Nei cassetti della memoria, Niko Kirwan aveva conservati i campi della Guizza, zona a sud di Padova. Ci andava da bambino quando accompagnava papà John a vedere la squadra di rugby, il Petrarca. Non si sarebbe mai immaginato di tornarci vent’anni dopo per giocarci, non a rugby ma a calcio.

Nello stesso impianto si allena la squadra che sta dominando il girone A di Serie C, con 10 punti di vantaggio sul Vantaggio. Il capitano è proprio Niko. Strani scherzi di una città in cui palla ovale e pallone vanno a braccetto. «Mi ricordavo di questi posti, mio padre era ct dell’Italia, veniva qui a visionare i giocatori del Petrarca. Tre anni fa, durante il primo giorno d’allenamento, ho avuto un deja-vù» spiega in videochiamata, uscendo dal centro sportivo.

La k svela l’origine neozelandese, l’accento è quello veneto. Niko è cresciuto a Treviso quando John, campione del mondo con gli All-Blacks 1987, guidava l’Italrugby. «I miei amici giocavano a calcio e così mi sono avvicinato anch’io» racconta.

È stato più difficile continuare a praticarlo al rientro in Nuova Zelanda. «Il problema sono gli sbocchi dopo il college - dice - ci sono solo due franchigie di alto livello, l’Auckland e il Wellington Phoenix, oppure il campionato australiano. Se non riesci a giocare in Australia, per crescere devi trasferirti in Europa».

Un po’ quel che accade al contrario per il rugby in Italia. Il Benetton Treviso e le Zebre, le due società più importanti, non partecipano alla Serie A in cui il Petrarca è campione in carica, ma al Guinness Pro 12, una sorta di superlega che coinvolge le squadre più forti di Italia, Irlanda, Scozia e Galles.

Di nuovo Italia

Kirwan decide quindi di comprare il biglietto di ritorno verso il nostro Paese. Mestre, Reggina, Reggiana, con la gioia della promozione in Serie B nel 2019/20 e la delusione della retrocessione l’anno dopo. Infine il Padova, dove approda a luglio 2021. «La prima cosa che ha detto mio padre quando ho firmato per il Padova? Bravo, grande città di rugby» ricorda Niko ridendo. «Anche se fa il talent tv in Nuova Zelanda, quando può viene volentieri a vedermi, perché così si ferma con gli amici».

Con il padre, Niko ha un rapporto molto stretto. «Ci sentiamo tutti i giorni – precisa il centrocampista – mi dà diversi consigli sulla dieta, sul lavoro in palestra, sul recupero, mi suggerisce di fermarmi a fare i cross dopo la fine dell’allenamento. Ogni tanto gli chiedo di placarsi, scherzando».

John ha sempre spinto i figli a dare il massimo. Alla sera domandava loro come fosse andata la partita prima di chiedergli della scuola. Luca, fratello minore di Niko, è stato cyclor di Luna Rossa. Francesca ha seguito il percorso di mamma Fiorella, ex pallavolista, rappresentando la Nuova Zelanda nel beach volley.

«Non ci ha mai forzato a scegliere il rubgy – ripete Kirwan – questo è il segreto del nostro successo. Non è uno sport che abbiamo mai sentito come nostro, nonostante ci piaccia molto guardarlo. Non avete idea dell’ansia quando c’era l’Italia con mio padre in panchina» confessa.

Molto più rilassante la passeggiata sui colli Euganei che spesso si regala insieme alla fidanzata Claudia. Padova è casa. Quest’estate ha ereditato la fascia dopo la partenza di Antonio Donnarumma, le presenze sono diventate più di 100. Sembra l’anno buono per la promozione. «Ci sono un po’ di segnali – confida il neozelandese – ma meglio non pensarci troppo». Padova è la città dei tre senza: del Santo senza nome (Antonio), del prato senza Erba (Prato della Valle) e del caffè senza porte (il Pedrocchi). Da cinque anni è anche la città senza B. Niko vuole restituirgliela, almeno per farsi dire da papà John: «Padova, grande città di calcio».

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