Sono ormai due settimane che i precari del Cnr protestano per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla loro condizione. A un'assemblea molto partecipata nella sede centrale di Roma lo scorso 28 novembre, è seguita un’occupazione di una delle aule. Oggi c’è stato un sit-in davanti all’ingresso, con un gruppo di ricercatori che si sono incatenati. Nel frattempo la Presidente Maria Chiara Carrozza – ex ministra dell’Università del governo Letta e prima ancora rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – ha incontrato il Coordinamento dei precari e le rappresentanze sindacali e ha espresso una posizione ritenuta irricevibile da chi protesta: nessun percorso di stabilizzazione e via a nuovi concorsi solo per alcuni di loro.

I numeri

Su circa 12mila persone che lavorano nell’ente di ricerca nazionale, un terzo sono a vario titolo precari. Di questi, molti sono in via di scadenza nelle prossime settimane, e in diversi casi con le nuove norme non sono più rinnovabili.

Moltissimi poi dipendono dai finanziamenti legati al Pnrr che si concluderanno nel 2026. Insieme ad altri che potrebbero vedersi non rinnovato il rapporto di lavoro, si parla di 4.000 persone, tutte con un’attività di ricerca continuativa e un know how d’eccellenza. Come spiegano i sindacati: «Con l’invecchiamento della popolazione e i bassi tassi di laureati nel nostro paese, ci ritroveremo presto come con i medici: senza ricercatori nel giro di qualche anno».

La presidenza del Cnr ha diviso i precari tra chi ha l’assegno di ricerca e chi ha il tempo determinato ma – dice una precaria – «secondo il Cnr quelli che hanno l’assegno tra i 3 e i 6 anni (e quindi sono stabilizzabili ai sensi della cosiddetta “Legge Madia”, ndr) sarebbero solo 8 persone, di cui zero con più di 5 anni di anzianità. Io sono l’esempio vivente che questo non è vero, e questo è vergognoso! Solo nella sede di Roma ci sono almeno una ventina di persone nella mia stessa condizione».

Non una questione di soldi, ma di volontà politica

«Noi sappiamo che ad oggi il Cnr non ha i soldi per assumere tutti i precari, ma è per questo che chiediamo alla politica le risorse per iniziare questa stabilizzazioni», dice Marilena Ripamonti di Flc – Cgil nel Cnr. Ma la procedura di stabilizzazione potrebbe partire senza soldi? «La presidente Carrozza può partire dicendo: “questi sono i numeri, io ho queste risorse, me ne servirebbero tot per completare la stabilizzazione”. È una questione di volontà politica totalmente assente».

Anche l’ultima stabilizzazione, avvenuta tra il 2018 e il 2022 a seguito del varo della “legge Madia” era partita senza tutte le risorse necessarie, che sono state trovate successivamente perché c’era la volontà di stabilizzare i precari, spiegano i sindacati. 

Stavolta invece i pochi posti indeterminati messi a disposizione nel prossimo triennio sarebbero o frutto di scorrimenti di graduatorie o di nuovi concorsi, per un totale di meno di cento persone (di cui una ventina per scorrimento). Una goccia nel mare dei 4.000 precari.

«Abbiamo chiesto alla presidente una “ricognizione” dei precari del Cnr, che sarebbe il primo passo per la stabilizzazione, ma lei rifiuta questa impostazione» spiegano i sindacati. «La presidente è venuta a raccontarci chi poteva essere stabilizzato, noi abbiamo risposto che i numeri che ha citato non tornano, non sono numeri reali», dice Giuseppe Gargiulo segretario nazionale Fir Cisl. E la presidente cosa ha risposto? «Non ha risposto».

I precari chiedevano un confronto con i vertici proprio per capire il loro destino. Confronto per ora rimandato a data da destinarsi, visto l’atteggiamento dell’ente.

Il sostegno delle opposizioni

A sostenere la presenza dei precari del Cnr sono arrivati in questi giorni tutti gli esponenti dell’opposizione. Oggi è stato il giorno del senatore Andrea Crisanti (Pd), microbiologo e per 14 anni precario proprio al Cnr: «Capisco la vostra frustrazione perché l’ho provata», dice e spiega: «Il problema è avere un percorso lineare nelle carriere della ricerca, possiamo anche trovare una soluzione qui, ma l’impegno deve essere quello di evitare di ritrovarci di nuovo tra cinque o sei anni con nuovo precariato senza prospettiva». 

Il senatore Andrea Crisanti

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