L’Italia è l’unico paese Ue a non aver istituzionalizzato lo psicologo scolastico, che esiste solo su iniziativa dei singoli istituti. Secondo le esperte consultate da Domani questa figura non sarebbe comunque sufficiente, se non inserita nel Servizio sanitario nazionale e resa gratuita anche nei consultori e nelle Case di comunità. Riscoprire l’importanza della medicina scolastica potrebbe essere l’apripista per conciliare in modo molto più completo il diritto alla salute con il sistema scuola
La necessità di avere una figura che possa offrire supporto psicologico a studentesse e studenti si scontra con la realtà di oggi, in cui questa figura non è regolamentata in modo stabile all’interno delle scuole italiane. Così, la richiesta di presa in carico del malessere che alberga tra le giovani e i giovani viene demandata a sporadici interventi messi in campo grazie a progetti e bandi, in modo non uniforme sul territorio nazionale.
Al momento l’Italia rimane l’unico paese in Unione europea a non aver mai istituzionalizzato questa importante figura professionale, se non con alcuni fondi introdotti nel 2020 - a fronte dell’emergenza Covid - e con tre proposte di legge sull'istituzione dello psicologo nelle scuole di ogni ordine e grado, che si trovano tuttora in corso d’esame.
Lo psicologo scolastico
È Giulia De Gobbi, psicologa, psicoterapeuta ed esperta in psicopatologia dell’apprendimento, a sottolineare i problemi relativi all’assenza di un sostegno psicologico strutturale nelle nostre classi: «Lo psicologo è presente nella scuola, ma non in modo stabile. Spesso i progetti sono brevi, con orari ridotti. Sarebbe necessario poter integrare la figura dello psicologo scolastico come parte integrante del sistema scuola, perché possa dare supporto agli alunni in primis ma anche a docenti, personale e genitori». C’è necessità, dunque, che entri a gamba tesa come risorsa regolamentata all’interno del sistema scolastico, «dato che alla scuola sono richieste sempre più competenze, cui fatica a far fronte».
Anche secondo Antonella Inverno, giurista specializzata in diritti umani, diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che per Save the children è responsabile ricerca, analisi e formazione, questa figura dovrebbe trovare un riconoscimento formale all’interno degli istituti scolastici italiani. Dalle consultazioni che Save the children mette in campo con ragazze e ragazzi, da cui deriva l’ultima ricerca con un campione rappresentativo di persone tra i 15 e i 16 anni, «emerge una volontà dei ragazzi di avere lo psicologo a scuola, come servizio necessario». «Lo psicologo scolastico dovrebbe essere un servizio offerto dal Servizio sanitario nazionale, a cui poter accedere gratuitamente, soprattutto in caso di condizione di povertà e di disagio socio economico», continua Inverno.
Dall’altra parte, bisogna sottolineare come non tutte le ragazze e i ragazzi siano pronti ad affacciarsi al tema del loro benessere psicologico all’interno della scuola: «Alcuni provano un sentimento di vergogna. Nonostante lo stigma sulla terapia clinica sia un ricordo del passato, c’è ancora molto imbarazzo soprattutto nell’età dell’adolescenza, nella quale si sta costruendo ancora la propria identità, in cui il giudizio dei pari conta molto. In quel momento, le figure più fragili non se la sentono di andare a scuola dallo psicologo, quindi questa figura dovrebbe essere presente anche in altri contesti, come ad esempio le case della comunità», aggiunge la giurista di Save the children.
Non solo a scuola
Il tema dell’isolamento sociale, centrale in questo dibattito, è inoltre sempre più frequente tra i ragazzi e le ragazze che spesso non vanno a scuola, per cui per loro non sarebbe possibile accedere a questo servizio. «Dovrebbe essere offerto anche dai consultori, ma purtroppo sono pochi quelli che lo offrono. Queste figure dovrebbero essere nelle scuole, nelle case di comunità e nei consultori con un lavoro di rete e di integrazione molto più forte tra il sociale e il sanitario», sostiene Inverno. In questo modo, ragazze e ragazzi potrebbero trovare delle figure di riferimento che siano formate nell’ascolto attivo delle loro esigenze.
