Il libro Pestaggio di stato del nostro Nello Trocchia sarà presentato questa sera, 7 dicembre, a Roma, nella rassegna ‘Più libri, più liberi’ alle 18, alla presenza dell’attore Marco Bocci, del rapper Chicoria e della garante dei detenuti, Gabriella Stramaccioni. Nel volume, edito da Laterza, per la prima volta viene ricostruita la genesi della menzogna di stato che aveva portato il ministero della Giustizia, nell’ottobre 2020, a parlare di ripristino della legalità in merito al pestaggio consumato nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, il 6 aprile 2020.
Ai primi di ottobre del 2020, a sei mesi dai terribili fatti di Santa Maria Capua Vetere, diversi deputati interrogano il governo. Lo ha già fatto la senatrice Paola Nugnes, ma il ministro non aveva risposto. Gli articoli che pubblichiamo su Domani generano qualche effetto.
Il partito democratico presenta un’interrogazione parlamentare, firmata da Walter Verini, responsabile giustizia del Pd, e dai componenti democratici della Commissione giustizia. I deputati chiedono risposte al ministro della Giustizia Bonafede (...)
Anche il deputato radicale Riccardo Magi presenta un’interrogazione al fine di chiarire «Se il Dap abbia avviato, per quanto di competenza, delle indagini interne sui pestaggi illustrati in premessa, sui quali aveva ricevuto una nota dall’associazione Antigone, prima che fossero avviate le indagini della magistratura, o se lo abbia fatto successivamente, e con quali esiti, anche in termini di accertamento delle responsabilità della catena di comando».
Il governo, a guida M5s-Pd, è costretto a rispondere, ed è il 16 ottobre 2020 quando in aula, a nome dell’esecutivo, arriva Vittorio Ferraresi, il sottosegretario alla Giustizia del secondo governo Conte. La sua risposta all’interrogazione di Riccardo Magi è un pezzo rilevante di questa storia.
Il sottosegretario in aula
Ferraresi, rispondendo all’interpellanza, ricostruisce tutti i passaggi della vicenda ed evidenzia che c’è una inchiesta in corso, coperta da segreto d’indagine, avviata dalla procura locale dopo le denunce dei garanti dei detenuti, dell’associazione Antigone e dei reclusi.
Esaurita la premessa, il sottosegretario ripercorre la vicenda rimuovendo scrupolosamente quanto avevo scoperto e denunciato. Ricorda che il 5 aprile, a seguito della notizia di alcuni casi di positività in uno dei reparti, in un padiglione si è accesa una protesta che Ferraresi definisce «violenta».
Secondo la sua ricostruzione i detenuti «attraverso la demolizione di numerose suppellettili e arredi dell’amministrazione (tra cui brande, tavoli e sgabelli), e non solo, si barricavano all’interno delle sezioni di allocazione, impedendo ogni accesso al personale penitenziario», dice.
Poi aggiunge: «Il comandante ha richiesto ausilio di risorse, avendo ricevuto minacce di ritorsione da parte dei detenuti rivoltosi qualora si fosse fatta irruzione per il doveroso ripristino dell’ordine e della sicurezza». In merito alla perquisizione straordinaria, debordata in pestaggi e violenze, arriva a dire che è stata una «doverosa azione di ripristino di legalità e agibilità dell’intero reparto».
Nella stupefacente ricostruzione, il sottosegretario racconta di detenuti che opponevano resistenza e di dodici reclusi sanzionati. L’ultimo passaggio preso in esame nella risposta del rappresentante del governo è la notifica del decreto di perquisizione a carico di 57 agenti, avvenuta l’11 giugno 2020.
Il sottosegretario riferisce della protesta degli agenti e della tensione dovuta all’identificazione del personale civile e di polizia «alla presenza di familiari e dei passanti». Nessuna indagine interna è stata aperta.
Ferraresi rimuove completamente l’arrivo del magistrato di sorveglianza Marco Puglia che, il 6 aprile, ha visitato il carcere e ha definito la situazione «sotto controllo». Non solo. Intervistato dal tg regionale della Rai, la mattina del 6 aprile Puglia – lo ricordiamo – aveva detto: «Il profilo dell’ordine e della sicurezza è sotto controllo, c’è stata solo una protesta, rientrata». Il sottosegretario parla di una violenta manifestazione, di un comandante minacciato, quando il giorno successivo a tali presunte violenze un magistrato di sorveglianza riferisce in tv di una situazione miracolosamente sotto controllo?
Chi è la fonte che ispira la menzogna?
È importante a questo punto capire chi consegna a Ferraresi, che parla a nome del governo, questa ricostruzione mendace. Chi è la fonte che ispira il concentrato di bugie? I protagonisti fanno sapere che si tratta degli uffici. Siamo a ottobre, i miei articoli sono a disposizione di tutti, ci sono già 57 agenti indagati, i detenuti hanno visto i video, sono stati refertati, alcuni indagati cominciano a parlare a singhiozzo agli inquirenti.
Tra le migliaia di pagine dell’indagine giudiziaria spunta una relazione datata 20 aprile che ritroviamo nelle decine di faldoni agli atti: è la fonte da cui attinge direttamente il governo ed è firmata Antonio Fullone. Insomma, il responsabile della perquisizione diventata orribile mattanza detta la linea al governo sui fatti: un capolavoro di mistificazione senza precedenti.
A distanza di sei mesi, spazzando via ogni verità che faticosamente era stata ricostruita, il governo si fida del distillato di bugie firmato da Fullone che si ispira alle relazioni e annotazioni della catena di comando del carcere. I passaggi sono identici e inquietanti.
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