Il bilancio del sisma è drammatico ed è purtroppo destinato ad aumentare: le previsioni parlano di almeno 10.000 vittime. La guerra civile però prosegue. Complicato avere notizia dalle zone colpite. Il rischio di rendere vana la solidarietà internazionale
Il terremoto che ha colpito il Myanmar (e la Thailandia) al momento ha provocato nel paese asiatico oltre 1.600 morti accertati. Secondo le stime dell’US Geological Survey, le vittime potrebbero essere almeno 10.000. Una catastrofe che si aggiunge a una situazione già precaria per il paese, che si trova a dover affrontare una doppia crisi umanitaria: una causata dal sisma e una derivante dalla guerra civile che imperversa in Myanmar dal 2021. Secondo le Nazioni unite, già premia del terremoto, circa un terzo della popolazione viveva in condizioni precarie, senza accesso sicuro e regolare a cibo, acqua o servizi sanitari di base.
Le difficoltà nel rispondere efficacemente all’emergenza sono dunque ulteriormente amplificate dalla guerra civile in corso e dall’isolamento internazionale del paese che ne è seguito. Dal febbraio 2021, il Myanmar è diviso tra il governo militare e i numerosi gruppi di opposizione, tra cui il governo ombra, le forze di difesa popolare e le milizie etniche.
La giunta militare, che controlla solo circa il 20 per cento del paese – principalmente le aree urbane e le regioni centrali, dove si è verificato l’epicentro del terremoto – si trova a dover affrontare enormi difficoltà nella gestione dei soccorsi e nella raccolta di informazioni precise sulle zone colpite, soprattutto nelle aree fuori dal suo controllo.
Nonostante la dichiarazione dello stato di emergenza nelle aree più colpite, la capacità dei militari di mobilitare risorse per affrontare la situazione è estremamente limitata. La giunta che anche in queste ore drammatiche prosegue i raid aerei contro i ribelli, con attacchi sulle aree devastate che le Nazioni Unite definiscono «oltraggiosi e inaccettabili», non dispone delle risorse necessarie per affrontare una crisi di queste dimensioni, e la sua capacità di intervenire nelle zone fuori dal suo controllo è quasi nulla. Inoltre, oltre alla giunta, le forze di opposizione che controllano molte delle aree più danneggiate sono spesso riluttanti a collaborare, il che rende ancora più difficile la distribuzione degli aiuti.
SismadevastanteinMyanmareThailandia:crolliepanicoInfrastrutture carenti
Inoltre, a causa del conflitto, le infrastrutture del Myanmar versavano già in condizioni precarie, con strade, ponti e ferrovie danneggiati o completamente distrutti – cosa che rende difficile l’accesso alle zone colpite.
La rete di distribuzione degli aiuti umanitari è quasi inesistente, con le vie di comunicazione intervallate da frequenti posti di blocco militari o dalle milizie d’opposizione. A questo si aggiunge il fatto che la giunta militare ha sistematicamente tagliato fuori dalle reti digitali le aree sotto il controllo dei ribelli, intensificandone l’isolamento.
In alcune delle regioni più remote, le persone potrebbero non ricevere alcun tipo di soccorso per giorni o addirittura settimane. Le organizzazioni internazionali e le agenzie di aiuto stanno cercando di ottenere informazioni accurate sulla gravità del disastro, ma la mancanza di accesso completo al territorio e la continua censura imposta dal regime militare rendono difficile effettuare una valutazione chiara.
Aiuti internazionali
La stessa richiesta della giunta per avere urgente assistenza internazionale evidenzia la gravità della situazione. I primi aiuti a giungere sono stati quelli di paesi come Cina, Russia e India, che in questi anni sono tra i pochi ad aver mantenuto relazioni con il regime birmano.
La Cina, in particolare, ha inviato un team di 82 soccorritori in Myanmar e il governo cinese ha promesso 100 milioni di yuan (circa 13,8 milioni di dollari) in assistenza umanitaria d’emergenza. Anche altri paesi della regione asiatica hanno espresso vicinanza al paese colpito.
Tra questi la Corea del Sud, che ha dichiarato che il paese invierà 2 milioni di dollari in assistenza umanitaria. Aiuti sono arrivati anche dalle Nazioni unite e dall’Unione europea, che hanno promesso, rispettivamente, 5 milioni di dollari e 2,5 milioni di euro. La solidarietà internazionale si sta quindi organizzando, ma la sua efficacia dipenderà molto dalla possibilità di bypassare i blocchi imposti dalla giunta.
Una delle maggiori preoccupazioni è che, come in passato, la giunta possa deviare o bloccare gli aiuti destinati alle zone sotto il controllo delle forze di opposizione. Questo rischio è concreto, dato che il regime ha già utilizzato la distribuzione degli aiuti come strumento di pressione politica.
La situazione sul campo è resa ancora più complessa dal fatto che numerosi progetti di assistenza umanitaria sono stati interrotti o ridotti dopo i tagli all’Usaid voluti dall’amministrazione Trump. L’Usaid era responsabile di un terzo degli aiuti internazionali che giungevano al Myanmar, e il suo ridimensionamento ha lasciato un vuoto enorme, con solo alcuni progetti che sono riusciti a rimanere attivi – riducendo di fatto ulteriormente la capacità di distribuire gli aiuti.
Solo attraverso un impegno coordinato sarà possibile far arrivare gli aiuti alle persone che ne hanno disperatamente bisogno, anche nelle aree più isolate e difficili da raggiungere. Nonostante tutte le sfide, quindi, il sostegno internazionale rimane una speranza vitale per il Myanmar in questo momento di disperazione.
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