La scuola, dunque, è un terreno importante e avere uno sportello psicologico al suo interno permetterebbe di facilitare il processo tra domanda d’aiuto e presa in carico. Inverno ricorda, però, come ci sia una differenza tra una presa in carico e una prima chiacchierata che uno psicologo adeguatamente formato può fare all’interno della scuola: «Delle antenne sono assolutamente necessarie, soprattutto in un momento storico in cui vediamo un disagio molto forte che scambiamo come conseguenza diretta della pandemia, ma che la pandemia in realtà ha solo accelerato come processo già in corso: gli accessi ai pronto soccorso neuropsichiatrico erano aumentati già da prima della pandemia, come anche i disturbi dell’alimentazione. Ad oggi si stima che un ragazzo su tre viva momenti di depressione».
C’è poi la povertà educativa che si intreccia alla povertà sanitaria, di cui Save the children si è sempre occupata con specifiche progettualità e che influisce in una presa in carico di cure fondamentali ma non riconosciute a tutte e tutti nello stesso modo: «La questione legata alla possibilità di avere un pediatra, ad esempio, è importantissima e non è accessibile a tutti, soprattutto alle sacche di maggiore marginalità; come ad esempio a chi non ha la residenza. Nonostante ci sia un accordo stato-regioni che prevede l’attribuzione del pediatra di base a tutte le bambine e i bambini, questo non è pienamente attuato».
Medicina scolastica
Il problema dell’accesso ai servizi di medicina pubblica, dunque, è ascrivibile a vari settori dell’infanzia. Il mondo adulto è chiamato a un’estrema responsabilità per attivare i servizi giusti e questo apre un tema che per anni è stato accantonato: quello della medicina scolastica.
Istituita nel 1961 e successivamente confermata anche con la legge 23 del dicembre 1978, con l'istituzione del Servizio sanitario nazionale (Ssn), poi dissolta e riassorbita nella sanità territoriale extra scolastica, la medicina scolastica non è mai stata formalmente abrogata, eppure non è più stata messa in campo a servizio di alunne e alunni.
Per Antonella Inverno «avere degli specialisti a scuola consentirebbe di individuare varie forme di disagio. Quello che spesso gli insegnanti lamentano è che oltre la funzione educativa, viene devoluta loro anche la funzione di attenzione su altri aspetti della vita dei minori. Poter avere, a scuola, degli specialisti di medicina, dunque non solo psicologi, potrebbe fare la differenza».
La questione legata alla medicina scolastica è stata presentata alla Camera dal sindacato Flc-Cgil, secondo cui la rivitalizzazione in chiave strutturale e sistematica della medicina scolastica deve rappresentare la cornice più adatta entro cui inserire, in maniera organica, anche la figura professionale dello psicologo scolastico su cui intervengono le tre proposte di legge in campo.
«Per noi il tema della figura dello psicologo scolastico – dice a Domani Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale Flc-Cgil – non può essere sovrapposto a un tema di natura esclusivamente pedagogica o didattica, ma deve essere inquadrato in un servizio di medicina scolastica, proprio perché lo psicologo è una figura fondamentale di riferimento per il benessere e salute degli studenti. Come sindacato, pensiamo che nella scuola il ruolo della figura dello psicologo non possa essere sovrapposta alla questione educativa nel segmento di istruzione».
Le proposte depositate in questo momento delineano una figura che «viene inquadrata nel contratto collettivo del segmento dell’istruzione e produrrebbe una sovrapposizione di ruoli, quindi pensiamo che la figura dello psicologo scolastico vada riportata alla figura del medico scolastico, ovvero di tutta quella funzione della medicina scolastica che purtroppo negli anni è andata via via scemando».
Andrebbero, dunque, messi a sistema temi molto complessi quali la prevenzione e sicurezza sanitaria, l’educazione alla salute, l’educazione alimentare, l’educazione al rispetto dell’ambiente e al benessere socio-emotivo di studentesse e studenti e del personale che lavora all’interno della scuola. Ma tutto questo, secondo il sindacato, richiede un ripensamento complessivo del sistema scuola e, soprattutto, un rilancio del ruolo e della funzione della medicina scolastica organica a un’idea di salute, unitariamente concepita nella sua dimensione bio-psico-sociale, a supporto della migliore qualità dei contesti e dei processi di apprendimento nel rispetto dei diritti costituzionali alla salute, all’istruzione e alla tutela dell’ambiente.
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