Tra i cibi che caratterizzano la cucina orientale, che in questi anni ha avuto una notevole diffusione in Italia a ogni livello, c’è il riso. Ultimamente quello prodotto in alcuni Paesi asiatici esso è salito alla ribalta delle cronache per motivi legati non all’alimentazione, bensì all’economia e al diritto.
In Italia aprono più ristoranti di cucina asiatica che pizzerie. È quanto emerge dai dati dell’Osservatorio che fa capo alla piattaforma di prenotazioni online TheFork e a Format Research, relativamente al periodo compreso tra ottobre 2022 e settembre 2023. Le nuove pizzerie solo il 15 per cento del totale, contro il 17 per cento di nuovi ristoranti orientali, tra cucina cinese e giapponese, ma anche indiana, vietnamita, coreana e thailandese.
Al di là dei ristoranti, un’indagine svolta da American Pistachio Growers mostra che anche nei consumi a casa il cibo cinese e giapponese è in testa alle preferenze degli italiani. Nel 2021 ben il 62 per cento di questi ultimi ha ordinato food delivery internazionale e il 91 per cento di loro ha optato per la cucina cinese o giapponese. Anche il settore dei poké bar vive da anni una fase di forte espansione.
Uno degli alimenti di origine asiatica più ampiamente uti lizzato nella cucina orientale è il riso (Oryza sativa). Si tratta di una pianta della famiglia delle Graminacee, nata in Cina verso il VI millennio a.C.. Il riso è l’alimento principale per circa la metà della popolazione mondiale e più del 90 per cento della produzione complessiva proviene dall’Asia. Ma negli ultimi mesi esso è salito alla ribalta delle cronache per motivi legati non all’alimentazione, bensì all’economia e al diritto.
Il riso di Cambogia e Myanmar
Qualche settimana fa l’Italia, sostenuta da Bulgaria, Grecia, Portogallo, Romania e Spagna, con una nota indirizzata al Consiglio Ue Agricoltura e Pesca, ha chiesto all’Unione europea di introdurre una clausola di salvaguardia automatica contro l'import a dazio zero del riso da Cambogia e Myanmar. I sei paesi hanno denunciato l'eccesso di import di riso dall'Asia (circa 450mila tonnellate nell’ultimo anno), assorbito finora dal mercato Ue «solo a causa della carenza di produzione» europea «dovuta alla siccità», soprattutto in Spagna e Italia, definendo questa situazione come «insostenibile nel prossimo futuro».
Va ricordato che Cambogia e Myanmar usufruiscono del cosiddetto sistema Ue di preferenze tariffarie generalizzate (SPG, regolamento Ue n. 978/2012), che offre agli stati in via di sviluppo un accesso agevolato al mercato europeo con riduzione di dazi o esonero totale. Tale esonero per il riso originario dei due paesi aveva determinato volumi e prezzi delle relative importazioni in misura tale da provocare gravi difficoltà all’industria risiera in Ue. Pertanto nel 2019 la Commissione europea aveva adottato un regolamento che, come misura di salvaguardia, ripristinava i dazi sulle importazioni di tale riso per un periodo di tre anni. Allo scadere del periodo, le importazioni di riso dalla Cambogia e dal Myanmar hanno di nuovo registrato un’impennata. Al contempo, nel 2022, la Corte di giustizia europea, accogliendo il ricorso della Cambodia Rice Federation, ha annullato il regolamento del 2019 della Commissione.
Questa situazione ha indotto l’Unione europea a considerare un intervento sul Sistema di preferenze generalizzato. La Commissione Ue ha proposto un meccanismo di sorveglianza della tariffa doganale per taluni prodotti, tra cui riso e zucchero. Invece, il parlamento europeo ha adottato una posizione che per il riso, tra gli altri alimenti, prevede una clausola di salvaguardia che scatta automaticamente. Nel Consiglio, invece, è emersa una divisione tra i Paesi del sud, sostenitori della linea più rigorosa del Parlamento, e quelli del nord, interessati alle importazioni di riso dai due Paesi e quindi più soft circa le relative misure. Il Consiglio ha supportato quest’ultima posizione.
India, Pakistan e il riso basmati
Un altro capitolo aperto in Europa sul riso riguarda quello di tipo “basmati”, prodotto in India e Pakistan, per il quale entrambi i Paesi hanno chiesto all’Ue la concessione della Indicazione geografica protetta (Igp). In particolare, nel 2018 l’India ha depositato presso la Commissione europea la richiesta di Igp per il proprio basmati, così che nell’Unione fosse l’unico che si potesse qualificare come tale. La richiesta è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Ue nel settembre 2022. Nel dicembre dello stesso anno il Pakistan, ha presentato ricorso alla Commissione contro la richiesta dell’India, possibilità prevista dalla procedura per l’attribuzione dell’Igp, e all’inizio del 2023 ha depositato una domanda di riconoscimento dell’Igp sul basmati prodotto sul proprio territorio.
Il 24 settembre scorso il ministro per l’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha reso noto con un comunicato che la Commissione europea aveva accolto la richiesta di opposizione da parte dell’Italia contro l’istanza del Pakistan per registrare in Europa il proprio riso Basmati come Igp. Ciò non significa che tale istanza sia stata respinta dall’Ue, ma che ora, ai sensi del regolamento europeo relativo alla protezione delle indicazioni geografiche (n. 2411 del 2023), si apre una fase interlocutoria per arrivare alla conclusione della procedura.
Non resta che attendere ulteriori sviluppi.
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