Dal 1998 quando si è cominciato a studiare il fenomeno sono state denunciate 4.223 persone e sequestrati 1.389 cavalli. Gli interessi della criminalità, gli animali «simbolo del potere dei boss» e il folklore intorno al fenomeno, tra scommesse e canzoni neomelodiche
Una settimana fa il comando dei carabinieri per la Tutela della Salute, i nas, ha fatto irruzione in una stalla a San Cristoforo in provincia di Catania. Lì hanno trovato tre cavalli stipati in box di altezza inferiore a tre metri, con finestre piccole e prive di infissi. Il regolare riciclo dell’aria era impedito. Gli agenti hanno trovato flaconi per uso veterinario contenenti vitamine, ormoni della crescita, siringhe e garze, ma nessuna prescrizione medica necessaria per l’acquisto e la detenzione di quei prodotti, alcuni dei quali, peraltro, possono essere somministrati solo da veterinari.
Tutti elementi che hanno fatto sospettare che quei cavalli fossero utilizzati per organizzare corse clandestine. Sospetto confermato dalla presenza di calessi nella stanza. Il caso non è isolato, ma si inserisce all’interno di una cornice, delineata nel rapporto Lav 2024, che si intreccia con la criminalità organizzata.
Gioco e criminalità
È dimostrato da tempo l’interesse della criminalità organizzata nel settore del gioco, in particolare quello delle corse ippiche legalmente autorizzate, alle quali si affiancano le corse clandestine.
I numeri relativi alle corse clandestine e alle illegalità nell’ippica sono disponibili grazie al lavoro di raccolta dati fatto dall’Osservatorio Zoocriminalità. A partire dal 1998 sono state denunciate 4.223 persone, sono stati sequestrati 1.389 cavalli e sono state bloccate o denunciate 155 corse e gare clandestine.
Come emerge dal rapporto Lav 2024, il fenomeno continua a essere persistente e a subire infiltrazioni di tipo mafioso. Secondo Ciro Troiano, redattore del rapporto, «il confine tra corse clandestine e criminalità organizzata è molto labile».
L’organizzazione delle corse avviene tramite gruppi Telegram, la gestione e la preparazione è sempre in carico alle stesse persone e gli spettatori sono amici di amici. Il tutto è preparato dunque con un mix di passaparola e gruppi online: difficilmente ci si imbatte per caso in una competizione.
Ci si incontra la mattina presto, i corridori guidano i cavalli e ai margini delle strade – che vengono chiuse – c’è una folla di tifosi che parteggia per l’uno o per l’altro cavallo. Sciami di motorini seguono l’andamento della corsa.
«Anni fa, quando non esistevano né Instagram né Tiktok, ci si accordava anche sotto i commenti ai video di YouTube» racconta Troiano.
Scommesse e folklore
A seconda della zona d’interesse, c’è il controllo di un’organizzazione mafiosa. I casi più frequenti sono nel Catanese, dove ci sono tre clan: Cappello-Bonaccorsi, Nicotra, Piacenti - “Ceusi” e Santapaola. L’interesse è dovuto alla posta in palio che gira attorno alle corse: le scommesse clandestine. Per una singola corsa può arrivare a raggiungere la somma di 200mila euro. La cifra viene poi spartita tra gli organizzatori.
Come evidenzia Troiano, da una parte le corse clandestine «portano soldi e dall’altra rappresentano l’emblema del controllo territoriale». Secondo Troiano c’è poi una terza questione: il cavallo «è un simbolo di forza e potere. I boss, che vivono nascosti e non si mostrano fieramente, vivono attraverso gli equini un’esperienza di sostituzione, si nutrono della loro forza».
Il mondo delle corse clandestine ha una sua componente folkloristica con una colonna sonora: su Youtube sono disponibili i video integrali. L’autore più prolifico è Michele Magliocco “M.M.”, a cui è associata un’omonima etichetta e casa di produzione: la Magliocco records. Sul sito ufficiale dell’etichetta, ora inattiva, c’è un video - che risale a otto anni fa - che mostra perfettamente le modalità delle corse clandestine.
I richiami alla cultura mafiosa sono persistenti nelle sue canzoni: cita i pentiti dicendo «Per colpa di infami / che hanno detto mille bugie sul mio conto/ che sono coinvolto in un gioco d’azzardo/ affari sporchi, ma sono infamità/ la colpa è dei pentiti/ sono gente senza onore/ non tengono ideali/ non hanno dignità/ e adesso la legge pace non mi dà».
Il videoclip ufficiale della sua canzone più nota “Tempesta” è girato proprio durante una corsa clandestina ed è dedicata a un omonimo cavallo. Sarà un caso, ma “Tempesta” era anche il nome del cavallo del boss catanese Angelo Santapaola, ucciso nel 2007, che aveva un «vizietto per cavalli e corse».
«Il linguaggio che usano è molto violento - continua Troiano - e glorifica quel mondo». Oggi le canzoni di Magliocco e di altri, tra cui Gianni Vezzosi, spopolano su Tiktok a corredo dei video che mostrano le corse clandestine.
Non è ancora nata una nuova generazione di autori, ma si continuano ad adorare quelli del decennio scorso.
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