l’autorità dei singoli giudici che decidono sui casi di migrazione» facendo esplicito riferimento al caso della giudice Apostolico.

Reazioni politiche

Come prevedibile il rapporto è stato attaccato da esponenti del governo e sindacati di polizia. Prima su tutti la presidente Giorgia Meloni che, su X, ha scritto che «le nostre forze dell’ordine sono composte da uomini e donne che, ogni giorno, lavorano con dedizione e abnegazione per garantire la sicurezza di tutti i cittadini, senza distinzioni. Meritano rispetto, non simili ingiurie».

In modo simile è intervenuto anche Matteo Salvini, che ha definito la Commissione «inutile», uno spreco di soldi destinabili ad altro. A loro si sono uniti il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, quello degli Esteri, Antonio Tajani, e quello della Difesa, Guido Crosetto. Anche il sindacato di polizia Coisp e quello di polizia penitenziaria Sappe si sono rivoltati. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha invece chiamato il capo della polizia, Vittorio Pisani, dicendosi stupito delle affermazioni del rapporto e ribadendo vicinanza alle forze dell’ordine.

Nel frattempo, a proposito di comportamenti “discutibili” delle forze dell’ordine, una decina di poliziotti sono stati indagati dalla procura di Pisa per le cariche dello scorso 23 febbraio su un corteo di studenti che manifestavano in favore della Palestina.

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