I finanziamenti privati alla cultura sono in crescita: nel 2022 hanno raggiunto la cifra record di 350 milioni di euro. Molti enti, tuttavia, accettano sponsorizzazioni da aziende che sfruttano eventi culturali per operazioni di greenwashing, legando i finanziamenti a iniziative di marketing invece che a un reale sostegno alla cultura.

A mettere nero su bianco tutte le ombre sulle sponsorizzazioni private nell’arte contemporanea, nel teatro e nella musica sono l’associazione A Sud e il suo Centro di documentazione sui conflitti ambientali (Cdca).

Mancate risposte

Nel rapporto “La cultura a sei zampe. Come, dove e perché Eni finanzia la cultura in Italia. E cosa fare per evitarlo”, infatti, si fa riferimento al fatto che per il festival di Sanremo, ad esempio, l’azienda non ha voluto rivelare la cifra del finanziamento stanziato neppure agli stessi suoi azionisti: «Si ritiene che l’eventuale pubblicazione del dato della partnership possa arrecare pregiudizio agli interessi economici e commerciali delle parti contraenti», si legge nel verbale dell’ultima assemblea.

E quando la stessa associazione ha chiesto a Eni l’elenco di tutte le manifestazioni culturali sponsorizzate nel corso del 2023 con un finanziamento superiore ai 20mila euro, e per ciascuna di indicare l’entità del finanziamento, il colosso di stato ha risposto così: «Nel complesso, nel corso del 2023 meno del 10 per cento delle iniziative ha avuto un valore superiore a 250mila euro».

L’azienda ha fornito «solo un elenco parziale ampiamente insoddisfacente, dove sono citate solo pochissime sponsorizzazioni, tra l’altro tutte già note», dice il giornalista Andrea Turco, che ha realizzato il report insieme a Laura Greco: un lavoro che sarà presentato in anteprima il prossimo 21 settembre ai DIG Awards di Modena e che poi sarà liberamente scaricabile dal sito di A Sud.

Continua Greco: «Sappiamo bene, però, che uno sforzo maggiore di trasparenza deve venire non solo dal finanziatore, ma anche dalle realtà finanziate. Con questa consapevolezza abbiamo provato a tracciare una mappatura, ma anche a offrire una exit strategy, come può essere il programma Cultura Sostenibile di A Sud. Con questo programma vogliamo creare un percorso che consenta alle realtà culturali medio-piccole del nostro paese di emanciparsi dai finanziamenti fossili».

«Le iniziative di sponsorizzazione di Eni sono collegate ad obiettivi di comunicazione con particolare attenzione ai territori in cui operiamo», è il mantra ripetuto dall’azienda che per le attività di pubblicità, promozione e attività di comunicazione, nel 2023, ha speso 75 milioni di euro.

Territori da bonificare

Quando agli inizi dell’estate scorsa il comune di Crotone ha pubblicato un bando per progetti culturali, Filippo Sestito, presidente dell’Arci locale, ha dato battaglia: l’associazione non parteciperà perché frutto di un accordo di finanziamento tra il comune e l’Eni.

«L’Arci non ha voluto utilizzare fondi provenienti da un’azienda che, dopo più di venti anni, non ha provveduto alla bonifica dell’area Sin di Crotone, lasciando i suoi abitanti in una situazione di grave rischio ambientale», dice l’attivista: «I contentini elargiti sono il preludio alla soddisfazione dei reali interessi in campo, che a Crotone vedono l’emanazione del decreto ministeriale del primo agosto scorso con il quale si indica che lo smaltimento dei rifiuti derivanti dalla bonifica della zona industriale del crotonese dovrà avvenire nel territorio della stessa provincia. Proprio come richiesto da Eni», aggiunge.

Tuttavia, il metodo usato qui, quello del soft power, è lo stesso esercitato da Eni in altri territori. Accade a Gela, a Ravenna, a Sannazzaro in provincia di Pavia, luoghi in cui Eni finanzia siti internet di promozione turistica, concorsi di greco antico, festival di danza e teatro, master universitari, e in Basilicata, regione che contribuisce da sola per circa il 6 per cento all’approvvigionamento nazionale di petrolio.

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