La raccolta firme per il referendum sulla cittadinanza ha raggiunto e superato il numero minimo di adesioni perché la consultazione possa essere richiesta: adesso la palla passa alla Corte costituzionale che deve esprimersi sulla legittimità del quesito, prima che si possa poi effettivamente (ed eventualmente) andare al voto.
Ora i promotori - tra cui diverse associazioni come Libera e il Gruppo Abele e partiti come +Europa e Possibile – stanno spingendo le persone a continuare ad aderire per assicurare il quorum anche nel caso ci fossero firme non valide e per dare una spinta sempre maggiore alla campagna referendaria.

L’hashtag razzista

Per ottenere questo risultato c’è stata una grande spinta da parte di personaggi importanti della cultura e dello spettacolo, ma anche una forte spinta dal basso, con moltissime persone che hanno condiviso sui propri profili social i post di pubblicizzazione del referendum, le informazioni per firmare o anche il link della piattaforma ministeriale a cui connettersi per registrare la propria adesione. 

Contemporaneamente, però, si è diffusa sui social una dinamica opposta, di contrasto. Che è esplosa proprio nel momento in cui sono state raggiunte le 500mila firme. Nello specifico questo è successo soprattutto su X, dove da martedì 24 settembre è entrato in tendenza in Italia un hashtag di stampo razzista.

Al momento sono infatti più di 9mila i post di persone che, in risposta alla campagna referendaria, hanno usato l’hashtag #bastane*ri. Ad alimentarne il successo c’è anche chi, nel tentativo di contrastare gli insulti razzisti nei confronti dei possibili beneficiari della cittadinanza, ha usato l’hashtag per insultare a sua volta chi ha postato messaggi d’odio. Con il paradosso che le critiche all’hashtag contribuiscono a far sì che questo resti in tendenza.

Nonostante il tentativo di arginarne la portata, resta il fatto che i tweet che attaccano la raccolta firme e che denunciano gravi pericoli nel caso in cui il quesito passasse sono migliaia: per queste persone, evidentemente, riportare a cinque (al posto di dieci) il numero di anni di residenza necessari per ottenere la cittadinanza (la stessa quantità che serviva fino al cambio legislativo avvenuto nel 1992), mantenendo inalterati i requisiti per farne richiesta, rappresenta un pericolo per il nostro paese. 

La maggior parte di questi post ha un contenuto offensivo nei confronti delle persone migranti o verso chi è a favore della campagna. Alcuni insistono su narrazioni a sfondo sessuale. Altri chiamano in causa articoli e foto che sottolineano la nazione di origine delle persone al centro di alcuni crimini o che si pensa rovinino il decoro urbano. 

Il ritorno dei mattonisti

Con questo trend emerge inoltre un altro aspetto in qualche modo significativo. L’hashtag ha richiamato “alle armi” i cosiddetti mattonisti, persone che hanno dentro il proprio nickname l’emoji di un mattone e che, soprattutto durante la pandemia, si erano prodigate sui social per cause negazioniste – come le proteste no-vax – o suprematiste.

Soprattutto a livello internazionale i mattonisti erano soliti, per esempio, riprendere argomenti sostenuti dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump o da QAnon. In passato, lo stesso gruppo di persone ha preso di mira Gino Cecchettin, il padre di Giulia, uccisa da Filippo Turetta che si trova oggi a processo per quel femminicidio. Ma si è reso protagonista anche di episodi di negazionismo climatico, propaganda di estrema destra, negazionismo scientifico (si pensi al movimento No Vax durante la pandemia di Covid-19). 

L’origine dell’emoji del mattoncino si dovrebbe – come spiega un articolo di Repubblica – proprio a Trump, che nel 2019 aveva invitato i suoi elettori a inviare un mattone ai politici democratici contrari alla costruzione del muro anti-migranti al confine con il Messico. Da lì, persone che condividono questa e altre battaglie simili hanno cominciato a identificarsi attraverso l’utilizzo di questo mattone.

Scorrendo i post in tendenza popolari è semplice infatti notare che molte persone che hanno ripreso l’hashtag hanno i mattoncini all’interno del nick, che molto spesso usano toni molto provocatori.

Numericamente, le persone che hanno promosso questo hashtag sono nettamente in minoranza rispetto alle oltre 590mila che finora hanno firmato per indire il referendum. Questo livore misto ad aggressività e a tendenze razziste resta però molto preoccupante.

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