Al centro di Roma da quasi quarant’anni sorge un ente regionale – l’istituto di studi giuridici Jemolo – che, in base a quanto dichiarato, vuole «soddisfare la domanda di giustizia della società civile». A quanto pare, però, non sembra farlo nel migliore dei modi.

Per quasi un anno, a partire da giugno 2023, tutte le attività ordinarie dell’istituto regionale – dai convegni ai cicli di incontri pensati per avviare la formazione dei cittadini interessati alle scienze forensi – sono state bloccate. Il motivo? Assenza di un commissario straordinario e, di conseguenza, mancata approvazione del bilancio.

Uno spiraglio di luce è sembrato intravedersi solo a marzo di quest’anno, quando il governatore della regione, il meloniano Francesco Rocca, nomina finalmente il nuovo commissario, Domenico Introcaso, giudice già presidente della corte d’appello di Catanzaro. Ma quello spiraglio di luce è stata solo un’illusione, specie perché i contributi della Regione Lazio sono stati ridotti di circa 150mila euro.

Un peccato, considerato che lo Jemolo, sin dalla sua istituzione, ha organizzato e concluso numerosissimi corsi di formazione per l’accesso alle professioni giuridiche. A giugno scorso anche un’interrogazione del Partito democratico, a firma Sara Battisti ed Eleonora Mattia, rivolta al consiglio regionale ha chiesto lumi sulla situazione in cui attualmente versa l’ente.

Il direttore

Per le consigliere regionali ci sarebbe un altro problema che grava sull’ente del quartiere Prati. «Se il contributo regionale è stato drasticamente ridotto, il nuovo commissario», scrivono le democratiche, «ha pubblicato un avviso per la ricerca di un direttore generale la cui assunzione comporterà un consistente aumento delle spese».

In altre parole l’arrivo di un direttore generale, in una situazione di crisi, non migliorerebbe le cose: il suo compenso potrebbe arrivare a toccare guarda caso i 150mila euro annui.

In più molte ombre riguarderebbero anche le modalità di selezione dello stesso direttore generale. Si parla di «requisiti discriminanti che escluderebbero dalla partecipazione gran parte della dirigenza interna nonostante questa sia una possibilità prevista dalla legge regionale che istituisce lo Jemolo», concludono Battisti e Mattia nella loro interrogazione. Un modo come un altro per dire che l’avviso per reclutare il direttore generale dell’istituto non sarebbe del tutto “accessibile”.

A conferma di tutto questo il fatto, in base a quanto si apprende, che su 150 dirigenti regionali solo 4 avrebbero presentato la domanda per ricoprire l’incarico in questione. E, sempre in base alle prime indiscrezioni, sui 4 candidati sarebbe stata selezionata una terna di nomi – le dirigenti regionali di ruolo Marina Aiello, Elena Prezioso e Stefania Ricci – da parte della Giunta su cui dovrà pronunciarsi, almeno in prima battuta, una commissione composta dai direttori della Regione Lazio, Alessandro Ridolfi, Paolo Giuntarelli e Luigi Ferdinando Nazzaro.

Le ombre

Dubbi sono stati avanzati da Roberta Bernardeschi del sindacato autonomo Fedirets che ha inviato una lettera direttamente al governatore Rocca.

«Dell’avviso di selezione del direttore dell’istituto Jemolo denunciamo comportamenti irragionevoli e illegittimi nella sua emanazione. In particolare nella scheda contenente i requisiti che devono essere posseduti dai candidati si entra talmente nello specifico, e per la prima ed unica volta, da delimitare la partecipazione a pochissimi dirigenti regionali escludendo tutti gli altri dirigenti che, per la maggioranza, possiedono competenze nelle materie giuridiche, come previsto dalla legge regionale», è scritto nella lettera.

Lettera che così continua: «Nell’avviso la scelta dei requisiti finisce per penalizzare ed escludere dalla partecipazione i dirigenti interni e restringere il campo dei possibili candidati, sino al paradosso per cui solo l’1 per cento dei dirigenti regionali ha avuto la possibilità di avanzare la propria candidatura, ciò a conferma che, per chi ha emanato l’avviso, non è tanto importante la tipologia delle competenze ed esperienze da richiedere, quanto quella del candidato da incaricare».

Tutti motivi per cui Bernardeschi chiede all’amministrazione regionale «l’attivazione del confronto previsto dal Ccnl e la sospensione della procedura».

Di certo nessuno ancora ha risposto.

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