Nella prima partita dell’Inter dopo il blitz che ha azzerato i vertici ultrà di Milano, intorno al Meazza sembra tutto normale: paninari, bancarelle e tifosi frenetici di entrare allo stadio. Sotto la Nord si vendono fanzine e merchandising per «aiutare la curva», ma dopo gli arresti e i daspo le facce che contano non si vedono
Intorno a San Siro tutto tace. O meglio, è tutto uguale. C’è l’eccitazione per una notte di Champions League. E c’è la frenesia degli oltre 60mila tifosi che, camminando velocemente (un po’ come in tutta Milano), vogliono entrare al Meazza per incitare i ragazzi di Simone Inzaghi. Contro la Stella Rossa di Belgrado il 2 ottobre l’Inter ha giocato la sua prima partita dopo il blitz che ha azzerato i vertici di Curva Nord e Curva Sud, sponda interista e milanista.
Verso il meazza
In metropolitana, andando verso lo stadio, si vedono soprattutto lavoratori che tornano a casa dall’ufficio o studenti, quasi tutti con cuffiette alle orecchie e sguardi fissi sugli schermi. La solita scena del tardo pomeriggio di un normale giorno feriale. Qualcuno ha la sciarpa dell’Inter al collo.
I colori nerazzurri aumentano sulla metro lilla, la M5, quella che arriva fin sotto al Meazza. «Spero che questo sia l’inizio di un percorso di pulizia delle curve. Vado spesso con mio figlio allo stadio e voglio che sia un ambiente sano», dice un uomo sulla quarantina, con un suo figlio stretto per mano, in riferimento agli arresti di neanche 48 ore prima.
Intorno a lui il tema principale è la partita. «Inzaghi fa turnover, non giocano né Lautaro né Thuram». «Fa bene, meglio farli riposare per il campionato». «Speriamo si sveglino», dice un tifoso meno paziente di altri. Solo un gruppetto di ragazzi milanesi, probabilmente minorenni, sembra fare riferimento al blitz di polizia e guardia di finanza: «Minchia fra’ hai visto? Chissà ora che succede».
Intorno a San Siro è tutto uguale. Poco prima dei tornelli della stazione “San Siro stadio” – quelli che a fine partita servono per contingentare l’ingresso dei tifosi in metropolitana – c’è chi vende i braccialetti portafortuna. Non si ferma nessuno. Fuori dai tornelli c’è il servizio celere della polizia e, come sempre, qualcuno che vende sciarpe dell’Inter, anche se le bancarelle serie sono più avanti.
C’è un gruppo di cinque persone alte almeno 1 metro e 80 con le sciarpe della Stella Rossa di Belgrado che chiedono una foto a un passante. Sono tra i pochi a Milano, probabilmente abitano qui, perché il prefetto ha vietato la trasferta agli ultrà serbi «per motivi di ordine pubblico». Sono tra le tifoserie più violente d’Europa e sono gemellati con la Sud del Milan. La Nord, invece, è rimasta aperta. L’ultima volta che era stata chiusa era stato nel novembre del 2022, nel match successivo all’omicidio dello storico capo ultrà interista Vittorio Boiocchi e dopo la scelta dei vertici, arrivata la notizia sugli spalti, di far svuotare con la forza tutto il secondo anello verde.
Gli arresti del 30 settembre sono stati veramente un terremoto? «Sono cose che succedono in tutte le curve», risponde un tifoso. «Il tifo è una cosa seria, mi dispiace perché così ci vanno in mezzo anche persone che allo stadio vanno solo per divertirsi», dice un altro. C’è chi crede si stia facendo troppo rumore e chi, al contrario, è d’accordo nell’allontanare i più violenti dagli stadi: «Come in Premier League».
Quando manca poco più di un’ora al calcio d’inizio, tutti vanno di fretta. Chi per mangiarsi un panino o bersi una birra, chi per entrare nello stadio che da pochi giorni ha visto sfumare la candidatura per ospitare la finale della Champions League del 2027. Troppe incertezze. A Milano il dibattito sul futuro del Meazza va avanti da anni. È tra i temi più divisivi in città.
Intorno San Siro i suoni sono gli stessi di sempre. I “bip” costanti e alienanti dei tornelli che si aprono. Il chiacchiericcio di chi è in fila. Le grida di chi vende merchandising, ufficiale e non: «Sciarpa 15 euro!», «Magliette!». «Cappellini!». Il rumore delle piastre accese che cuociono le “salamelle”. Molti parlano al telefono a voce alta per ritrovarsi in mezzo alla folla.
«Una mano per la curva»
Andando verso gli ingressi del secondo anello verde, quello del tifo interista, ecco alcuni ragazzi: «Una mano per la curva, su! Date una mano alla Nord in questo periodo difficile». Vendono le fanzine: «Solo un euro». In questi giornaletti non si parla delle inchieste (erano già in stampa?). Qualche metro più avanti, davanti al gate 4, c’è la bancarella del merchandising degli ultrà, uno dei business – questo legale, anche se gli scontrini non sono tantissimi – del tifo organizzato all’ombra di San Siro. Ci lavorano una decina di persone. Lo stesso materiale lo vendeva nel suo negozio di Pioltello Andrea Beretta, il capo ultrà che ha ucciso Antonio Bellocco lo scorso 4 settembre.
Le magliette o i cappellini con i loghi della curva (CN 69 è il più diffuso) ce li hanno in molti, anche se la maggior parte delle persone che li indossa non c’entra niente con le dinamiche venute a galla in questi giorni. In fondo, le curve sono così: uno zoccolo duro di chi fa delle logiche ultrà una religione, e chi – la stragrande maggioranza – allo stadio ci va solo per cantare e incitare la propria squadra del cuore.
Accanto alla bancarella della Nord, in uno dei tanti paninari, una signora di mezza età smette di servire i clienti per una quarantina di secondi. Sguardo fisso e attento sulla televisione, dove sta andando in onda un servizio del Tg3 proprio sull’inchiesta che ha azzerato i vertici ultrà di Inter e Milan. Si parla dei nuovi elementi emersi dalle carte, soprattutto degli incontri con alcuni giocatori di entrambe le squadre. Il servizio finisce e la signora riprende a lavorare. «Una birra media? Sette euro». Qui le birre costano ovunque la stessa cifra.
normalità apparente
Qualche metro più in là, accanto al gate 1, c’è il ritrovo per eccellenza della curva interista, il “baretto”. Sponsorizzato dalla Heineken e lì dal 1957, è il posto dove gli ultrà nerazzurri fanno la solita riunione settimanale e dove, prima di ogni partita, si ritrovano per bere e cantare. All’indomani dell’operazione della procura di Milano, però, di cori non se ne sentono tanti. E di facce che contano poche: oltre ai 19 arrestati (tra questi alcuni sono del Milan) la Questura ha emesso 24 Daspo e ha attivato 89 procedure per quelli “fuori contesto” che permettono di vietare l’ingresso negli stadi anche a chi non ha commesso classici reati da stadio o ha finito di scontare la pena.
In campo l’Inter ha superato la Stella Rossa 4 a 0, portandosi a quattro punti nel suo personale girone della nuova Champions League. I tifosi possono essere soddisfatti. In Curva Nord, però, non c’è stato il solito frastuono che assorda San Siro a ogni partita. I cori sono stati più sbaditi, spezzati da alcuni momenti di silenzio. E sulla balaustra del secondo anello verde non c’era neanche uno striscione.
Segno che, accanto all’apparente normalità con cui la stragrande maggioranza di persone è andata al Meazza, nel settore degli ultrà qualcosa è successo.
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