«Non ho mai pensato che le informazioni in mio possesso fossero secretate. Se avessi avuto dubbi avrei chiamato qualche giudice, anzi, dopo che il “caso” è esploso sui giornali ho incontrato Ardita (Sebastiano, ndr) del Csm e lo stesso Sebastiano mi disse che non c’era segreto».

Aula otto, tribunale di Roma. Andrea Delmastro Delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia, risponde alle domande del pm Rosaria Affinito, nel corso dell’udienza del processo in cui è imputato. L’accusa è  di rivelazione di segreto in relazione al caso Cospito, l’anarchico detenuto al regime di 41bis.
Come faceva il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli, che nel mese di gennaio 2023 legge alla Camera stralci di documenti interni alla polizia penitenziaria in possesso del collega e coinquilino Delmastro, a conoscere il contenuto di quegli atti «a limitata divulgazione»? Gli atti  rendicontavano di una visita di un gruppo di parlamentari del Partito democratico al carcere di Sassari dove, allora, si trovavano proprio Cospito, in sciopero della fame, e alcuni boss mafiosi che in passato avevano interloquito con l’anarchico. Atti che verranno usati dallo stesso Donzelli per accusare i dem recatisi a Sassari di essere collusi con la criminalità.


«Il 30 gennaio ho parlato con Donzelli. Non ricordo chi ha chiamato chi, tale è il vortice di telefonate tra me e Giovanni per questioni amicali - continua Delmastro - Lui era stato in una trasmissione televisiva in cui si parlava di carcere e quindi mi ha chiesto che cosa sapessi sul 41bis. Gli ho risposto che quel giorno avevo avuto la relazione su Cospito e che dentro ci fossero elementi sulla criminalità organizzata. Il giorno dopo ho incontrato Donzelli in Translatantico e su suo impulso gli ho spiegato meglio questa roba, riportandogli a memoria passaggi della relazione». I passaggi, in altre parole, che il deputato citerà a menadito in Aula. E per cui, ipotizzando il reato di rivelazione di segreto, ad aprile scorso è iniziato il processo contro il sottosegretario alla Giustizia.

«Russo deve rispondermi»

Nel corso dell’udienza diversi i punti affrontati. È il presidente del tribunale a chiedere ad esempio a Delmastro di motivare l’urgenza con cui chiese quelle informazioni. «Io non avevo alcuna urgenza, era Giovanni Russo, capo del Dap, che si mosse con urgenza per fare ottenere a me, sottosegretario, quanto richiesto. E mi sembra normale: Russo prende 250 mila euro all’anno, come minimo se gli chiedo una cosa da dieci giorni deve farmela ottenere», risponde Delmastro che, come riferisce davanti ai giudici non senza contraddirsi, il 29 dicembre 2022 solleciterà lo stesso Russo. “Ero a Biella e mi è suonata la sveglia del telefono: significava - racconta Delmastro - che il capo del Dap avrebbe dovuto muoversi».
I documenti arrivano per mail. E da lì esplode il caso. Caso che per Delmastro non avrebbe ragion d’essere. «Se un parlamentare mi chiede informazioni - ribadisce il sottosegretario - e io le ritengo ostensibili gliele do. Potrei trincerarmi dietro il silenzio e non dire niente su quanto avviene nelle carceri italiane, eppure non lo faccio».
Ma in tutta questa vicenda sembrerebbe esserci un altro giallo. In sede di interrogatorio coi pubblici ministeri capitolini Delmastro ha dichiarato di essere sottoposto ad ulteriore procedimento penale per diffamazione e anche di avere una condanna per un reato ormai estinto. Secondo i difensori di parte civile è però molto strano che quella condanna, seppure a reato estinto, non compaia nel casellario giudiziale prodotto. Un punto su cui Delmastro in aula non ha risposto.

La testimone di Nordio

Sentita anche Giusi Bartolozzi, ex parlamentare di Forza Italia e da due anni capo di gabinetto del ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Perché il suo ufficio ha negato gli atti, ottenuti invece da Delmastro, a diversi parlamentari di opposizione, tra cui il deputato di Avs Angelo Bonelli? Bartolozzi non ha dubbi: «Da sempre il mio ufficio nega la trasmissione e la visione degli atti. Se invece ci chiedono informazioni e quelle informazioni non sono riservate noi siamo disponibili a divulgarle».

Una ricostruzione che fa intervenire ancora una volta il presidente della corte. «Che differenza c’è tra il vietare la trasmissione dell’atto ma divulgarne il contenuto. Non è assurdo?». La capo gabinetto ribatte. «Così è, è prassi prima di Cospito e dopo Cospito». Il processo continua. Prossima udienza 3 febbraio.

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