Il 3 luglio, un medico psichiatra, consulente di alcune Federazioni sportive affiliate al Coni su questioni che riguardano la salute mentale degli atleti, mi chiamò allarmato e mi fece una confidenza: «Hai visto le foto che oggi Gianmarco Tamberi ha postato sui social? Tamberi non sta bene».

Si riferiva a una serie di tre foto che quel giorno Tamberi aveva caricato sul suo profilo Instagram: nella prima c’era lui che si scattava un selfie riflesso in uno specchio, a torso nudo, magrissimo, le costole d’un fachiro, gli addominali scolpiti, e a fianco aveva scritto: «Non il corpo che desidero ma sicuramente il corpo di cui ho bisogno. Ho lavorato incessantemente negli ultimi dieci mesi per coronare il mio sogno. 38 giorni a Parigi 2024»; nella seconda foto Gimbo sorrideva esibendo gli addominali; nella terza pubblicava fiero i dati della sua bioimpedenziometria, detta anche BIA, un test che serve per misurare la composizione corporea, e che mostrava dati strabilianti ma preoccupanti: «Massa corporea 76,56 kg, massa corporea priva di grasso: 74,02 kg, grasso: 3,3 per cento».

Solo il 3,3 per cento di massa grassa in un uomo alto 1 metro e 92 era pericolosamente troppo poco, visto che la massa grassa di una persona normale è del 15-17 per cento nell’uomo e del 25-27 per cento nella donna, e tutti gli scienziati concordano che scendere sotto il 4 per cento mette a rischio la salute. I valori di Tamberi rasentavano la malnutrizione, una cosa che è pericolosa in un uomo normale, figuratevi in un atleta sottoposto ogni giorno a sforzi massimali.

Chi poteva aiutarlo

E il mio amico psichiatra proseguì: «Tamberi segue una dieta iper-proteica rigida che non dovrebbe essere quella di un atleta che sta per gareggiare alle Olimpiadi. È la dieta pericolosa di un atleta ossessionato dalla perfezione e dal proprio corpo. Tamberi non sta bene, dovrei prima parlargli di persona per fare una diagnosi ma oserei dire che soffre di vigoressia» – una forma di anoressia più frequente nell’uomo che consiste nell’ossessione di avere un corpo perfetto, senza un filo di grasso e con i muscoli evidenti, ottenuto grazie ad una dieta rigorosissima e ad un’attività fisica intensissima, ai limiti del maniacale.

«Ho parlato con alcuni del Coni che condividono la mia preoccupazione ma non sanno cosa fare perché Tamberi si fida solo di quelli del suo team», aggiunse. «Sta mettendo a repentaglio la sua salute, rischia di mandare all’aria gli allenamenti di tre anni e le Olimpiadi».

Il mio amico medico aveva visto giusto, Tamberi ha – purtroppo – visto svanire le sue chance di riconfermare a Parigi l’oro nel salto in alto che aveva vinto a Tokyo nel 2021. E se fosse stato consigliato meglio tutto questo probabilmente non sarebbe successo, perché le avvisaglie c’erano già tutte.

Intendiamoci: Gianmarco Tamberi non è una persona normale ma un atleta straordinario, che ormai da un decennio resiste stabilmente ai vertici delle classifiche di salto in alto, che è stato capace di ritornare ai massimi livelli dopo che un infortunio tremendo gli aveva distrutto una caviglia, che ha vinto tre campionati europei, un Mondiale e un’Olimpiade.

Per raggiungere e mantenere questi livelli nello sport bisogna allenarsi quotidianamente per decenni, ripetere ogni giorno ossessivamente gli stessi gesti per portarli alla perfezione assoluta, e seguire un regime alimentare ferreo che nessuno di noi poveri esseri umani normali riuscirebbe a sopportare. Un atleta a quei livelli deve essere un ossessivo perfezionista. Però c’è un però: l’ossessiva ricerca della perfezione non deve superare un limite, sennò diventa malattia.

