La nomina della prima donna, una religiosa, suor Simona Brambilla, alla guida del dicastero degli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica (organismo di cui era segretaria dal 2023), arriva in un momento di grave crisi per molte congregazioni religiose. Sono decine, infatti, i commissariamenti decisi dal Vaticano in questi anni, nonché le indagini su molti “fondatori”.

Non è un caso, dunque, se la nuova prefetta (la scelta dell’uso del femminile è stata compiuta dalla stessa suor Brambilla), appena nominata, ha proceduto all’invio di due delegati pontifici per due istituti - maschile e femminile – appartenenti alla famiglia del Verbo Incarnato, per accompagnarli nella formazione, nella disciplina religiosa, nell’apostolato e nel governo.

Si tratta di due istituti della congregazione religiosa fondata in Argentina negli anni ‘80 da padre Carlos Miguel Buela, morto a Genova nel 2023. Quest’ultimo, era stato accusato in passato dal Vaticano di aver commesso abusi sessuali su giovani seminaristi.

Per quanto riguarda la congregazione femminile, un decreto dell’8 dicembre del 2024 rivelava, come riferisce il portale cattolico Acistampa, «una grave carenza per quanto riguarda il discernimento vocazionale, la formazione dei candidati e dei religiosi, la grande inesperienza e il numero troppo esiguo di formatori, lo stile di vita, il servizio di governo, affidato a religiosi inesperti, talvolta non ancora definitivamente incorporati, e l’apostolato».

Crimini e abusi

Inoltre, si precisava, «nonostante i ripetuti e gravi provvedimenti presi dalla Sede Apostolica, amministrativi e penali, che nel corso degli anni hanno riconosciuto il fondatore, padre Carlos Buela, come colpevole dei crimini di cui era accusato», ovvero gli abusi commessi su giovani seminaristi, viene tuttora presentato all’interno della sua congregazione «come un sacerdote ingiustamente perseguitato dalla Santa Sede, e le vittime sono considerate false e insincere». Non solo: «I due istituti organizzano pellegrinaggi alla sua tomba e i suoi scritti sono stati ripubblicati e diffusi».

I casi in realtà si moltiplicano; lo scorso 5 novembre, per esempio, come riportato dal settimanale Adista, è stato condannato dal Vaticano (il decreto è del Dicastero per il clero) padre Gebhard Paul Maria Sigl, cofondatore, ex superiore e direttore spirituale nell’arco di trent’anni della Famiglia di Maria fondata nel 1990 (nel frattempo commissariata dal Vaticano).

Padre Sigl, era stato accusato di presunti abusi psicologici e spirituali e di manipolazione mentale. Fra le altre cose, la Famiglia di Maria è sotto accusa per un uso spregiudicato di presunte apparizioni mariane la cui credibilità è messa in discussione dalla stessa Santa sede.

Di fatto, quello in corso, è una sorta di tsunami silenzioso che sta investendo non tanto gli ordini religiosi storici – che pure hanno avuto i loro problemi con lo scandalo abusi, ma il cui carisma resiste al passare del tempo – quanto le nuove comunità nate nel corso del ‘900 e in particolare dopo il Concilio Vaticano II, quando il fiorire di tante realtà carismatiche ha dato vita a un movimento interno alla Chiesa nel quale si sono fatti spazio personaggi spesso senza scrupoli, capaci di creare consenso e aggregazione intorno a sé.

Per alcuni decenni, e in particolare sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, queste comunità hanno conquistato terreno, sembravano infatti una risposta adeguata alla crisi delle vocazioni e all’arretramento della fede in occidente. Il percorso era quello di una fede vissuta in modo integrale, priva di dubbi e fortemente identitaria.

Alcuni aspetti comuni caratterizzano molti di questi movimenti: abusi di potere, spirituali e sessuali, culto della personalità del fondatore, non di rado esasperazione del culto mariano in funzione tradizionalista, formazione approssimativa dei religiosi e delle religiose (si moltiplicano le vocazioni dubbie), una gestione opaca delle risorse finanziarie in alcuni casi con l’appoggio dei vescovi locali.

Commissariamenti

Non in tutti i casi, va detto, i risultati erano tanto negativi, eppure il tema esiste. La stessa suor Brambilla, intervistata da Civiltà Cattolica, lo scorso luglio, osservava come in alcuni casi, l’intervento del Vaticano «si traduce anche in visite apostoliche, commissariamenti o altre forme di assistenza che sono, appunto, istanze e percorsi di discernimento e di trasformazione, qualora si verificassero situazioni di criticità che richiedono un sostegno e un aiuto da parte della Santa Sede».

«La diminuzione di forze – aggiungeva ragionando sulle cause della crisi - l’aumento dell’età media, la crisi economica, la perdita di un’immagine prestigiosa e possente, il ripensamento della missione, a volte la confusione sull’identità e sul senso della vita consacrata costituiscono occasioni critiche e benedette di approfondimento del significato della vocazione e della missione, di ritorno non al passato ma alle origini, al centro umilissimo e infuocato della nostra chiamata».

E che la crisi delle vocazioni abbia rappresentato una spinta a chiudere un occhio e a volte tutti e due, da parte di vescovi e autorità vaticane, rispetto alla credibilità di certi movimenti, lo spiegano i numeri. Secondo l’annuario statistico vaticano 2024, aggiornato al 2022, i sacerdoti religiosi sono in totale nel mondo 128.559.

Non si arresta per altro l’emorragia delle religiose in atto da diverso tempo. Si tenga presente che nell’arco di 25 anni, dal 1998 al 2022, le suore sono passate da 814.779 a 559.228 a livello globale.

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