ANSA

Sappiamo tutti come è andata. Da un anno Gianmarco Tamberi si preparava alle Olimpiadi di Parigi con una determinazione feroce seguendo una dieta rigidissima, a cui si sottoponeva ormai da otto anni. A Tokyo era 76 chili, a Roma 74,2, prima di Parigi 72 – da luglio aveva perso altri due chili. Tamberi non mangia grassi, si tiene lontano dalla carne rossa e soprattutto mangia pochissimi carboidrati, ha abolito la pasta, in pratica è come «non mangiare e sperare di sopravvivere», dice.

E spiega: «Non è facile sostenere quelle privazioni per tanti mesi. Ti cambia l’umore. Ho un mental coach che mi segue da anni e ho fatto un percorso con una psicologa nutrizionista, sono supporti importanti quando si fa qualcosa così al limite. Sono alto 1,92 e al Mondiale pesavo meno di 74 kg, ero decisamente sottopeso. Attenzione, nessuno pensi di emularmi: il mio è un percorso estremo seguito da esperti», afferma. «Nel salto in alto dobbiamo essere leggeri. In periodo di gara di solito sono 11 chili sottopeso. Nella settimana della competizione arrivo a bere un bicchiere d’acqua al giorno».

Le ricadute sui reni

Ma anche uno studente di medicina sa che quando si consumano grandi quantità di proteine i reni devono lavorare più duramente per eliminarle, il che può portare a uno stress eccessivo e alla formazione di calcoli renali; che diete iperproteiche possono alterare il corretto funzionamento dei muscoli; inoltre, che le diete iper-proteiche tendono a ridurre l’assunzione di carboidrati, i quali solitamente contengono molta acqua, e se in aggiunta bevi un solo bicchiere di acqua al giorno tutto questo può portare ad una grave disidratazione che rende l’urina molto più concentrata, sovraffatica i reni e facilita anch’essa la formazione di calcoli renali.

Guarda caso, due settimane prima dei Giochi Tamberi ha subito un infortunio muscolare che ha meso in dubbio la sua partecipazione; si è ripreso miracolosamente, poi, sette giorni dopo – proprio una settimana prima dei Giochi, quando avrebbe iniziato a bere un solo bicchiere d’acqua al giorno – ha avuto una colica renale, provocata da un calcolo, accompagnata da una febbre altissima che ha richiesto il suo ricovero in ospedale; dopo l’ennesimo recupero lampo, ha avuto ancora un’altra colica, proprio la notte prima della finale. Alla quale è arrivato stremato, senza forze.

Quando qualcuno gli ha fatto notare che la sua dieta e il suo regime alimentare potevano essere state la causa delle sue coliche e della sua triste partecipazione alle Olimpiadi, Tamberi ha risposto stizzito sui social: «Giusto per dare un’informazione in più a chi scrive senza informarsi… È l’aumento di peso che porta ad un maggiore rischio di calcoli renali, non la perdita di peso».

E sotto ha aggiunto una riga tratta forse da un sito medico: «Obesità, una circonferenza addominale elevata e l’aumento di peso sono fattori collegati a un aumentato rischio di calcoli». Certo, caro Tamberi, il forte sovrappeso è un fattore di rischio per sviluppare calcoli renali, come lo sono le diete iper-proteiche e uno scarso consumo di acqua. A parte che questa sua fobia dell’obesità e dell’aumento di peso è alquanto sintomatica, e porta a sospettare qualche tratto di ossessività vigoressica, farebbe bene a informarsi.

Probabilmente, e a malincuore, si può ipotizzare che Tamberi sia stato lui stesso la causa dei suoi mali, alle Olimpiadi di Parigi, forse perché male consigliato. Del resto, ci sono schiere di “nutrizionisti” che consigliano diete estreme e sbilanciate anche a persone normopeso, che non ne avrebbero bisogno affatto.

Chi sostiene che «magro è bello e fa bene» manda un messaggio pericoloso, perché il confine tra magrezza fisiologica e l’eccesso di magrezza è molto labile, ed è facile la sua ricerca ossessiva si trasformi in pericolose malattie mentali come la vigoressia o l’anoressia.

L’esempio di Tamberi – al quale auguriamo di vincere la prossima Olimpiade, magari dedicandosi allo sport con più equilibrio – ci mostra che questa ossessione può essere nociva per un campione, e figuriamoci per una persona normale.

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